Libri & Editori
Filo spinato, la poesia di Alessandro Fo fatta di incontri e vita
Si intravede un dualismo antinomico tra sentimento e pensiero, un processo alchemico, direbbe un noto filosofo, che rileva la fascinazione della vita. Soggettività, individualità che si incontrano con la propria infanzia, desiderio, esistenza. Più vicino se vogliamo a Rousseau, Alessandro Fo scrive: «Dieci mesi durò l’isolamento. / Mi ero fatto amiche le formiche. / Le conoscevo ormai una per una. / Ci mettevo le fette di salame: / loro uscivano dalle loro tane / per venire da me» (p. 41).
Fo è democratico e in questo spirito di condivisione planano le giornate tra gli inverni e le caldi estati dove l’Autore si chiede se “Agosto ti mortifica o fortifica”: «Restarsene un’estate a riposare, / senza cercare nulla, né viaggiare. / Fermarsi. E fare senza fretta cose / di cui non hai mai voglia. Come «eleggersi» / un intervento chirurgico. / Sbrigare / aride pratiche, per speranze incerte» (p. 32).
O ancora: «Nella notte d’estate appena tiepida, / ma quanto basta a aprire la finestra / sul silenzio di stanze e luci fievoli, / anche se è tardi d’improvviso un’elica / fa la sua rotta verso l’eliporto» (p. 5). Questa silloge inoltre, appare come un diario in cui si appuntano i momenti, o un quaderno come quello usato da Gramsci dove il tempo è fermo a un istante, a quel flusso vitale che sembra non essersi mai interrotto. In un delicato e intimo rapporto che Fo instaura tra sé e il lettore si coglie l’esserci nel mondo che non si configura in una “nausea”, ma in un vivere seppur talvolta tragico che muta nell’universale intuizione dell’eterno ritorno.
È vano ribadire la grandezza di chi scrive e il prestigio che rappresenta la scrittura di Alessandro Fo, ma in virtù di ciò che qualcuno sostiene: la poesia prima di scriverla occorre viverla, che non si scrive comodamente nel proprio studio, e allora in questa circostanza è d’uopo evidenziare che Fo lo abbia fatto; anzi meglio, ha vissuto la poesia che si è trascritta da sé magari sulla scrivania. La poesia è vita così come la scrittura, non può esserci discordanza, non c’è un prima e un dopo, non esiste un luogo, ovunque si può scrivere e in qualunque condizione.
Si pensi a Osip Mandel’štam, a Celan, a Rosselli, Pozzi, Biagini, Cavalli, ma anche a Prete, Rondoni, Curci, Guida, ecc., se la si vive, se si è poesia. Il poeta non ha bisogno di mentire come non mente Alessandro Fo nei suoi versi che ben si strutturano con la poesia. Parafrasando Croce.
E per finire, tra poesia e filosofia fiorisce la conoscenza, il sapere, la cultura che incontra l’altro e di incontri “Filo spinato” ne racconta a iosa: di “affinità elettive”, di relazione affettive: “Come quella bambina / del campo di Terezìn”, “il nonno Felice”, o “Liliana Segre”, e ancora di “Laura alle poste”. Tutto è poesia! E ora più che mai non possiamo fare a meno dei poeti.