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Medicina
Diabete e obesità: diabete e obesità danneggiano cervello e memoria. La cura

DIABETE E OBESITÀ INSIDIANO CERVELLO E MEMORIA

 

Diabete e obesità: un'accoppiata che 'avvelena' il cervello, danneggiando memoria e apprendimento. Obesità e diabete di tipo 2 (malattie metaboliche caratterizzate da una ridotta sensibilità degli organi all'insulina, detta anche insulino-resistenza) sono infatti una minaccia per la salute del cervello e causano deficit cognitivi, alterando il funzionamento di un 'interruttore' chiave per apprendimento e memoria, il recettore per il glutammato GluA1 che, esposto sui neuroni, serve loro per comunicare. È  quanto emerge da uno studio appena pubblicato su 'Nature Communications'. 

 

RISCHI DIABETE E OBESITÀ: PERCHÉ DIABETE E OBESITÀ METTONO A RISCHIO IL NOSTRO CERVELLO

 

L'insulino resistenza manda in tilt questo interruttore chiave per apprendimento e memoria attraverso una specifica modifica chimica detta palmitoilazione, ovvero l'aggiunta di acido palmitico, che si accumula nel cervello quando si adotta una dieta troppo ricca di grassi saturi, al recettore stesso, impedendone il funzionamento. 

 

COME PREVENIRE I RISCHI DI DIABETE E OBESITÀ SUL NOSTRO CERVELLO: LA CURA 

 

Ma dalla ricerca arriva anche una buona notizia. Eliminando queste improprie modifiche chimiche, attraverso uno spray nasale, i deficit cognitivi causati da obesità e diabete si possono cancellare.

 

DIABETE E OBESITÀ INSIDIANO CERVELLO E MEMORIA: LO STUDIO

 

Il lavoro è stato condotto da un gruppo di giovani ricercatori dell'Istituto di fisiologia umana dell'Università Cattolica, diretto da Claudio Grassi, in particolare da Matteo Spinelli e Salvatore Fusco, e ha visto il contributo di ricercatori dell'Università di Salerno. I ricercatori hanno anche documentato l'accumulo di grassi nel cervello, compreso lo stesso acido palmitico che è uno dei tanti grassi che aumentano esageratamente nel cervello a causa di diete squilibrate. Finora la ricerca nel settore delle malattie metaboliche si è concentrata prevalentemente sugli effetti dell'insulino-resistenza sugli organi periferici quali muscoli e fegato. "Il nostro studio sottolinea l'importanza di rivolgere una maggiore attenzione agli effetti dell'insulino-resistenza sulle funzioni del cervello", spiega Grassi. 

"E' interessante notare - afferma Fusco - come una dieta ricca di grassi saturi produca un danno al cervello attraverso un duplice meccanismo: aumentando la concentrazione di acido palmitico nel cervello e attivando il gene che porta alla produzione dell'enzima specifico per attuare la modifica chimica (la palmitoiltransferasi zDHHC3)". Non solo. "Abbiamo dimostrato - prosegue Spinelli - che bloccando geneticamente o farmacologicamente la palmitoilazione del recettore GluA1, siamo in grado di annullare gli effetti dannosi dell'insulino-resistenza sulle funzioni cognitive". I ricercatori hanno dimostrato, in modelli sperimentali animali, che un trattamento non invasivo - la somministrazione tramite spray nasale di un farmaco che blocca la palmitoilazione - è in grado di contrastare le alterazioni di apprendimento e memoria che si osservano negli animali sottoposti a dieta grassa, oltre a normalizzare le modificazioni molecolari delle cellule nervose responsabili del danno cognitivo. "Il nostro studio - ribadisce Grassi - indaga e svela un meccanismo molecolare responsabile del declino cognitivo che si associa alle malattie metaboliche, quali diabete di tipo 2 e obesità, caratterizzate da un quadro di resistenza all'insulina.

Riteniamo che i risultati delle nostre ricerche abbiano una grande rilevanza clinica, in quanto mettono in luce un meccanismo responsabile degli effetti negativi esercitati da una alimentazione squilibrata sulle funzioni cerebrali e, più in generale, consentono di comprendere meglio il rapporto tra nutrizione e funzioni cognitive - spiega - I nostri dati evidenziano inoltre la stretta relazione tra malattie metaboliche e malattie neurodegenerative, una tematica che necessita senza dubbio di essere indagata più approfonditamente". Aver identificato una delle chiavi molecolari responsabili del declino cognitivo nelle malattie metaboliche offre indicazioni preziose per la messa a punto di interventi terapeutici in grado di prevenire o contrastare tale processo, conclude l'esperto. 


 

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