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Medicina
Disturbi mentali: in 600mila al Pronto Soccorso per malattie mentali

DISTURBI MENTALI, IN 600MILA AL PRONTO SOCCORSO: IL REPORT DEL MINISTERO

Disturbi mentali, in 600 mila al Pronto soccorso. Questo il dato choc riportato nel Rapporto Salute Mentale 2016 pubblicato dal Ministero della Salute che riporta:

“Nel 2016 il numero complessivo di accessi al Pronto Soccorso per patologie psichiatriche ammonta a 575.416, che costituiscono circa il 2,8% del numero totale di accessi al pronto soccorso a livello nazionale. Il 13,2% del totale degli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici esita in ricovero, di cui la metà nel reparto di psichiatria. Inoltre il 27% dei ricoveri per problemi psichiatrici registra una diagnosi di Schizofrenia e altre psicosi funzionali. Il 74,5% del totale degli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici esita a domicilio.”

Il Rapporto sulla Salute Mentale 2016 illustra nel dettaglio i principali dati sull’utenza, le attività e il personale dei Servizi di Salute Mentale in Italia riferiti all’anno 2016

DISTURBI MENTALI PIÙ DIFFUSI: PATOLOGIE, ETÀ, GENERE, LUOGO

Sulle malattie mentali più diffuse, il genere, l’età e anche la collocazione geografica dei pazienti il Rapporto sulla Salute Mentale 2016 restituisce una panoramica molto dettagliata.
Gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2016 ammontano a 807.035 unità (mancano i dati della Valle d’Aosta e della P.A. di Bolzano), con tassi standardizzati che vanno dal 17,6 per 10.000 abitanti adulti in Sardegna fino a 206,5 nella regione Emilia Romagna (valore totale Italia 160,9). Nel 2016 i pazienti che sono entrati in contatto per la prima volta durante l’anno con i Dipartimenti di Salute Mentale ammontano a 349.176 unità di cui l‟89,8% ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita (first ever pari a 310.031 unità). Gli utenti sono di sesso femminile nel 54,0% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (66,9%). In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni  (25,1% nei maschi; 23,4% nelle femmine); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe > 75 anni (7,6% nei maschi e 12,4% nelle femmine). 
I tassi degli utenti trattati per gruppo diagnostico evidenziano importanti differenze legate al genere. I tassi relativi ai disturbi schizofrenici, ai disturbi di personalità, ai disturbi da abuso di sostanze e al ritardo mentale sono maggiori nel sesso maschile rispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi. In particolare per la depressione il tasso degli utenti di sesso femminile è quasi doppio rispetto a quello del sesso maschile (28,0 per 10.000 abitanti nei maschi e 47,0 per 10.000 abitanti nelle femmine).

