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Roma, 21 mar. (Labitalia) - Compiono 30 anni le Città del vino e i sindaci dei territori vitivinicoli si sono dati appuntamento nella sala Protomoteca del Campidoglio, a Roma, per festeggiare l'anniversario. Un'occasione anche per presentare il 'Libro Bianco' su sviluppo e prospettive dei Comuni associati elaborato dall’Associazione (a cura di Alessandra Calzecchi Onesti) incrociando i dati delle fonti oggi disponibili (Istat 2011, Censis, Qualivita, Ismea, Iss e altri). Uno spaccato rurale della società italiana (407 municipi, l’11,7% della popolazione nazionale) dove si consuma meno territorio, dove spesso la cementificazione trova un argine nella vigna, dove ci sono più laureati e diplomati e più lavoro: nei borghi e nelle comunità del vino il tasso di disoccupazione è di circa 3 punti più basso della media nazionale. Merito anche dell’enoturismo.Per l'occasione, è stato consegnato anche il Premio Città del Vino a ex presidenti dell’Associazione, giornalisti, ricercatori, amministratori e a 17 famiglie di produttori di altrettante regioni: oltre il 90% della vitivinicoltura italiana, infatti, è legata alle tradizioni e alla continuità familiare. Secondo i dati dello studio, dunque, nelle Città del Vino ci sono più laureati e diplomati rispetto alla media nazionale: 17,7% i laureati e 32,4% i diplomati, contro rispettivamente il 10,6% e il 28,5%. Nei borghi del vino c’è anche meno disoccupazione: circa il 9% contro la media nazionale dell’11,4%. Nelle piccole Città del Vino cresce, inoltre, la quota di popolazione che può contare su un reddito da lavoro o da capitale: 25-26% contro il 21,3% del dato italiano. Ancora, nelle Città del Vino si costruisce un po’ di meno e si pensa sempre più alle possibilità concrete offerte dall’enoturismo: tra il 2007 e il 2015 i servizi ricettivi delle Città del Vino sono cresciuti del 99% (la media italiana è di appena il 28%). E poi nelle Città del Vino si beve e si mangia meglio. I più importanti Comuni italiani a vocazione vitivinicola sono tutti Città del Vino: Barolo, Barbaresco, Marsala, Montalcino, Montepulciano, Scansano, Conegliano, Valdobbiadene, Pantelleria, solo per citare i più noti. Anche in termini di eccellenze gastronomiche, la ricchissima offerta di qualità italiana (291 tra Dop, Igp e Stg) e tradizionale (circa 5.000 piatti e Pat iscritti all’Elenco nazionale del Mipaaf) coinvolge moltissime Città del Vino, che spesso fanno parte anche di altre associazioni di identità, cioè sono contemporaneamente Città dell'Olio, Città del Bio, del Miele, del Castagno, della Chianina, del Pane, della Nocciola, del Tartufo.Solo per citare i territori Unesco, tante Città del Vino ricadono in siti riconosciuti e protetti a livello internazionale, come Porto Venere/Cinque Terre, Amalfi, la Val d’Orcia, le Langhe il Roero e il Monferrato, Pantelleria per la pratica agricola della vite ad alberello; e poi Roma, i centri storici di Siena e San Gimignano, Aquileia, la Val di Noto, l’Etna, la Palermo arabo-normanno, Cefalù e Monreale con le rispettive cattedrali; e in dirittura d’arrivo le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. “La qualità dell’ambiente, le bontà enogastronomiche, la bellezza dei borghi e dei nostri paesaggi, ma anche il lavoro, lo stile di vita, le relazioni sociali e il tessuto produttivo - sottolinea il presidente dell’Associazione nazionale Città del Vino, Floriano Zambon - fanno delle Città del Vino un modello di riferimento per tutta l’Italia. Dobbiamo ripartire anche dai valori delle Città del Vino per ripensare il nostro Paese. Trent’anni di vita, progetti e attività al servizio dei territori lo dimostrano: nei luoghi con una forte identità si vive meglio, c’è più lavoro, la qualità della vita è più alta. La vite e il vino sono due elementi attorno ai quali si può ripensare una comunità. La nostra storia lo insegna e non sono soltanto i dati a parlare”. Il 'Libro Bianco' dei 30 anni, quindi, è un’approfondita analisi dell’universo delle Città del Vino sotto tanti aspetti e temi: le buone pratiche ambientali, i piani regolatori delle Città del Vino, i progetti legati all’archeologia della vite, i musei del vino e della cultura rurale, ma anche la zonazione, la pianificazione urbana attorno al cibo, l’educazione al consumo, le pari opportunità e molti altri. Il documento si conclude con lo statuto e il regolamento dell’Associazione, la Carta della qualità, l’Alfabeto delle Città del Vino e il manifesto un 'Vino onesto è un prodotto della terra'.Ampio rilievo è dato anche ai contributi e alle riflessioni dell’Associazione sui più importanti temi che interessano la filiera e i territori vitivinicoli e ad alcune proposte che intende lanciare per una maggiore valorizzazione dei Comuni e degli enti associati. La prima proposta punta a raccogliere il patrimonio informativo che ruota intorno alle Città del Vino in un sistema informatizzato secondo un modello di Big Data che accompagni i progetti e i servizi da sviluppare nei prossimi anni. Un secondo intervento prevede accordi e convenzioni con atenei e istituti per promuovere il patrimonio territoriale delle Città del Vino attraverso ricerche, pubblicazioni, eventi, iniziative di marketing. Un terzo ambito riguarda la comunicazione coordinata sul web per tutte le Città del Vino, mettendo in rete attraverso modelli di visualizzazione comuni e condivisi l’offerta enoturistica dei Comuni associati.





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