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Aler risponde, filo diretto con il presidente
Aler, serve un finanziamento strutturale. La ricetta del presidente Sala

Buongiorno Presidente,
sono un inquilino del quartiere ALER Comasina, e mi ritengo molto fortunato. All’inizio degli anni ’60 ho trovato lavoro in città e mi sono trasferito dalle campagne del pavese con la mia famiglia. Ho fatto richiesta all’Istituto, che subito mi ha assegnato un tetto sotto il quale crescere i miei figli. Tanti anni fa qui arrivavano solo famiglie come la mia, e tutti avevamo un grande rispetto per le regole del condominio. C’erano manutenzioni, controlli, nuove costruzioni. Eravamo in periferia, ma tutto intorno la città cresceva e tanti altri quartieri ALER venivano costruiti. Alla Comasina si era creata una comunità che ancora oggi, che siamo invecchiati, sopravvive e ci dà un grande senso di sicurezza. Però l’Istituto non è più quello di una volta. In giro si sentono solo lamentele su ritardi negli interventi, tetti e impianti malandati, alloggi che rimangono vuoti perché non ci sono soldi per le ristrutturazioni. E, soprattutto, non costruite più nulla. E Dio solo sa quanti giovani e anziani avrebbero bisogno di una casa. Perché è andata a finire così?

Antonio C.



RISPOSTA

Caro Signor Antonio

La sua lettera mi ha colpito molto, ed è per questo che l’ho scelta per ricominciare da qui, dopo una pausa estiva, il mio confronto con voi inquilini.

Capisco la Sua amarezza perché Lei ha vissuto gli anni migliori dell’allora Istituto per le Case Popolari, quelli della ricostruzione e del boom economico. L’Azienda, oggi ALER, dal dopoguerra ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della città, sia dal punto di vista urbanistico che economico e sociale. Ha risposto con velocità, impegno, professionalità e lungimiranza al fabbisogno abitativo che aveva assunto negli anni ‘50/60 una dimensione nazionale, non solo urbana.

All’Istituto arrivavano fondi da utilizzare per lo sviluppo, e si potevano quindi non solo manutenere, ma anche costruire ogni anno nuovi quartieri. Questo grazie al Piano Fanfani, che nel 1949 aveva rilanciato con massicci finanziamenti l’attività di costruzione di “case per i lavoratori”, soprattutto alla GESCAL, che gestiva i fondi per l’edilizia pubblica in locazione e a riscatto.

Fino ai primi anni ‘70 il sostegno statale alle politiche per la casa è stato straordinario, e ha consentito di arrivare alla costituzione del patrimonio immobiliare che abbiamo oggi.

Poi, il declino.

Le leggi hanno cominciato a cambiare continuamente, si è creata una grande confusione in merito alle competenze comunali, statali, regionali, e progressivamente si è arrivati ad una paralisi del sistema di costruzioni di edilizia pubblica.

Già negli anni ’80 la crisi finanziaria era fortissima, e l’Istituto si trovava a dover rispondere con pochi fondi ad una nuova ondata di richieste. Ma ai limiti del collasso. Che non è tardato ad arrivare negli anni ’90, con la crisi economica e gestionale dell’Istituto che, in mancanza dei necessari aiuti economici pubblici, veniva costretto sempre più ai limiti di una autogestione difficilissima, perché era impossibile adeguare i canoni di locazione alle necessità del patrimonio stesso.

Il colpo definitivo è arrivato nel 2001, con il Decreto di riforma del Titolo V della Costituzione di trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni. Con l’obiettivo di razionalizzare la spesa pubblica, venivano attribuiti alle regioni tutta una serie di compiti di ordine amministrativo e finanziario in vari settori fra cui quello della Casa.

Sono stati definitivamente aboliti i finanziamenti pubblici e da allora, l’Azienda che nel frattempo aveva cambiato nome e statuto, diventando ALER Milano, Ente Pubblico-Economico con obbligo della parità di bilancio, ha vissuto in emergenza.

Ci autososteniamo con le entrate da canone. La morosità è altissima. I conti non tornano.

Cosa penso di fare? È difficile. Occorrono risorse, e gli affitti non bastano neppure alla sopravvivenza.

Sin dal mio arrivo mi sono impegnato perché Regione Lombardia ci riconoscesse un aiuto, che grazie all’impegno del nostro Presidente Maroni non è tardato ad arrivare. Circa 70 milioni di euro stanziati nel 2014, e circa 20 milioni a luglio 2017, già destinati alle emergenze e alle situazioni più critiche, in sospeso da troppi anni.

Eppure ancora non bastano. Sono un tampone utilissimo che però non consente una pianificazione complessiva e articolata nel tempo.

Io credo che la vera svolta potrebbe arrivare se quota parte della fiscalità che ogni anno i cittadini lombardi versano al governo fosse trattenuta sul territorio e destinata anche all’edilizia pubblica. Con il trasferimento di tutte le competenze sulla casa, l’Aler di Milano potrebbe davvero operare una rivoluzione positiva, ed in pochissimi anni.

Sarebbe sufficiente istituire una misura di finanziamento strutturale continuativo di almeno 70 milioni all’anno, e si potrebbe assistere ad un nuovo rinascimento: l’inquilino al centro dell’universo casa. Dalle manutenzioni ordinarie più veloci ed efficienti, a quelle straordinarie programmate e attuate senza ritardi, a un sistema di assegnazioni che garantisca il mix sociale, a una lotta senza sosta all’abusivismo e alle criminalità di vario genere nei nostri quartieri. Si riuscirebbe, con i soldi ricavati dalle vendite, a costruire nuove case, invece che tamponare vecchie falle. Si potrebbero studiare nuove forme di vivere collettivo, realizzare quartieri più moderni, sicuri, eterogenei.

Viviamo in una delle città e regioni più ricche e popolose d’Europa. Meritiamo davvero tutti molto di più.

La saluto caramente a La ringrazio ancora per La Sua preziosa testimonianza.

 

Angelo Sala





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