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Ictus, EloquentSTIM: l’alleato per il recupero delle funzioni motorie

Ictus, EloquentSTIM: l’alleato per il recupero delle funzioni motorie

di Debora Bionda

Ogni anno tra Stati Uniti ed Europa sono circa 15 milioni le persone colpite da ictus. Molte delle quali riportano dei deficit motori come conseguenza. A queste si aggiungono poi i pazienti che hanno riportato deficit a seguito di tumori al cervello o per via di commozione cerebrale (quest’ultima è la prima causa di disabilità nelle persone nelle fasce comprese tra i 20 e i 40 anni, colpisce quindi la popolazione potenzialmente più produttiva, la cui disabilità ha il costo sociale più rilevante). Stiamo parlando di un numero impressionante di persone le cui funzionalità risultano compromesse. Oggi per loro c’è una nuova speranza: EloquentSTIM. L’idea è quella di creare un dispositivo medico che vada a stimolare con degli elettrodi alcune specifiche aree cerebrali in modo di far recuperare, almeno in parte, le funzioni motorie perdute.

Un progetto ambizioso che vede come capofila WISE, una PMI biomedicale con sede a Cologno Monzese. L’impatto sociale atteso è talmente importante che l’Assessorato Ricerca, Innovazione, Università, Export e Internazionalizzazione di Regione Lombardia ha deciso di contribuire al finanziamento di EloquentSTIM con fondi Por-Fesr 2014-2020 per circa 3,3 milioni su un totale di poco più di 6 milioni, grazie agli Accordi per la ricerca  previsti dalla legge regionale “Lombardia è ricerca”.

Oltre a WISE ci sono altri partner scientifici e industriali che partecipano con le proprie competenze al progetto: Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milanol’Università degli Studi di Milano, l’Istituto Clinico Humanitas Newronika (realtà con radici che partono dal Policlinico e dall’Università di Milano).

Affaritialiani.it Milano ha incontrato Sandro Ferrari, coordinatore scientifico del progetto.

Com’è nata l’idea di Eloquent STIM?

Il progetto nasce dal fortunato incontro tra tre entità particolarmente complementari: la prima fa capo all’universo Università di Milano e all’Istituto Humanitas, che da tempo studiava fenomeni di plasticità neuronale, ovvero la capacità delle cellule del cervello di riorganizzarsi e di modificare la propria configurazione in relazione agli stimoli che riceve. La seconda entità siamo noi di Wise che abbiamo sviluppato una tecnologia che ci consente di fare degli elettrodi che hanno la capacità di sposarsi ai perfettamente ai tessuti cerebrali perché essendo di materiali molto soffici assomigliano nella loro consistenza al tessuto cerebrale e per questo riescono a stabilite un contatto molto intimo senza determinare fenomeni di infiammazione o di rigetto che spesso avvengono quando si usano dispositivi medici dentro il corpo umano. La terza entità è una start up che si chiama Newronika, interessata alla stimolazione cerebrale per diverse patologie. Insieme abbiamo avuto l’idea di sviluppare un sistema di stimolazione per la corteccia cerebrale che sia in grado di promuovere la plasticità neuronale in pazienti affetti da ictus che presentano dei deficit motori. Questi pazienti possono attraverso la terapia che stiamo mettendo a punto migliorare il loro processo riabilitativo e riacquistare capacità motorie perdute a causa dell’ictus, grazie alla stimolazione elettrica operata attraverso un sistema costituito dai nostri elettrodi e dal sistema che distribuirà questa corrente realizzato da Newronika.

Questo dispositivo sarà utilizzabile anche su pazienti affetti da Parkinson?

Le possibilità terapeutiche potranno espandersi nel tempo. A breve termine l’applicazione sarà per casi di ictus, tumori cerebrali rimossi che hanno determinato dei deficit e commozioni cerebrali molto gravi. Parliamo quindi in prima battuta di deficit motori dovuti a lesioni cerebrali. Il Parkinson sarà la prossima frontiera e richiederà sul piano terapeutico certamente degli approfondimenti ulteriori.

Come vengono applicati questi elettrodi?

Vengono applicati praticando un piccolo foro nella scatola cranica e vengono inseriti attraverso questo foro tra il cervello e l’osso della scatola cranica dove vi è una cuticola, un tessuto molle su cui l’elettrodo verrà accomodato. Si parla di un foro craniale di un cm o poco più, quindi è una procedura invasiva, ma di una moderata invasività.  

Quando vengono rimossi gli elettrodi dai pazienti?

L’elettrodo rimarrà all’interno della scatola cranica per un periodo limitato di tempo che potrà andare da 6 mesi/1 anno fino a 2 anni perché il processo di riprogettazione e riprogrammazione delle aree cerebrali ha un inizio e una fine. Si arriva a un punto, quando il deficit è stato recuperato, in cui si può presumere che continuando la terapia non ci sarà più alcun effetto e quindi il dispositivo potrà essere espiantato. È il dispositivo stesso a monitorare l’entità della plasticità e a segnalare quando la stimolazione può essere interrotta perché non apporta ulteriori benefici.

Si direbbe un progetto lombardo ma con forte respiro internazionale, giusto?

Sì, voglio sottolineare la fortuna di aver avuto in un territorio così ristretto delle competenze tanto complementari e di un livello così significativo. Di solito questo tipo di attività per poter trovare le competenze adeguate ha necessità di ampliarsi in un contesto internazionale, qui abbiamo avuto la fortuna di trovarle su un territorio molto confinato e questo rende più facile la collaborazione, oltre che più veloci e più rapide le interazioni. Anche alcune barriere culturali vengono abbassate e questo facilita le cose. Dopo di che il contesto internazionale rimane quello di riferimento per noi, sia da un punto di vista scientifico (sono nate delle pubblicazioni scientifiche che sono adesso in fase di revisione da parte di references internazionali), sia da un punto di vista industriale (valutiamo collaborazioni con multinazionali, ci stiamo rivolgendo a enti notificati europei per ottenere la marchiatura CE). Benché il contesto sia di natura internazionale, siamo partiti da realtà locali. Di cui la Regione Lombardia può essere fiera.

EloquentSTIM non solo è uno strumento capace di portare benefici a pazienti con disabilità motoria, ma può ridurre l’impatto sul sistema sanitario delle malattie derivanti da lesioni cerebrali, oltre che avere ricadute positive in termini di nuovi posti di lavoro creati, è così?

Sì, ci aspettiamo un consistente salto occupazionale quando ci avvicineremo alla fase più commerciale, in cui i volumi di produzione saliranno. A quel punto la necessità di manodopera diventerà importante. Teniamo in considerazione che il campo dei dispositivi medici è un settore che si affida molto a capacità anche artigianali. In questo contesto alta tecnologia, scienza e manualità cooperano. Anche quando parliamo di volumi grossi, su dispositivi così delicati l’intervento manuale resta fondamentale, servirà manodopera specializzata e con delle capacità del fare molto significative.

Non resta che fare il tifo per EloquentSTIM, soprattutto pensando alle tante persone che vedranno migliorare la loro qualità di vita grazie a questo dispositivo che rappresenta una vera e propria rivoluzione nel settore medicale.

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