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Milano
Colletta per Formigoni dai suoi amici: "E' un perseguitato politico"

di Fabio Massa

La serata si conclude con Roberto Formigoni, che una volta fu il Celeste e che ancora per tutti, in sala, è "il presidente", che piange sommessamente, quasi invisibile, in prima fila, terzo posto partendo dalla destra del palco. Dal palco l'avvocato Giuseppe Zola ha appena lanciato il "Comitato Amici di Roberto Formigoni". "La sua situazione economica è disastrosa, vogliamo aiutarlo. Gli hanno sequestrato tutta la pensione. Il ricorso in Cassazione è stato depositato adesso, e la risposta potrebbe essere molto vicina".

All'uscita, un foglio fotocopiato con i nomi che hanno fondato il Comitato: Giancarlo Cesana, Giuseppe Zola, Fabio Cusin, Cesare Cavalleri, Lodovico Festa, l'attuale assessore all'Ambiente di Regione Cattaneo, Gianmario Forneris, Egisto Mercati. E poi gli aderenti, tra cui Carlo Masseroli e Maurizio Lupi. Lupi in sala, in un Teatro Rosetum strapieno, non c'è. Non c'è neppure Nicolamaria Sanese, evocato più volte nel corso dell'appuntamento convocato, come dice il moderatore, "perché una storia non può essere dimenticata, e questa non è una commemorazione perché non siamo ancora morti". Poi subito sul punto: "Siamo qui per portare la nostra solidarietà all'amico Roberto, che non esito a definire un perseguitato politico". Lui legge i messaggi Whatsapp, mette l'Iphone dentro e fuori la tasca della giacca grigia, con cravatta bordeaux (niente colori sgargianti, niente eccessi). A guardarlo, dai gradini sotto al palco, pare alternare momenti di sconforto e momenti di orgoglio enorme. Non c'è allegria, se non a tratti, magari per qualche gaffe, come quando viene introdotto Giancarlo Cesana, ex dominus del Policlinico, l'unico che pronuncia la parola "Cl" (neanche Comunione e Liberazione, solo Cl) in quasi due ore e mezza, chiamato "Giancarlo Formigoni". "Adesso non esageriamo - ci scherza - diciamo che l'ho sempre sostituito". Cesana è professorale, ma chiaro: "Il potere esiste e noi ne abbiamo rispetto. E lo frequentiamo.

Nella sanità Formigoni ha messo in funzione l'attività di controllo dovuta dalla pubblica amministrazione, ha introdotto le economie di scala. Esperienze importanti, soprattutto se confrontate al comunismo di chi oggi sostiene di voler abolire la povertà". E' la volta di Michele Perini, ex presidente di Fiera e di Assolombarda: "Mai una volta Formigoni ha indicato una nomina, o mi ha chiesto qualcosa, nei miei anni in Fiera Milano. Abbiamo fatto tanto, poi è arrivato un personaggio in Fondazione Fiera come Benito Benedini. E il titolo è crollato". Va via prima Mariastella Gelmini, che però nel suo intervento insiste sulla continuità: "Perfino noi che siamo stati presenti nel buongoverno di Formigoni a volte ci siamo dimenticati delle tante sfide vinte grazie a un metodo che non è mai stato messo in discussione, né da Maroni né da Fontana". La Gelmini attacca Di Maio: "Non mi permetto di strumentalizzare le vicende personali del vicepremier e di suo padre. Ma loro con noi l'hanno fatto cento volte".

Sulla continuità con Formigoni di Maroni e Fontana ci torna Neva Sbrissa, dirigente apicale, già donna di estrema sinistra (Dagospia raccontava di una sua antica amicizia con Mario Capanna), che interviene dopo Francesco Bettoni di Brebemi e Roberto Pasolini. E dopo la consigliera di parità regionale Carolina Pellegrini. "Per noi era chiaro che quel modello di lavoro tra burocrazia e politica non sarebbe potuto continuare senza Formigoni e Sanese. Un metodo incredibile. Sanese era il signore del metodo, con il metodo ti massacrava. Oggi Sanese non c'è, ma lui c'è sempre". Aleggia l'assenza di Sanese. Si nota l'assenza. Eccome.

L'unico discorso politico di prospettiva è di Raffaele Cattaneo. "Sono l'ultimo dei mohicani. C'ero all'inizio e ci sono stato dopo. Con Formigoni c'è il tentativo di di costruire una damnatio memoriae, dicendo che la nostra esperienza era data da una accozzaglia di persone dedite al malaffare. Questo mi fa ribollire le budella. E stasera non c'è solo l'apologia di Formigoni ma una proposta politica che abbiamo il dovere di incarnare".

Infine, è la volta di Formigoni. E allora tutto cambia. Tra la commozione e qualche risata per gli aneddoti divertenti, l'ex presidente torna Celeste, ritto in piedi sul palco. Celeste e perseguitato. Senza macchia né errori. "I miei legali mi hanno ordinato di tenere il low profile. La testimonianza di chi mi ha preceduto ha dato visibilmente prova che l'operato della Regione era di una squadra, altro che uomo solo al comando". (E dunque, sottinteso: perché sono stato condannato solo io?).

E ancora: "Ho fatto errori, ma il metodo di condivisione e di lavoro comune ha permesso di correggerli. E allora, perché tutto questo sta succedendo?". La domanda introduce uno schema ideologico ben preciso, che è quello del "discorso del perseguitato". "Il perché? Perché ho dato fastidio, molto fastidio. Pensate che l'aver chiamato i privati in un mondo di statalismo imperante sarebbe stato perdonato? Abbiamo messo la dinamite sotto lo statalismo della scuola, con le paritarie. Pensate che questo non abbia dato fastidio? Il fondo Nasco ha minato dall'interno la legge 194, perché nel loro disegno l'aborto doveva essere banalizzato. E invece no. Pensate che questo non abbia dato fastidio? Eluana Englaro: come giunta ci siamo opposti che un nostro ospedale la facesse morire di fame e sete. Pensate che ce l'avrebbero perdonato? Non ce l'hanno perdonato, non me l'hanno perdonato. Non abbiamo fatto del male ma del bene. Crediamo che il bene trionferà, non lasceremo calpestare la verità". Applauso lungo, lui scende dal palco e si commuove. Poi l'invito a prendere il foglio con l'IBAN. La parte dell'orgoglio è finita, arriva quella della disperazione.

fabio.massa@affaritaliani.it

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