Hacker quando fa comodo. Microsoft all’attacco
L'ipocrisia dilagante sta cercando di far passare il concetto che esprimere la propria opinione politica sia illegale
Un fenomeno curioso che sta avvenendo a livello mondiale è quello dei cosiddetti hacker che attaccherebbero le democrazie mondiali.
Finora nessuno ha fatto una semplice considerazione: l’hacker, tecnicamente, è una sorta di pirata informatico che entra nei sistemi per compiere atti illegali. Ebbene, se uno ha delle idee politiche diverse e le esprime su Facebook o Twitter è un hacker?
Da qualche tempo sta passando questo concetto pericoloso e ipocrita: gli hacker sono un’altra cosa e lo sappiamo bene, ma nessuno fa notare la differenza.
Fa proprio parte della democrazia permettere la libera espressione delle proprie idee, anche con azioni coordinate, perché no, purché siano legali. “Influenzare” le elezioni non solo non è un reato, ma è un atto naturale ed auspicabile, purché non violi leggi.
Invece l’ipocrisia dilagante sta cercando di far passare il concetto che esprimere la propria opinione politica sia illegale. Se i social sono un organismo mondiale perché, ad esempio, i russi non dovrebbero “influenzare” l’opinione pubblica americana o, naturalmente, viceversa?
Ed anche a livello nazionale, se si rispetta la legge, perché non si dovrebbe “influenzare” la pubblica opinione? Proprio questo, a ben guardare, è l’essenza della democrazia. Da ultima l’esternazione di Bill Gates, fatta dal presidente Brad Smith, che sul monopolio di Windows si è arricchito: “Democrazie sotto attacco degli hacker stranieri”.
E poi ancora: “Internet è diventato un modo per alcuni governi di rubare e divulgare informazioni, diffondere disinformazione, sondare e tentare di manomettere i sistemi di voto".
Fatte salve eventuali violazioni di legge, chi decide cosa sia “disinformazione”? Il governo, Microsoft, una Spectre della Verità?
“Sondare” è un reato? O è solo un modo per l’azienda Usa di farsi un po’ di pubblicità gratuita?