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Medicina
DIAN-TU Mcdade: "Nel 2020 sapremo se possiamo bloccare l’Alzheimer"
Eric Mcdade, Washington University in St. Louis, esperto di DIAN TU

di Paola Serristori

L’obiettivo è salvare la memoria. Gli scienziati della Washington University in St. Louis, che conducono le principali ricerche sulla forma ereditarie di Alzheimer, ci sono vicini. I risultati serviranno a curare tutti i malati.

Eric Mcdade, specialista della Washington University in St. Louis, Departimento di Neurology, membro del team clinico DIAN-TU, guidato dallo scienziato Randall Bateman, spiega ad Affari: “Nella primavera del 2020 speriamo di presentare risultati incoraggianti, non possiamo ancora sbilanciarci (ndr: la procedura dello studio impedisce di sapere chi sta assumendo il farmaco e chi il placebo), ma siamo molto soddisfatti.

DIAN-TU è la parte clinica basata su DIAN Study, l’importante ricerca condotta dal Professore John Morris sui meccanismi biologici che scatenano e fanno progredire la malattia di Alzheimer.

“La sperimentazione è iniziata con 199 partecipanti. Alcuni hanno interrotto, ed abbiamo proseguito con 140. Stiamo testando due diversi farmaci, Solanezumab e Gantenerumab. Entrambi attaccano la forma tossica della proteina amiloide. I volontari sono coinvolti nella sperimentazione quindici anni prima di quando prevediamo che svilupperanno la malattia, alcuni sono nella fase di lieve demenza. Li stiamo seguendo da quattro anni. Il termine di osservazione scadrà a novembre. In questo primo studio clinico su individui che appartengono a famiglie con la forma genetica di Alzheimer valutiamo l’effetto della terapia sulla funzione cognitiva.”

– L’età media dei volontari?

“L’età media è 45-47 anni.”

– Il più giovane?

“Trentenne.”

– Dunque annuncerete se i farmaci funzionano o no?

“Sì, potremo dire se siano capaci di cambiare il corso della malattia, se le facoltà cognitive sono protette dai farmaci che bloccano effettivamente il deposito di amiloide quando la terapia inizia prima dei sintomi. Per raccogliere ed analizzare i dati servono alcuni mesi, dunque penso che saremo pronti per trarre le conclusioni tra aprile-maggio 2020.

– Quali Paesi sono coinvolti nella sperimentazione della terapia che può bloccare i danni al cervello?

“In questa fase lo studio è in corso alla Washington University, in Francia, Spagna, e nel Regno Unito.”

– Come si svolge la sperimentazione?

“Per ora testiamo due diverse terapie di amiloide-bloccanti. Siamo quasi certi che per sconfiggere il morbo di Alzheimer occorra una combinazione di farmaci. Anziché prescrivere più molecole con lo stesso bersaglio, sarà utile associare il trattamento contro amiloide ad un farmaco contro la proteina tau, che nella forma fosforilata crea grovigli nel cervello.”

– Dopodiché?

“Abbiamo in programma un altro studio sulla stessa popolazione che eredita la forma genetica di Alzheimer, perché siamo in grado di prevedere la cascata di eventi causata dal morbo, incentrato su coloro in cui beta-amiloide (ndr: la forma tossica della proteina amiloide) non si è ancora deposta nella prima area del cervello, evitando che cambi qualcosa nella biologia del cervello, in modo che i livello di proteine nel liquido cerebrospinale (CSF) restino stabili e non si verifichi atrofia del cervello.

Partirà nel 2020, dobbiamo ancora scegliere il farmaco, dipenderà dal risultato della sperimentazione conclusa nel novembre 2019. I centri coinvolti saranno in Italia, Germania, Spagna. Il professore Giovanni Frisoni (ndr: Università di Ginevra, precedente Direttore scientifico del Fatebenefratelli di Brescia) sta mettendo a punto un nuovo metodo efficiente di reclutamento dei volontari. Lo studio probabilmente richiederà 15 anni per dimostrare che blocca amiloide. In definitiva, attualmente vogliamo accertare, ed abbiamo la speranza, che i farmaci bloccano lo sviluppo di amiloide tossica, misurando l’effetto sulla conservazione dell’abilità cognitiva, poi verificheremo se bloccano effettivamente la formazione di depositi. La maggior parte di volontari iscritti all’attuale prova ha già depositi di amiloide nel cervello, i futuri partecipanti saranno prescelti se non avranno beta-amiloide.

– In Italia è possibile testare la terapia?

“Non ancora. Il prossimo studio sarà condotto tra Italia, Germania, Spagna. Come dicevo speriamo nel 2020.”

– Il Professore John Morris aveva anticipato ad Affari che le diverse forme di Alzheimer iniziano col deposito anomalo di amiloide. Lei conferma che i vostri studi, anche se testate gli effetti dei farmaci su volontari che hanno ereditato la componente genetica di Alzheimer, saranno utili a tutta la popolazione?

“Il processo di amiloide è molto simile nella traiettoria se farmaco funziona su questa popolazione è molto probabile che funzioni su tutti coloro che lo hanno assunto prima dell’inizio del processo di malattia. 

– Quali sono i tempi?

“Ci servono 3-4 anni per mostrare che il farmaco blocca amiloide.”

– Stop alla malattia o rallentamento?

“Bloccare, l’obiettivo è bloccarla. Non sospettiamo che succeda una sorta di resistenza, per cui il farmaco funziona sino ad un certo momento e non oltre. Ancora non sappiamo, ma presumiamo che se la terapia funziona arresti la malattia per quindici-venti anni, è realistico dirlo.

– Come potrebbe cambiare la vita di chi è a rischio di ammalarsi?

“Dovrà prendere la terapia per tutta la vita. Se ce la facciamo dovremo seguire i pazienti per quindici-venti anni. Fondamentalmente dal momento in cui la nuova sperimentazione inizia proseguirà per questo tempo. Però prima che siano trascorso l’intero periodo potremo essere certi che tau nel plasma e nel fluido cerebrospinale rimane stabile. Siccome le due proteine sono statisticamente strettamente collegate, se fermiamo amiloide e tau sarà la fine dell’Alzheimer. Ci serve tempo.”

– Qual è il messaggio che si sente di dare ai lettori?

“Il messaggio è: speranza. Stiamo sviluppando tecnologie e buoni trattamenti per bloccare la malattia.”



 

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