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Milano
Delpini, prima messa di Natale a San Vittore: "Carcere diventi luogo di luce"
Mario Delpini: Messa di Natale in San Vittore (foto: www.chiesadimilano.it)

Natale, la messa del cardinale Mario Delpini nel carcere di San Vittore


Il primo Natale del nuovo arcivescovo di Milano Mario Delpini è iniziato con la messa nel carcere di San Vittore, alla quale i detenuti per l'occasione hanno assistito mescolati agli altri fedeli, tra agenti di Polizia penitenziaria, i volontari, le religiose, gli operatori. Presente anche il neo direttore del penitenziario Giacinto Siciliano, il presidente del tribunale di sorveglianza di Milano Giovanna De Rosa, il sindaco Giuseppe Sala, il vicesindaco Anna Scavuzzo.

Delpini ha quindi proseguito la giornata con la Santa Messa in Duomo e con la visita all'Opera Cardinal Ferrari per lo scambio di auguri con gli ospiti delle mensa radunati per il pranzo, portando infine il proprio saluto anche nella parrochia della Beata Vergine Immacolata e Sant'Antonio, dove la comunità di Sant'Egidio ha organizzato un pranzo per più di 400 persone di 23 nazionalità diverse.

 

Questi il contenuto dell'omelia di Delpini recitata nel carcere di San Vittore, come riportato dal sito della Diocesi milanese.

Oggi è la festa della luce. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Festa della luce perché il Verbo si è fatto carne. Lui è la luce del mondo, per lui il mondo è stato fatto, lui è venuto nel mondo per rivelare che il mondo è fatto di luce, che ogni storia è avvolta di luce. Ciascuno di noi può dire: “Tu che cammini in un tratto di buio che può essere la tua cella, la tua solitudine, la tua sofferenza, hai ricevuto il dono della grande luce”», dice, infatti, Delpini.

Una luce che visita il popolo degli “invisibili” «quelli che sono immersi nelle tenebre, il popolo dei dimenticati, che sono segregati e separati dagli affetti più cari e dalle attività più ordinarie». Splendore che rende chiaro, come in un’alba, l’orizzonte dell’esistenza, permettendo di rincominciare e che «si rivela, con la stessa forza liberatrice, dentro e fuori dal carcere».

Bellezza che illumina, ma che «non è una luminaria esteriore, semmai è una specie di carezza dell’anima capace di entrare in quella camera segreta dove abita la verità più profonda e misteriosa di ciascuno». La dove esitiamo ̶ suggerisce l’Arcivescovo ̶ ad entrare per il timore di scoprire che «la nostra verità è brutta, che ci sono buone ragioni per vergognarci della nostra vita e che, ad essere sinceri, non meritiamo di essere stimati e amati».

Mentre, al contrario, nessuno ha il diritto di disprezzare se stesso perché ognuno è figlio del Dio che ha stima di noi. Per questo «la presenza di Cristo non è solo un sentimento, per quanto profondo ed emozionante, ma è splendore che avvolge la storia dell’umanità» e quella personale che, magari, diviene «una ricostruzione per dimostrare che abbiamo avuto ragione e che, se abbiamo fatto qualche cosa di male, questo è dovuto alle circostanze in cui ci si trovati e alla cattiveria altrui». O che, invece, è storia «segnata dal peso di ciò che è stato fatto, dal rammarico per quello che non siamo riusciti a fare, dal senso di colpa per quello che è andato male».

Appunto quando la vicenda della vita «pesa addosso come una condanna, un rimorso, un destino ostile». Le parole fendono un silenzio di dolore che pare palpabile, quando Delpini aggiunge: «La luce di Gesù non fa diventare giuste le cose sbagliate, ma semina in ogni storia una vocazione alla santità, una chiamata all’audacia di ricominciare, una gioia di liberazione per lasciarci abbracciare dalla misericordia che perdona e si fa perdonare, che ricostruisce ciò che è stato distrutto».

Da qui una sorta di Inno finale, «canto alla luce, la presenza amica che visita ogni luogo della terra e vi stabilisce una presenza permanente, fedele con la fierezza di chiamare Dio “Abbà, Padre”, con un’amicizia che nulla può spezzare». Infine, ancora qualche breve augurio viene dal direttore Siciliano: «Per noi la presenza dell’Arcivescovo è un momento molto importante. Qui ho visto tanto dolore e disagio, ma anche voglia di fare, volontariato, operatori di grande professionalità. Mi piacerebbe che il carcere fosse un luogo di ascolto, di confronto e di crescita, nel rispetto delle differenze e di ciascuno. L’augurio più grande è che si possa lavorare insieme perché questa Casa diventi, appunto, un luogo di luce nel centro di Milano».

Gli fa eco la presidente De Rosa che cita il messaggio inviato ai detenuti dall’Arcivescovo ̶ appena consegnato a tutti ̶ , notando che «in questo momento si sono aperte e le porte dei Raggi (in senso concreto) e questo è un segno» «Nel Discorso di Sant’Ambrogio ho chiesto di coltivare un’arte del “buon vicinato”», conclude monsignor Delpini prima della visita ad alcuni Reparti tra cui il “Clinico”. «Penso che qui si metta a dura prova lo stare vicino con persone che non si sono scelte e con le quali si divide uno spazio ristretto, ma vi chiedo che facciate di questo Carcere un luogo dove si pratichi l’arte del buon vicinato. La benedizione del Signore non sta chiusa dentro i muri e le sbarre, tutti siamo benedetti da Dio»

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