A- A+
Milano
Albergatori milanesi in rivolta: "Sharing economy non sia shadow economy"

L’Associazione albergatori di Confcommercio Milano esprime forte preoccupazione per i dati su Milano contenuti nel rapporto sul “sommerso” turistico realizzato da Federalberghi nazionale con la collaborazione tecnica di Incipit e Inside Airbnb.

Questo studio evidenzia le quattro grandi contraddizioni dell'attuale sviluppo degli affitti brevi rispetto ai valori fondanti della "vera" sharing economy:

- non è vero che si condivide l'esperienza con il titolare, la maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb si riferisce all'affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno;

- non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all'anno;

- non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi;

- non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta: gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

A dimostrazione di ciò, ad agosto 2016, nel Comune di Milano, risultavano disponibili su Airbnb 13.200 alloggi: il 66%. riferiti ad interi appartamenti; il 68% disponibili per più di sei mesi; vi sono, poi, “host” ai quali fa capo un significativo numero di appartamenti (da 48 a 115, una vera industria) messi in vendita. Se si guarda, invece, all’area metropolitana di Milano gli alloggi sono oltre 15mila di cui quasi 10mila riferiti ad interi appartamenti. Circa 10.500 sono disponibili per più di sei mesi; oltre 6.500 sono gestiti da host (che mettono in vendita più di un alloggio).

“Qui non si tratta certamente di negare gli aspetti positivi che caratterizzano l’evoluzione della società verso meccanismi di scambio ispirati a una maggiore libertà – afferma Maurizio Naro, presidente di Apam Federalberghi Milano – ma di contrastare lo sviluppo di quella che sembra essere una ‘Shadow economy’, non certo una sharing economy. Crediamo resti non del tutto risolto il problema delle regole di partenza tra soggetti economici che svolgono la stessa attività, regole che sembrano trasgredite già in partenza. Infatti, a Milano, solo il 2,2% degli appartamenti pubblicizzati su Airbnb è in regola con quanto previsto dalla legge regionale 27 del 2015 che prevede l’obbligo della registrazione nell’apposito elenco comunale”.

“Non vogliamo – prosegue Naro - che la mancanza di regole provochi, come purtroppo è già successo, lo sviluppo incontrastato del sommerso e della concorrenza sleale. E non c’è solo questo dietro la crescita incontrollata delle locazioni turistiche brevi: c’è il problema della sicurezza (non sai più chi è il tuo vicino), la desertificazione dei centri delle città con la conseguente chiusura delle attività commerciali, il depauperamento di interi quartieri svuotati dai residenti con il conseguente calo di disponibilità di servizi, l’aumento alle stelle dei canoni di affitto regolari per lunghi periodi e la drastica riduzione di abitazioni disponibili a questo tipo di locazione sul mercato (pensiamo agli studenti universitari). Insomma, dietro l’apparente entusiasmo per una nuova economia che si diffonde, può esserci, in assenza di regole, la premessa per seri problemi che ricadono sull’intera comunità dei cittadini”.

In altri Paesi europei – rileva Apam Federalberghi Milano - si stanno già prendendo provvedimenti legislativi in questo senso. In Francia, ad esempio, il Code du Tourisme prevede l’obbligatorietà della registrazione della locazione breve presso il Comune di riferimento e l’obbligo del collegamento al codice di registrazione dell’unità abitativa in ogni forma pubblicitaria, rafforzato da una forte attività di controllo accompagnata da pesanti sanzioni. Molte municipalità, come Parigi, Amsterdam, Barcellona e Berlino (città all’avanguardia nella net economy), per rimanere nella sola Europa, hanno già provveduto a prendere severe contromisure per contrastare il dilagare incontrollato del fenomeno.

“In Italia – rileva Naro - soltanto Regione Lombardia si è mossa in questa direzione, ma il buon lavoro è ancora da completare perché deve essere approvato il punto fondamentale dell’obbligo della pubblicità del codice di registrazione degli host in ogni inserzione online/offline”.

“Il nostro impegno - conclude il presidente degli albergatori milanesi - è volto a tutelare tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. Non può, però, esserci squilibrio tra chi, da una parte, fa pagare la tassa di soggiorno, ha dipendenti in regola, comunica alla Questura chi alloggia, stipula assicurazioni ed ottempera alle numerose norme relative alla sicurezza e chi, invece, agisce senza regole e controlli ”.

Tags:
albergatori milanesi







Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

© 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

Contatti

Cookie Policy Privacy Policy

Cambia il consenso

Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.