MALATTIE MENTALI: PSICHIATRA, LEGGE BASAGLIA RIVOLUZIONE MA POCHI FONDI 

A 40 anni dalla legge Basaglia, la rivoluzione che portò alla chiusura degli ospedali psichiatrici (tristemente noti come manicomi) e fece dell'Italia un esempio ancora unico in Europa, tra elogi e diffidenze, il bilancio è complessivamente positivo pur con qualche ombra: "Abbiamo introdotto un modello nuovo, che sostituisce al trattamento del malato psichiatrico in senso esclusivamente contenitivo - li 'rinchiudiamo' e risolviamo il problema - una concezione terapeutica, di inserimento, di socialita'. Ed e' un merito enorme", e' la convinzione di Bernardo Carpiniello, presidente della Societa' italiana di psichiatria e direttore della Clinica Psichiatrica della Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari. Proprio la Sip il 9 maggio alla Camera terra' una conferenza per fotografare, dati alla mano, lo stato dell'arte della cura del disagio mentale nel nostro Paese. "Forniremo dati, riflessioni e proposte", spiega Carpiniello in una conversazione con l'Agi. Uno scenario si puo' gia' delineare: "La riforma di Basaglia ha cambiato radicalmente la psichiatria italiana, portandola nella modernita'. Gli ospedali psichiatrici erano assolutamente antiterapeutici: enormi, con due o tremila persone, le terapie mirate erano impossibili. Lo psichiatra, fino a 40 anni fa, doveva semplicemente custodire il malato, ritenuto pericoloso socialmente: una concezione ottocentesca di mera passivizzazione della persona". In situazioni spesso di degrado profondo, incompatibile con il XX secolo, descritte da tanti memoriali e ricordi. Oggi e' tutto cambiato: "Il ricovero esiste ancora, ma in unita' operative piu' piccole all'interno degli ospedali, e non piu' con il concetto di custodia giudiziaria, ma seguendo le esigenze terapeutiche del paziente". Ma soprattutto, esiste una rete di servizi sociali "diffusa su tutto il territorio, con un'organizzazione omogenea da Nord a Sud. Strutturata sui dipartimenti di salute mentale e i centri di salute mentale, vero cuore del sistema, con visite e terapie ambulatoriali o a domicilio. E poi, naturalmente - ricorda Carpiniello - ci sono le strutture semiresidenziali o residenziali, dove i pazienti, in numeri ridotti, possono interagire, vivere autonomamente, essere seguiti capillarmente dagli operatori". Varie gradazioni terapeutiche, insomma, ma un minimo comune denominatore: i "matti" si curano, non si rinchiudono. "E l'Italia ha dimostrato che si puo' fare - spiega lo psichiatra - a dispetto di molti in Europa che pensavano fosse troppo rischioso chiudere i manicomi, non ci credevano. Tanto che le riforme che sono state fatte in questi decenni in diversi paesi vanno si' verso l'umanizzazione delle cure, ma non si ha il coraggio di chiudere queste strutture tout court. Noi l'abbiamo fatto, con coraggio, e con una delle leggi piu' democratiche al mondo. 

Per un trattamento sanitario obbligatorio, ad esempio, sono previsti numerosi passaggi, a tutela del paziente. E c'e' un buon sistema di welfare, a cui si aggiunge la recente legge sul 'Dopo di noi'". Una rivoluzione che gli psichiatri hanno abbracciato: "Anche noi siamo usciti dalla logica manicomiale per passare a una logica di lavoro sul territorio, di equipe, multidisciplinare, che lavora insieme sulla persona", conferma il presidente Sip. 

Ovviamente non tutto va bene: alle molte luci si sommano anche diverse ombre: "Intanto c'e' ancora da fare un lavoro culturale - spiega Carpiniello - perche' troppi in Italia concepiscono ancora il malato mentale come uno pericoloso, da rinchiudere. C’è una scarsa attenzione a lavorare sullo stigma che ancora colpisce queste persone, e le campagne informative ed educative scarseggiano. Molte famiglie si sentono sole". Anche perché', ed e' il problema principale, "purtroppo registriamo un progressivo sottofinanziamento della salute mentale. Che porta al depauperamento dei servizi, con un ricasco pesante su strutture, operatori, mezzi, dotazioni. Il risultato e' che noi psichiatri siamo con la lingua di fuori, col fiatone". Anche perché' nel frattempo una nuova riforma, "figlia minore" della Basaglia, ha eliminato un'altra stortura ma dato altro lavoro agli operatori: la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. "Le Rems che li hanno sostituiti stanno prendendo piede nel territorio, ma le risorse sono poche, e questo ha portato ulteriori oneri che gravano sugli psichiatri", denuncia Carpiniello. I problemi non mancano, insomma, ma osservando con distacco questi 40 anni, oltre i quali si scaglia l'ombra inquietante degli enormi manicomi, "la mia croce senza giustizia" secondo la lapidaria descrizione della poetessa Alda Merini, che vi passò anni atroci, non si può negare cosa è significata la legge Basaglia: "E' innegabile che sia stata una svolta da cui non si torna indietro, la fine di un impianto ottocentesco, degradato e degradante, e l'inizio di qualcosa di nuovo, che torna a guardare alla persona. C'e' tanto da fare, ma quello che è stato fatto deve essere un orgoglio per il Paese, che in questo settore è sicuramente un faro di modernità e tolleranza". 
 

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