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Milano
Canegrati, giro d’affari da 400mln. Ma ai dentisti solo 3,7 euro a pulizia
Maria Paola Canegrati

di Fabio Massa

Le mazzette, i soldi in freezer, i flussi verso il Brasile. Gli interrogatori. Maroni e Salvini che scaricano Rizzi, Rizzi che scarica Canegrati. Tutti contro tutti. E il cittadino si indigna, giustamente. Quello che però sta per raccontarvi Affaritaliani.it è frutto di una testimonianza esclusiva che la dice più che lunga non sul sistema corruttivo (giacché su quello si pronunceranno i giudici e la giustizia italiana), ma sul sistema sanitario che era finito in mano a Canegrati&Co. L’hanno chiamata zarina delle dentiere, signora del sorriso. I giovani del Pd hanno escogitato un perfido gioco di parole: “questione molare”. Ma, al di là della politica, come si lavorava nelle cliniche della Canegrati, negli studi medici, che ancor oggi sono in alcuni dei più importanti ospedali lombardi, grazie agli appalti su cui è stato acceso il faro quella mattina del 16 febbraio, quando una laconica nota del comando dei Carabinieri apre la voragine nella quale - inutile girarci intorno - continua a rischiare di cadere l’intera giunta regionale non per responsabilità oggettive ma politiche.

Quindi, venendo al dunque, come si lavorava nelle strutture della Canegrati? A sentire la testimonianza di chi ci è stato e a leggere le carte e a studiarsi i contratti di lavoro, calcolatrice alla mano, non troppo bene. Anzi, forse decisamente male. “Per prima cosa c’erano gli orari di lavoro, e io l’ho sperimentato: 12 ore lunedì, 12 ore venerdì, 12 ore il sabato. E gli altri giorni le normali 8 ore - spiega la fonte qualificata ad Affaritaliani.it - In pratica i medici dovevano lavorare come bestie per arrivare ad avere uno stipendio decente. Ancora oggi va avanti così, sei giorni alla settimana. Il problema è che là devi stare ai loro ritmi per lavorare, solo che quei ritmi non ti consentono di fare le cose seriamente”. Che cosa vuol dire seriamente? “Che se hai fatto il giuramento di Ippocrate il dente se puoi salvarlo devi farlo, non devi mica metterci dentro un impianto a corona”, spiega.

Ma queste sono quisquilie, si potrebbe dire, a leggere il contratto che i medici dovevano firmare. Affaritaliani.it ne ha visionato uno, che all’articolo 5 “Compenso”, recita: “l’azienda si obbliga a pagare in favore del Professionista il compenso calcolato percentualmente in misura pari al 15% (diconsi quindici per cento) su attività implantare e/o protesica e in misura pari al 25% (diconsi venticinque per cento) su attività di conservativa e/o endonzia e/o chirurgia generale e/o igiene orale, da determinarsi in relazione al costo della specifica prestazione sanitaria commissionata dall’Azienda ed eseguita dal Professionista, così come quantificato dal listino applicato dall’ente pubblico territorialmente competente per l’ambulatorio di esecuzione della prestazione, previa detrazione del 25% (diconsi venticinque per cento) dal fatturato lordo, oltre accessori di legge, se dovuti, ed al lordo della ritenuta di acconto”. Subito dopo, al 5.2 “Il compenso deve essere pagato entro il termine tassativo di giorni 40 dalla data di presentazione della fattura da parte del Professionista”.

Complicato? Un po’. E allora Affaritaliani.it, con l’aiuto della sua fonte, ha fatto un po’ di conti della serva, partendo da un dato ricavato dal centralino del Niguarda, l’ospedale nel quale la Canegrati mosse i primi, contestatissimi passi qualche anno fa. Sul sito dell’ospedale si legge: “Tariffe accessibili: circa il 45 - 50% in meno rispetto al mercato, con l’obiettivo di poter soddisfare in primo luogo la popolazione non abbiente”. Quindi, di certo non è il costo di una prestazione “da mercato”. Una pulizia costa, se poco accurata 20 euro, se molto accurata 80 euro. Un curettage, ovvero la rimozione la placca dalla parete dentale, arriva a 200 euro.

Prendiamo il contratto di prima e ipotizziamo che il medico assunto dalla Canegrati e dalle sue società (“i contratti sono più o meno tutti uguali, salvo casi specifici di medici magari bravi che venivano presi per fare scena”, dice la fonte). Per prima cosa bisogna levare agli 80 euro che il paziente paga il 25 per cento, e ne restano 60. Su questi 60, l’azienda riconosce il 25 per cento e quindi: 15 euro. Ovviamente a questi 15 il medico deve levare i contributi e l’assicurazione sanitaria, per un ammontare di circa il 12,5% del lordo. Totale? Tredici euro circa. E per una pulizia “light”, quella che va per la maggiore dato il carattere “popolare” delle strutture Canegrati? Torniamo al Niguarda: oggi costa 20 euro. Rifacciamo il conto. Sintetizzando: leva il 25%, prendi il 25% del restante, leva il 12,5%. Totale, 3,75 euro. Per una pulizia.

“Pensate che per una otturazione il rendimento medio per i medici si aggirava sui 4 euro, e alcuni anche meno - continua la fonte di Affaritaliani.it - Ovvio che adesso si dice che la Canegrati era una risorsa per la Regione Lombardia”. Le spese odontoiatriche, infatti, prima dell’avvento della zarina, pesavano sul bilancio regionale. Nessun guadagno, e anzi profondo rosso un po’ in tutte le strutture. Dopo di lei, inizia ad arrivare il segno più. Certo che pensare che su un giro d’affari di oltre 400 milioni di euro ai medici finivano 3,75 euro per una pulizia e 4 euro per una otturazione la dice lunga su come a volte, i bilanci, non dicano proprio tutta la verità.

@FabioAMassa
fabio.massa@affaritaliani.it

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