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Milano
Droga e violenze sessuali, Genovese: "Voglio disintossicarmi"
Alberto Genovese

Droga e violenze sessuali, Genovese: "Voglio disintossicarmi"

Eyes Wide Shut sotto la Madonnina. Ma piu' che un film si e' rivelato un horror la festa a base di sesso e droga a casa di Alberto Maria Genovese, 43 anni, fondatore di Facile.it, noto sito di assicurazioni, startup da decine di milioni di euro da cui e' uscito nel 2014. Un incubo soprattutto per una ragazzina di 18 anni, presunta vittima di uno stupro "ripetuto e cruento" nella notte del 10 ottobre, nell'appartamento dell'imprenditore in via Torino, a pochi passi dal Duomo. A ricostruire l'accaduto gli investigatori della squadra Mobile di Milano, coadiuvati dalla Scientifica, con il coordinamento della pm Rosaria Stagnaro e dell'Aggiunto, Maria Letizia Mannella: le accuse formulate sono di violenza sessuale, lesioni, spaccio e sequestro di persona. Nelle poche pagine del decreto di fermo, tutto l'orrore di un mondo dove sballo e sesso sembrano essere il centro di tutto, e dove le ragazze - tante quelle che passavano per i festini - da protagoniste, diventavano vittime.

La notte da incubo del 10 ottobre

Almeno in un altro caso - oltre a quello che ha dato avvio alle indagini - la dinamica era la stessa: imbottire le donne di un mix di cocaina e chetamine per "stordirle immediatamente" e quindi abusare di loro per ore, fino a che non tornavano coscienti. Cosi' sarebbe accaduto anche alla ragazzina, dal cui racconto e' iniziata la trama che ha guidato gli inquirenti. Tutto comincia la notte del 10 ottobre: la 18enne si presenta alla festa con un'amica, che poi nella testimonianza alla polizia avrebbe raccontato: "Una volta arrivate al palazzo all'ingresso c'era un buttafuori che ha chiesto i nostri nomi ed ha controllato che fossimo nella lista degli invitati. Ci hanno accompagnato all'ultimo piano, dove abbiamo lasciato i nostri telefoni all'ingresso: lasciare il telefono e' la regola in queste feste di Genovese". Dalle memorie offuscate dei partecipanti sembrerebbe infatti che accedere alla piscina con vista Duomo fosse qualcosa di esclusivo, dove nessuno poteva filmare o fare foto, e che una volta all'interno della casa ogni freno inibitore sarebbe crollato. Complice la droga: in quelle feste arrivava a fiumi "distribuita su piatti neri, gratuitamente, per tutti". Protagonista non solo la cocaina, ma anche la 2cb, o 'coca rosa', una sostanza chimica molto piu' potente della polvere bianca e costosissima (un 'punto da 0,15 arriva a costare 400 euro) prodotta in Sudamerica per 'clienti selezionati'.

L'accertamento dello stupro e le indagini

"Genovese e' solito fornire la cocaina che si usa alle sue feste e so per certo che spesso la taglia con la chetamina, questo lo so perche' faccio uso sporadico di entrambe e ne riesco a distinguere gli effetti", avrebbe raccontato ancora agli investigatori una giovane testimone. Secondo la ricostruzione, la notte del 10 ottobre la 18enne sta per andare via, quando viene trattenuta e chiusa in camera del padrone di casa. A sorvegliare fuori dalla porta un bodyguard (elemento che configura il sequestro di persona) che non consente alle amiche neanche di avere notizie. E' dentro la stanza da letto che si susseguono le sevizie: ammanettata, legata mani, piedi e collo, costretta a drogarsi ancora, nonostante implorasse "basta". Totalmente incosciente e sottoposta a diverse pratiche, la ragazze riprende i sensi soltanto la sera dopo, svegliandosi con lividi e ferite in tutto il corpo. Ma Genovese la caccia in strada, semisvestita e con una sola scarpa: "L'altra me l'ha lanciata dalla finestra della camera insieme ad una banconota da 100 euro", confessa agli investigatori. A soccorrerla sul posto una volante del commissariato di zona. E il 118 che la porta alla Mangiagalli, dove viene accertato lo stupro e scatta la denuncia, oltre ad un certificato di prognosi per 25 giorni. Solo il 12 ottobre il racconto davanti alle forze dell'ordine. Partono le indagini: per prima cosa una perquisizione in quella Terrazza Sentimento (cosi' faceva chiamare la casa da sogno con un hashtag anche sui social) ora sotto sequestro. In casa i poliziotti trovano un emporio della droga, anche in forma liquida, e la Scientifica individua tracce biologiche che confermano il racconto della vittima. Da provare la presenza della 'droga dello stupro', benzodiazepine che fanno perdere i sensi, anche se "girava voce - prosegue un altra testimone a verbale - che Genovese mettesse 'roba nei bicchieri'".

