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Roma, 20 ott. (Labitalia) - Nonostante a settembre prosegua, in generale, il calo delle richieste di cassa integrazione (-42,2%), sono oltre 174.000 i posti di lavoro protetti dagli ammortizzatori sociali, di cui oltre 100.000 dalla cassa straordinaria. Il calo, pari al 46.7 %, in questo caso, è attribuibile sia ai timidi segnali di ripresa sia al forte aumento, per le imprese che lo richiedono, dei costi di accesso a questo ammortizzatore sociale. Ecco perché uno dei provvedimenti che potrebbe essere inserito nella prossima legge di Bilancio dovrebbe riguardare il raddoppio dei costi di licenziamento collettivo per la gestione delle crisi aziendali. Questi proventi servirebbero così ad avviare la sperimentazione dell’assegno di ricollocazione in costanza di cassa integrazione guadagni straordinaria. E' quanto emerge dallo Studio su ammortizzatori sociali e licenziamenti realizzato dal Servizio Politiche attive e passive della Uil.Attualmente, il "ticket licenziamento -spiega Guglielmo Loy, segretario confederale Uil- a seguito della riforma Fornero, che ha abolito la mobilità, è pari al 41% del massimale di riferimento della Naspi (489,95 euro annui). Precedentemente (fino al 2016) i costi per i licenziamenti collettivi erano mediamente più alti di circa il 59%, in quanto erano parametrati all’indennità mensile di mobilità. Il ticket licenziamento in vigore, in presenza di accordo sindacale, viene pagato, in un’unica soluzione, fino ad un massimo di 3 anni (da un minimo di 489,95 euro per un anno fino a un massimo di 1.469,85 euro per tre anni ) in funzione dell’anzianità del lavoratore. Senza accordo sindacale i costi sono tre volte più alti: 1.469,85 euro per un anno fino ad un massimo di 4.409,55 euro per tre anni". La Uil, già da tempo, ha ingaggiato con il Governo, e in particolare con il Ministero del Lavoro, un confronto serrato sugli effetti di alcune delle modifiche strutturali apportate alla legislazione che regola il mercato del lavoro e in particolare i sistemi di protezione sociale, compresi i costi di licenziamento. E’ opportuno, quindi, che il Governo stesso, attraverso la manovra di bilancio 2018, innalzi il 'ticket licenziamenti' con un duplice obiettivo: creare un deterrente al non utilizzo della cassa integrazione, recuperare risorse da destinare all’occupabilità dei lavoratori colpiti da crisi aziendale. "Anche grazie a queste risorse -commenta Guglielmo Loy- si potrebbe costruire un percorso, in forma volontaria per i lavoratori che saranno posti in cigs, i quali potranno anticipare i tempi di attivazione dell’assegno di ricollocazione e di tutte le attività, compresa un’efficace formazione, così da creare le condizioni per accedere a una nuova occupazione. La procedura dovrebbe prevedere per il lavoratore un vantaggio sia di carattere fiscale, quale l’esenzione dall’Irpef delle eventuali somme ricevute per incentivazione all’esodo, sia di carattere economico, derivante dall’erogazione del 50% del residuo di cassa integrazione spettante". "Vantaggi che -sottolinea- porterebbero nelle tasche dei lavoratori ricollocati benefici medi che vanno da un minimo di 3.585 euro (6 mesi residui di cigs), fino ad un massimo di oltre 14 mila euro (in caso di 24 mesi residui di cigs), passando per gli oltre 7 mila euro (in caso di 12 mesi di cigs residua). Il vantaggio economico sarebbe pari a 5.559 euro in 18 mesi (309 euro mensili) per le aziende che assumono con questa nuova modalità un lavoratore a tempo indeterminato (stipendio medio 24 mila euro), anche grazie al beneficio della decontribuzione del 50%". La misura potrebbe essere sostanzialmente finanziata con l’aumento del costo del ticket licenziamento. Un intervento, quest’ultimo, che permetterebbe di riequilibrare i costi di licenziamento in rapporto a quelli previsti prima della piena messa a regime del D.lgs. 148/2015 (Jobs Act). Con tale provvedimento, infatti, si sono innalzati in misura considerevole i costi di gestione di periodi di cassa integrazione, in particolare di quella Straordinaria, e sono invece diminuiti i costi per i licenziamenti con particolare attenzione a quelli collettivi. Tant’è che per il 2017, le aziende verseranno nelle casse dell’Inps (bilancio preventivo), per il 'ticket licenziamento' 441 milioni di euro a fronte dei 524 milioni versati lo scorso anno tra ticket e contributo di accesso alla mobilità. "Si tratterebbe, senza dubbio -avverte Loy- di un accoglimento solo parziale delle nostre richieste, ma si confermerebbe la consapevolezza da parte del governo che la riforma del sistema di tutele in costanza di rapporto di lavoro ha bisogno di qualcosa in più di un semplice ritocco".





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