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Roma, 11 apr. (Labitalia) - Quasi 2,5 miliardi per la formazione delle imprese, di cui 1,5 miliardi di euro per competitività e innovazione, oltre 80 milioni per sostenibilità ambientale, oltre 700 milioni per salute e sicurezza sul lavoro e oltre 150 milioni per riqualificare i lavoratori in cig. Sono questi alcuni dei numeri che raccontano i primi 15 anni di Fondimpresa, il Fondo interprofessionale di Confindustria e Cgil, Cisl e Uil nato nel 2004 e che sono stati diffusi oggi al Cnel nel corso dell'evento 'La costruzione dei fondi interprofessionali e le politiche di sviluppo e concertazione'. "Nel 2004 - dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia il presidente di Fondimpresa, Bruno Scuotto - all'inizio della nostra attività, aderivano a Fondimpresa quasi 18mila aziende e oltre 1milione e 300mila lavoratori; oggi dopo 15 anni di attività siamo arrivati a quasi 197mila aziende aderenti e oltre 4 milioni e 600mila lavoratori. Fondimpresa si è dimostrata un esperimento di successo, la sua storia lo conferma: quasi il 99% delle aziende iscritte a Fondimpresa rientrano nella categoria pmi, l’1% sono grandi imprese e il 39% dei lavoratori iscritti fa parte di grandi imprese". "Oltre il 48% dei lavoratori iscritti e oltre il 30% delle aziende aderenti - ricorda - fanno parte del settore manifatturiero. Fondimpresa ha sposato un’idea di mercato del lavoro flessibile e competitivo e ha deciso di porre in essere politiche che consentissero alle imprese di investire sui lavoratori, rendendoli proprietari di nuove competenze, sempre più all’avanguardia, questo perché sentiamo fortemente la responsabilità di essere il più grande fondo interprofessionale italiano. Le iniziative che stiamo organizzando per i 15 anni vogliono accendere i riflettori sui successi ottenuti e al contempo sulle sfide che stiamo vivendo per restare al fianco delle imprese e dei lavoratori". "Nel 2002 - continua Scuotto - nella mente dei padri costituenti, Antonio D’Amato, Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti, ovvero i firmatari dell’accordo interconfederale che ha istituito il Fondo, Fondimpresa nasceva per rispondere alla crescente necessità di formazione delle aziende italiane, per garantire a imprese e lavoratori di essere costantemente aggiornati e sempre competitivi sul mercato del lavoro. Se i padri fondatori sono stati in grado di porre le basi affinché il Fondo nascesse e si ampliasse, così oggi tutti noi che siamo chiamati a svolgere un ruolo di indirizzo e decisione riguardo le politiche da perseguire nel futuro siamo chiamati al delicato compito di osservare con sguardo attento i cambiamenti dettati dalla digital transformation e dall’innovazione tecnologica". "Da quando è nata - sottolinea - Fondimpresa ha avuto una grande spinta propulsiva riguardo i percorsi formativi dedicati all’innovazione, ma nell’ultimo anno abbiamo voluto tastare il polso di quella che è la situazione attuale delle grandi imprese e grazie a loro abbiamo ampliato la nostra visuale, non solo recependo la necessità di figure professionali 4.0, ma cercando di rendere innovativo lo stesso percorso di formazione ripensandolo e digitalizzandolo, rendendolo fruibile a tutti i lavoratori attraverso piattaforme multimediali che purtroppo non sono ancora rendicontabili secondo la normativa attuale". "Questo - ammette - è un ostacolo per tutte quelle aziende innovative che decidono di scommettere su modelli di formazione lontani dal tipico modello d’aula e ritengo che il primo dovere delle istituzioni, delle buone istituzioni, legate al mondo della formazione continua, sia quello di coltivare il pensiero strategico e continuare a guardare al presente e al futuro di queste aziende e delle loro esigenze con una visione prospettica in grado di trovare soluzioni urgenti a quelli che, ormai sempre più, appaiono stalli che ricordano il passato e poco appropriati al presente. Ci siamo interrogati, consultati con aziende e istituzioni e abbiamo immaginato il conto formazione digitale: una nuova opportunità da offrire alle nostre aderenti, una terza via, oltre al conto formazione e al conto di sistema. Perché oggi più che mai è necessario ripartire dall’individuo, dall’uomo nella sua unicità, studiarne le