Il tentativo di depitare le indagini

L'imprenditore avrebbe tentato di depistare. Perche' se nessuno era autorizzato a riprende i festini, sa bene che tutta la casa e' cosparsa di telecamere di videosorveglianza e soprattutto "la camera padronale". Per questo avrebbe intimato ad un collaboratore di eliminare tutto, chiamandolo al telefono: "Pialla quelle registrazioni adesso, passa un distruttore dei file, una cosa permanente", gli chiede, in modo che tutto sia "cancellato non recuperabile". Ma l'operazione non va a buon fine e le immagini restano, a disposizione dell'ag. Il 43enne, secondo gli investigatori, che contestano il pericolo di fuga, avrebbe avuto intenzione di allontanarsi: il 5 novembre, giorno prima dell'arresto, va all'Ufficio immigrazione della questura per farsi dare il passaporto. Poi al telefono con la madre confessa: "Domenica saro' ad Amsterdam e da lunedi' in Sudamerica, tanto con il jet privato non ho problemi negli spostamenti".Ipotesi di fuga scoraggiata dagli agenti, che su di lui nel frattempo avevano raccolto altre testimonianze. Come quella di una donna che si e' fatta avanti solo dopo aver appreso della prima denuncia: anche lei vittima dello stesso copione, quest'estate in una festa in un'isola spagnola: "Da quando sono entrata in camera e ho tirato una striscia di stupefacente di colore rosa che io pensavo fosse 2cb, non ricordo piu' nulla". E illustra il fatto che l'entourage dell'imprenditore era a conoscenza "che lui spesso esagerava". Una presa di coscienza che sembra aver toccato anche il protagonista, per il momento al carcere di San Vittore.

Genovese: "Voglio disintossicarmi"

Nelle dichiarazioni spontanee davanti al gip Tommaso Perna, ieri mattina, ha ammesso: "Voglio disintossicarmi, perche' da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale. Curatemi". Dispersi in quei fiumi di droga ci sono anni di successi, dalla Bocconi ad Harvard, dagli investimenti in aziende digital, come Prima assicurazioni, alla cosmetica con Abyby: una carriera fortunata che gli ha guadagnato il titolo di 'business hero' per le riviste specializzate.Genovese ha chiesto i domiciliari a casa della madre o della compagna. Ora il giudice ha tempo fino a domani mattina alle 11.30 per depositare la sua decisione sulla misura cautelare.

Violenza sessuale: gip, vittima Genovese come bambola di pezza 

"Genovese ha agito prescindendo dal consenso della vittima, palesemente non cosciente per circa la meta' delle 24 ore trascorse con lui, tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita, spostato rimosso, posizionato, adagiato, rivoltato, abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza". Sono le parole del gip, Tommaso Perna, nel provvedimento in cui convalida il fermo per Alberto Maria Genovese, il top manager 43enne accusato di violenza sessuale, lesioni, sequestro di persona e spaccio, dopo un'indagine della Mobile di Milano, coordinata dalla pm Rosaria Stagnaro e Maria Letizia Mannella. Nella sua "Terrazza sentimento" le feste a base di sesso e droga a fiumi si susseguivano con cadenza quasi settimanale, recando disturbo ai vicini: al termine di una di queste l'uomo ha violentato ripetutamente una ragazza di 18 anni, che ha poi denunciato, dando avvio alle indagini. Secondo il gip, quando la vittima "ha ripreso un barlume di lucidita', iniziando ad opporsi e a manifestare esplicitamente il suo dissenso, fino ad implorare il suo aguzzino di fermarsi, non e' stata ascoltata dal carnefice che, imperterrito, ha proseguito nella sua azione violenta, continuando a drogarla e a violentarla". Il giudice cita poi una sentenza della Corte di Cassazione in cui si spiega che per contestare l'aggravante della 'narcotizzazione della vittima, e' necessario che l'assunzione, da parte della vittima, di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti sia stata provocata o agevolata dall'autore', come in questo caso. Con parole piene di sensibilita', inoltre viene ricordato che la diciottenne era a un certo punto "totalmente inerme" e non "mostrare alcuna resistenza, e soprattutto, alcuna compartecipazione" agli atti sessuali violenti a cui veniva costretta

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