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Medicina
Alzheimer, vicino all’ok Fda il più promettente farmaco contro la malattia
Rame

Alzheimer, oltre 50 milioni nel mondo soffrono della malattia

 

Oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo sono colpite dall’Alzheimer. Da quando il medico tedesco Alois Alzheimer scoprì la malattia, oltre un secolo fa, nessuno ha ancora trovato né la cura e nemmeno le ragioni per cui si sviluppa. La ricerca però, tra fallimenti e piccoli passi in avanti, continua ed è di questi giorni una notizia che potrebbe illuminare il percorso verso un farmaco risolutore. Infatti il comitato di esperti della Food and Drug Administration (FDA) ha dato parere positivo alla messa in campo del Lecanemab. Un farmaco certamente non risolutore ma che ritarda del 27% il declino cognitivo causato dalla malattia. Il Nervous System Medications Advisory Committee, composto da sei specialisti indipendenti, ha analizzato i risultati della sperimentazione clinica Clarity sull'efficacia del farmaco e ha dato l’ok. E’ risaputo che il parere dei superesperti è sempre propedeutico per la decisone definitiva della FDA. Il farmaco apre le speranze. Seppur gli effetti siano modesti il Lecanemab è il primo dopo decenni che ha mostrato effetti positivi sul rallentamento della patologia.

Alzheimer, a breve la decisione della Fda per il farmaco, utile ai pazienti affetti da Alzheimer precoce

 

Adesso la decisione spetta alla Fda che dovrà dare il via libera definitivo al farmaco (ora soltanto libero in via provvisoria) utile soprattutto per i pazienti affetti da Alzheimer precoce. Un passo successivo dopo il si americano sarà quello dell’Agenzia europea per i medicinali che lo dovrà approvare all’inizio del prossimo anno, ma il cui si non è affatto scontato. Ma a livello scientifico cosa è il nuovo farmaco e come agisce? Lecanemab, commercializzato come Leqembi, è un anticorpo monoclonale. Viene iniettato per via endovenosa per colpire le placche proteiche amiloidi nel cervello (marker diellamalattia) favorendone la rimozione. Lo studio Clarity ha preso in esame 900 persone (tra i 50 e i 90 anni) con sintomi  precoci di Alzheimer. Il farmaco è riuscito a rallentare la progressione del 27%. In pratica nei pazienti che avevano assunto il farmaco l’avanzamento della malattia è ritardata di sei mesi rispetto a quelli che non lo avevano preso. Bisognerà capire se gli effetti sranno duraturi oltre i 18 mesi, periodo del trial.

Alzheimer, molti gli effetti critici collaterali del nuovo farmaco

Ed allora tutto positivo? Tutt’altro perchè se è anche vero che questi modesti risultati sono i primi in assoluto da decenni di ricerca le criticità non sono poche. Gli effetti collaterali infatti non sono né pochi né di poco conto. Emorragie cerebrali e gonfiore cerebrale. Durante gli studi clinici, purtroppo, tre pazienti con emorragie cerebrali sono deceduti, probabilmente a causa del farmaco e della sua interazione con gli anticoagulanti. Gli studi hanno infatti rilevato come i problemi nascano maggiormente in pazienti che assumono anticoagulanti. Inoltre Lecanemab è critico per le persone con la mutazione E4 nel gene APOE. Proprio queste persone sono quelle che avrebbero più bisogno del farmaco, visto che questa mutazione moltiplica per cinque il rischio di contrarre l'Alzheimer. Altra problematica apparsa in un altro studio è che Lecanemab sembrerebbe restringere il cervello dei pazienti. Anche se non è chiaro se questo processo possa creare problemi per la salute dei pazienti. Molte opinioni scientifiche concordano sul fatto che il farmaco potrebbe ritardare l'arrivo di fasi più gravi della malattia per quasi tre anni. Un'altra delle domande importanti a cui bisogna dare una risposta è quanto costerà il Leqembi. Gli anticorpi monoclonali sono tra i farmaci più costosi al mondo. L'Aducanumab, un anticorpo simile al Lecanemab sviluppato da Biogen contro l'Alzheimer, costa 56.000 dollari a paziente. Ma la storia potrebbe cambiare con Lecanemab e altri farmaci simili. A maggio, l'azienda farmaceutica Lilly ha annunciato che Donanemab, un altro anticorpo monoclonale contro la proteina amiloide, ha rallentato il declino cognitivo del 35%. Le loro conclusioni hanno suggerito che il farmaco potrebbe ritardare l'arrivo di fasi più gravi della malattia per quasi tre anni.L'Alzheimer rappresenta una sfida enorme perché inizia a svilupparsi decenni prima che compaiano i primi sintomi. Cosa fare per portare questo farmaco ai pazienti in maniera sicura. Molti esperti sono concordi che sarebbe ragionevole un'approvazione associata a indicazioni e protocolli specifici, con un monitoraggio meticoloso e la definizione delle priorità dei candidati ideali. In Europa, ad esempio, con i sistemi sanitari nazionali, occorerebbe sviluppare preventivamente una strategia per la sua applicazione ed evitare il collasso dei servizi di assistenza neurologica.

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