Twitter cambia policy pubblicitaria: stop ai contenuti di media di stato - Affaritaliani.it

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Twitter cambia policy pubblicitaria: stop ai contenuti di media di stato

I destinatari di questa norma sono stati selezionati partendo da indici e classifiche sulla libertà di stampa

Twitter modifica la sua policy sui contenuti sponsorizzati. Come scrive Prima Online, il social creato  da Jack Patrick Dorsey  ha deciso di non accettare più la pubblicità da parte di media controllate dallo stato. “Questa politica si applicherà ai media che sono controllate dal punto di vista finanziario o editoriale dallo stato”, ha spiegato il social con una nota lo scorso 19 agosto, specificando che permetterà comunque alle organizzazioni interessate di essere presenti con account, senza però aver accesso ai suoi prodotti pubblicitari.

I destinatari di questa norma sono stati selezionati partendo da indici e classifiche sulla libertà di stampa elaborate da associazioni come Reporters Without Borders, Freedom House o the Committee to Protect Journalists. La nuova politica non si applicherà invece ai media finanziati dai contribuenti e alle emittenti pubbliche indipendenti.

La decisione del social, oltre a indurire le sue posizioni nei confronti della Cina – tra l’altro recentemente accusata di essere dietro agli account bloccati per la diffusione di fake news sulle proteste di Hong Kong –, non può che riaccendere il dibattito sul ruolo che i social hanno nelle situazioni di protesta in paesi con governi autoritari che controllano in modo più o meno stretto l’informazione.

Sempre come scrive Prima Online, quello di Hong Kong infatti non è l’unico caso su cui i media Usa hanno riflettuto attribuendo a Twitter e Facebook responsabilità nel favorire la disinformazione. Nello specifico ‘made in Pechino’.

Via social ad esempio sono stati diffusi contenuti sponsorizzati promossi da media sotto il controllo statale. Il caso più eclatante, rilanciato anche da alcune inchieste di The Intercept e BuzzFeed News, quello dei campi di internamento nella regione dello Xinjiang, destinati ai Uighurs, minoranza musulmana presente nel paese, considerata negli anni scorsi responsabile di attentati. Una serie di post del Global Times, media di proprietà del governo, nei mesi scorsi ne presentava una realtà diversa, con persone felici, impegnate in attività, in una società stabile.