AAIC 2018, sfida globale all’Alzheimer
Studi traslazionali, condivisione delle conoscenze, e finanziamento della ricerca per l’invecchiamento senza demenza
di Paola Serristori
Un mondo senza Alzheimer (AD) ed altre demenze. Perché ci si ammala? “Per i troppi compleanni!” La battuta di uno scienziato ha fatto sorridere la platea di Alzheimer’s Association International Conference 2018 (AAIC 2018). Diceva il vero. Nel corso degli anni cambia la chimica nel cervello. Ammalarsi non è inevitabile: è molto probabile. Oggi ci sono milioni di malati e le statistiche, che registrano un nuovo caso ogni sessanta secondi, avvertono che diventeranno il doppio nel 2050. Non un solo individuo o un’unica ricerca può vincere questa sfida. La conferenza degli scienziati leader nel mondo nella ricerca contro le demenze AAIC 2018 si è aperta a Chicago col primo record: la più vasta partecipazione di professionisti mai registrata, 5786, provenienti da 66 Paesi. Un numero in costante aumento: si è superato otto volte negli anni, ulteriore segnale della crescente preoccupazione proporzionale alle dimensioni dell’epidemia di malattie del cervello tra la popolazione. Collaborazione e condivisione di dati ed idee a livello mondiale per vincere questa battaglia e migliorare la salute di tutti: è questo il messaggio consegnato in apertura alla platea dal Presidente e Ceo Harry Johns e dal Capo del Comitato scientifico Maria Carrillo. Appello al globale impegno. Gli studi genetici forniscono nuovi target terapeutici. La tecnologia rendono eccitante questo periodo della ricerca. Nella lotta contro il cancro è già accaduto. Adesso i governi, le industrie, i privati devono capire che l’Alzheimer è diventato la prima emergenza clinica, ma ha a disposizione ancora pochi fondi rispetto ai costi delle ricerche.
Filantropia è l’altra parola chiave. Alzheimer’s Association, che si è incaricata della missione di cambiare il corso della demenza, raccoglie 1,1 miliardi di dollari all’anno. Tutti riconoscono a Maria Carrillo, medico specialista che è stata nominata alla guida scientifica, una profonda passione. Dal palco, nel discorso di apertura, ha sottolineato che il numero delle donne ricercatrici in questo campo è cresciuto. Sotto il suo coordinamento, l’associazione no-profit punta sui consorzi di esperti per sviluppare la collaborazione internazionale e combinare i risultati delle ricerche e colpire più fattori di rischio, in modo da rallentare il corso della malattia.
Ogni anni oltre 2000 proposte di ricerche vengono revisionate per accedere alla platea della conferenza. Il premio intitolato a Jerome H. Stone, filantropo e fondatore di Alzheimer’s Association, malato di demenza e scomparso nel 2015, è stato assegnato a FBRI LLC che si propone di condividere le informazioni scientifiche. Premio alla filantropia a Joanne Knight, che si è avvicinata ad Alzheimer’s Association nel 1996, quando la mamma si ammalò di demenza, ed al marito Chuck. La loro raccolta di fondi, le sovvenzioni che hanno procurato, consentono di finanziare i servizi di aiuto alle famiglie con malati di demenza e persino il programma di ricerca internazionale DIAN Study, guidato dal professore John Morris di Washington University of Saint-Louis.
In apertura, il professore Lennart Mucke ha trattato il tema dell’ipereccitazione nell’Alzheimer. Più del 50 per cento di pazienti AD non ha manifestazioni convulsive, ma l’attività epilettica sub-clinica colpisce più del 40 per cento dei pazienti con lieve decadimento cognitivo (MCI). Il difettoso funzionamento degli scambi intra-neuroni provoca il veloce decadimento cognitivo. Nei topi si è visto che il trapianto di neuroni è efficace. Il progresso della ricerca potrebbe raggiungere questo risultato nel futuro. Intanto ci si continua a domandare come amiloide e tau possono interagire per danneggiare e mettere a rischio la sopravvivenza del cervello. Una parte del mondo accademico suggerisce che questa cascata di effetti negativi può essere bloccata intervenendo sulla proteina tau, riducendola. Però non si sa ancora qual è la forma di tau più patogena. Sviluppare piccole molecole può essere la strada. Rispetto al 2017 ci sono quattro nuovi farmaci in fase 3 di sperimentazione.