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Medicina
Sanità pugliese, è polemica: 37enne muore mentre cerca un angiografo

Di Gaetano Gorgoni

BARI – Le polemiche sulla morte di un uomo mentre cercava tra Lecce e Brindisi un angiografo funzionante hanno investito la politica e il Consiglio Regionale pugliese, ma le istituzioni fanno spallucce. Nel tardo pomeriggio dell’ 8 dicembre 2016, intorno alle ore 19.30, un paziente di 37 anni, Luigi Esposito, è stato accompagnato al Pronto soccorso dell’ospedale ‘Vito Fazzi’ di Lecce in gravi condizioni, per un’emorragia cerebrale in corso. La gravità del quadro clinico è emersa chiaramente, ma i medici intervenuti non hanno potuto agire con immediatezza, perché l’angiografo (strumento assolutamente necessario in casi critici) presente nella Neuroradiologia non era funzionante. Solo dopo tre ore è stato disposto il trasferimento del paziente presso l’ospedale ‘Perrino’ di Brindisi, a 40 chilometri di distanza, dotato di idonea strumentazione: ma anche lì la strumentazione non era in funzione. Ore di panico, attesa e dolore senza risposte. Non sapremo mai, come spiega il medico Luigi Manca, se sarebbe stato possibile salvare l’uomo con un’operazione d’urgenza una volta scoperto lo stato di avanzamento dell’emorragia.
«Non cerchiamo colpevoli, non spetta a noi, ma siamo sicuri che la politica ha il dovere di trarre quanto meno una lezione per quanto accaduto, in modo che la morte del 37enne leccese possa non essere stata vana - spiega il vecepresidente della Commissione sanità pugliese, Luigi Manca - Per questo motivo avevamo presentato subito un’interrogazione e nonostante quello che pensa il presidente e assessore alla Sanità, Michele Emiliano, la ripresenteremmo altre mille volte perché non accada mai più».

La cosa più grave è che da tempo lo strumento dell’ospedale leccese andava in avaria imponendo continui interventi di aggiornamento: per questo esiste un accordo tra gli ospedali di Lecce e Brindisi. Quando non funziona un angiografo, si fanno 40 chilometri con un’emorragia cerebrale in corso, per poi, magari, ritrovarsi ad attendere che qualcuno azioni un altro macchinario, sperando che possa funzionare almeno quello. Fra Lecce e Brindisi c’è un po’ di strada da fare, ma per la Regione Puglia le due strutture sono considerate le più vicine ed idonee.

La beffa ha voluto, in questo caso, che anche nel nosocomio brindisino l’angiografo non funzionasse: «si scoprirà in seguito non per avaria, ma perché non collegato a una rete elettrica». «Una storia assurda – tuona il politico e medico Luigi Manca, che in quella drammatica sera di dicembre era al fianco del ragazzo morto - Una serie di circostanze impediranno per sempre di sapere se il 37enne si sarebbe salvato se l’angiografo a Lecce avesse funzionato o se non si fosse perso un solo minuto. Per cui se gli accordi fra gli ospedali sono auspicabili è pur vero che possono essere utili in casi di routine, ma in casi gravissimi forse sarebbe il caso di  portare l’ammalato in un posto il più vicino possibile. Dal Fazzi vi è una struttura con un ottimo angiografo a soli tre chilometri per esempio. E allora riorganizziamo questa Sanità pugliese perché sia in grado di salvare le vite umane non perché sia solo in grado di far quadrare i conti».

L’ospedale ‘Vito Fazzi’ di Lecce e il ‘Perrino’ di Brindisi sono due dei cinque ospedali pugliesi di secondo livello, secondo il Piano di Riordino appena varato dall’esecutivo regionale nella sua stesura definitiva e inviato al Ministero della Sanità. L’Asl Lecce e l’Asl Brindisi hanno avviato inchieste interne «per appurare in modo puntuale modalità e tempi in cui si sono svolti i fatti, verificando la corretta applicazione dei protocolli medici e tecnici previsti in situazione di emergenza o di avaria della strumentazione»: ma dai primi riscontri emerge che le strumentazioni in esame erano spesso fuori uso, non solo quella drammatica sera, ed evidentemente non era stata presa in sufficiente considerazione la gravità della situazione e i possibili rischi. 
 
«È inaccettabile che la sanità pugliese presenti opacità così marcate e inquietanti nel rispetto degli elementari Livelli Essenziali di Assistenza» - attaccano dagli scranni dell’opposizione regionale.
«L’angiografo, dopo l’immediata richiesta da parte della Direzione dell’Ospedale, è stato sottoposto ad un primo intervento tecnico da parte dell’azienda produttrice tra il 6 e 7 dicembre e ad uno successivo il 12 dicembre, quando (alle ore 13) è stato ripristinato il normale funzionamento – spiegano dall’Asl di Lecce - Il protocollo, nei casi di avaria, prevede che i pazienti siano trasportati all’Ospedale “Perrino” di Brindisi, che è dotato di idonea strumentazione. Ed è quanto successo nel caso dello sfortunato 37enne, giunto in Pronto Soccorso con un’emorragia celebrale. L’Asl Lecce, in ogni caso, ha avviato l’indagine per appurare in modo puntuale modalità e tempi in cui si sono svolti i fatti, verificando la corretta applicazione dei protocolli medici e tecnici previsti in situazioni di emergenza o di avaria della strumentazione».
 
Per i dirigenti quello che è avvenuto quella sera è dovuto a «una sommatoria di eventi eccezionali e imprevedibili».
La risposta del governatore della Puglia all’interrogazione del vicepresidente della Commissione Sanità è arrivata, ma non c’è nulla di nuovo: problemi tecnici inevitabili e la promessa di alzare la guardia. La famiglia non ha sporto denuncia, non ha voluto attendere l’autopsia per i funerali. C’è, però, la necessità di strutturare una sanità dove l’angiografia sia possibile in breve tempo, anche in caso di guasto tecnico. Siamo indietro su questo e su altro.

 

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