capacità e il ruolo in azienda e solo in seguito intervenire per colmare i gap che riguardano le sue competenze". "Era il momento più duro di confronto sindacale dagli anni dell'autunno caldo. Erano le fasi in cui si discuteva in maniera molto forte del rinnovamento del mercato del lavoro e della capacità di renderlo più flessibile e più adeguato alle necessità di competizione internazionale cui erano sottoposte le imprese e i lavoratori". Così, in occasione della celebrazione dei 15 anni di Fondimpresa, Antonio D'Amato, presidente di Confindustria nel 2002 quando nacque Fondimpresa, il fondo interprofessionale di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. "Era necessario - sottolinea - investire sulla formazione professionale, investire soprattutto sul capitale umano come risorsa fondamentale per rendere le imprese competitive e, al tempo stesso, i lavoratori più forti nel governare il proprio processo di sviluppo professionale e di carriera: così abbiamo inventato e costruito Fondimpresa"."Questa - afferma - è stata la grande conquista di quella stagione, segnata da un confronto molto serrato, ma che poi sia pure con grande ritardo ha prodotto alcuni effetti importanti che hanno consentito al sistema delle imprese italiane, comunque, di sopravvivere alla grandissima crisi che si è sviluppata nella seconda metà degli anni Duemila. Se non avessimo creato allora le premesse per un mercato del lavoro più dinamico e più competitivo, se non si fosse introdotta la legge Biagi che, purtroppo, è costata la vita a Marco Biagi, e se non si fossero scritte quelle pagine così dure di confronto, il sistema produttivo italiano, che ha pagato un prezzo altissimo alla crisi, non sarebbe riuscito a sopravvivere così come pure abbiamo fatto". "Eravamo appena entrati nella moneta unica e avevamo già i contraccolpi della situazione di competizione mutata dal punto di vista della moneta. Venivamo da un decennio precedente in cui il Paese era cresciuto più della Germania, cosa che oggi pochi ricordano. Quindi, cominciavamo ad avvertire lo stesso bisogno di avere uno strumento agile, gestito tra le parti, in grado di intervenire in questa fase delicatissima del processo di qualificazione". Così Guglielmo Epifani, in occasione della celebrazione dei 15 anni di Fondimpresa, segretario generale della Cgil, nel 2002 quando nacque Fondimpresa, il fondo interprofessionale di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil."Fondimpresa nasce in un momento in cui era necessario aumentare la professionalità. Anche perché, per poter far incontrare la domanda e l'offerta di professionalità, cioè ciò di cui le imprese avevano bisogno e ciò di cui i lavoratori avrebbero dovuto apprendere, l'unico modo era quello di sburocratizzare questa domanda". Così Luigi Angeletti, segretario generale della Uil nel 2002 quando nacque Fondimpresa. "In quel periodo - ricorda - si venne a creare una maggiore consapevolezza che la competizione internazionale da parte dei Paesi emergenti, e soprattutto dell'ingresso della Cina nel Wto, avrebbero avuto una vittima principale che era la nostra industria manifatturiera. Industria che era posizionata su segmenti tecnologici medio-bassi. Questa situazione imponeva un salto, uno sforzo di investimenti non solo sui processi produttivi, ma anche sui prodotti". "Decidemmo di creare Fondimpresa perché non bastava più la pura e semplice contrattazione-contrapposizione e pertanto la mediazione dell'accordo, ma occorreva qualcosa in più. Quel qualcosa in più era individuare che cosa serviva in quella fase ai lavoratori per andare avanti". Così Savino Pezzotta segretario generale della Cisl nel 2002 quando nacque Fondimpresa. "Prima - ricorda - nel sistema della bilateralità si affrontavano alcuni nodi importanti, che non erano solo quelli del salario e del riconoscimento delle categorie, ma anche quello dell'arricchimento del capitale lavoro". "Per questo - sottolinea Pezzotta - individuammo nella formazione l'obiettivo da raggiungere, cercando di trovare un accordo con gli imprenditori, perché se un lavoratore sa di più, è più capace di fare, mette in campo delle professionalità nuove e sicuramente se ne avvantaggia non solo il lavoratore stesso, ma anche l'impresa".





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