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Medicina
Alzheimer, inventore del Dolby Surround morto in 7 settimane. Parla la moglie

di Paola Serristori

“Dal momento della diagnosi mio marito se n’è andato in sette settimane. Io ed i miei figli siamo rimasti attoniti.”

È un sentimento comune ai familiari di malati di Alzheimer. A parlare è una donna che può dirsi fortunata di aver incontrato un uomo col quale ha vissuto un grande amore. Una donna al di fuori del comune per avere condiviso una vita speciale. Dagmar Dolby è la vedova del magnate Ray Dolby, pioniere del sistema di audio surround Dolby system, scomparso a settant’anni nel 2013. Era malato di Alzheimer. L’Alzheimer non ha risparmiato una mente che era stata eccezionalmente brillante. Una storia che insegna a non abbassare la guarda contro il morbo che sta scatenando la più grave epidemia ed emergenza sanitaria. Meno temuto del cancro, eppure più letale.

Ray & Dagmar Dolby Family Fund, con sede a San Francisco, è la fondazione filantropica che sostiene la ricerca scientifica, oltre all’assistenza ai bambini vittime di abusi o che vivono in condizioni di povertà. Alzheimer’s Association ha invitato Dagmar e suo figlio David a ritirare il premio Stone Philantropy, in memoria di Jerome H. Stone, multimiliardario fondatore e presidente di Alzheimer’s Association, esempio di longevità (ha vissuto 101 anni) durante AAIC 2019, la più importante conferenza scientifica mondiale sull’Alzheimer e le demenze, a Los Angeles.

Affari ha intervistato Dagmar Dolby.

– Suo marito era un imprenditore di successo. Trovava il tempo per prendersi cura della salute?

“A cinquantuno anni ha avuto in infarto, dopodiché ha adottato uno stile di vita più consapevole. Seguiva la dieta con scrupolo. Talvolta al ristorante si lamentava col cameriere perché nel cibo c’era troppo condimento a base di grassi. Io gli dicevo: lascia perdere, non sanno che non puoi mangiare grassi perché hai avuto un problema cardiaco. E faceva esercizio fisico. Usciva sempre ad allenarsi, come gli aveva prescritto il medico.”

– Immaginiamo che avesse avuto ritmi di lavoro frenetici. La ricerca scientifica ha accertato che il sonno è importante. Coloro che soffrono di una iniziale diminuzione della capacità del linguaggio collegata all’indebolimento della memoria (MCI) dormono meno e peggio di coetanei.

“No, questo non era il suo caso. Era un grande dormitore. Non l’ho mai sentito lamentarsi di avere dormito poco o male. Di tanto stress, questo sì. Lo stress era evidente. E devo dire, riflettendoci in seguito, che l’infarto aveva minato la sua personalità, era diventato pià agitato.”

– Il suo è stato il primo caso di Alzheimer tra i familiari?

“No, anche suo padre si era ammalato in età avanzata.”

– Che cosa si può fare per aiutare chi soffre e chi gli è accanto?

“C’è bisogno di personale infermieristico specializzato nella geriatria. Noi stiamo cercando di finanziare questo servizio.”

– Qual è il messaggio che può condividere con chi ci legge e ha un familiare che soffre di Alzheimer?

“Io ero accanto a mio marito, ma gli infermieri professionisti mi dicevano di prendere del tempo per me. Ho capito che era importante. Il carico di stress emotivo è enorme. Sei lì e ti chiedi: ‘che cosa possiamo fare per lui? Nulla’ L’altra cosa che ho imparato e che è importante è assecondare il malato. Anche se lui un giorno ti dice: ‘sono amico della regina d’Inghilterra’. Non serve a nulla controbattere, anzi può provocargli uno stato di agitazione. Bisogna farsi forza e lasciare correre, annuire, tranquillizzarlo, ‘d’accordo, sei un amico della regina Elisabetta. Bella notizia.’”

 

 

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