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Ecco perché lo stadio va fatto. E' sul come il dibattito. Il commento
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Ecco perché lo stadio va fatto. E' sul come il dibattito. Il commento

Di norma e regola, delle domande di Carlo Monguzzi, consigliere comunale e uno dei più grandi professionisti della politica milanesi (considerato che bazzica tra le ricche aule di Regione Lombardia e quelle assai meno ricche di Palazzo Marino da una vita), uno se ne farebbe una ragione. Ma stavolta, considerato che le sue domande sono anche quelle di gran parte dei milanesi, sarà bene provare ad azzardare a dare una risposta. Con una cautela: anche quando tutti erano entusiasti dei progetti di Milan e Inter, Affaritaliani.it Milano ha sempre sollevato enormi dubbi. Per come era impostata la "trattativa", almeno all'inizio, e per l'arroganza a tratti insopportabile, nella gestione delle situazioni da parte dei club. Poi però, pian piano il Comune tra una voce grossa e una stretta di mano, ha rimesso le cose in carreggiata e oggi il progetto è assai diverso da quello iniziale, e molto più bilanciato.
Eppure nessuno ha dato con chiarezza estrema una risposta ad alcune domande che Monguzzi ripropone sul suo status di Facebook. Eccolo:
"Io sulla vicenda San Siro ho solo una domanda.
Perché?
Perché abbandonare uno stadio che fa parte della storia popolare di Milano?
Perché sostituirlo con uno stadio che popolare non sarà?
Perché consumare nuovo suolo in una città che, giustamente, ha dichiarato l'emergenza ambientale?
Perché costruire un nuovo spazio commerciale quando il commercio già soffre?
Perché costruire nuove case accessibili solo a pochi?
Ma, soprattutto, perché fare una cosa inutile che toglie più voti di quanti ne porti?"

Ovviamente non è una domanda sola. All'ultima, che è puramente elettorale, si può rispondere che le scelte non si fanno per il vantaggio  delle urne, altrimenti stiamo freschi e andiamo avanti a colpi di redditi di cittadinanza e sussidi vari. Le altre sottintendono tutte a un pregiudizio: le squadre ci guadagnano, Milano no. Ecco, questo è profondamente sbagliato. Partiamo da un dato di fatto: Milano nel mondo è conosciuta anche per la Madonnina, per il Duomo, per il Cenacolo o per Leonardo. Ma prima di tutto per le sue due squadre di calcio. E' un fatto, e basta guardare studi e ricerche in questo senso, se proprio non si vuole andare all'estero.

Dunque, avere due squadre che sappiano performare bene, vuol dire promuovere l'immagine di Milano. Le squadre, considerato che Moratti e l'orrido (per Monguzzi) Berlusconi hanno venduto a fondi esteri, devono trovare una sostenibilità finanziaria che permetta loro di tornare a vincere e via con il circolo virtuoso. E questa sostenibilità passa da uno stadio di proprietà e altri immobili che possono essere usati per "fare leva". Questo vuol dire che le squadre vogliono a tutti i costi un investimento immobiliare. Ed essendo le squadre, come ha spiegato il sindaco nell'ultima conferenza stampa, delle società private e non soggette a controllo pubblico, possono decidere di andare via da Milano e magari andare a Sesto, dove troverebbero ponti d'oro. Così Milano si troverebbe con uno stadio enorme, da ristrutturare, senza nessuno che lo usi e dunque che paghi l'affitto. Certo, le società sarebbero "scomode" a Sesto. Ma se Milano chiude la porta come vorrebbe Monguzzi, non avrebbero altra scelta. Quindi sì, lo stadio va fatto. E' il come, l'oggetto del contendere. Non il perché. Che strano che Monguzzi non l'abbia capito.

fabio.massa@affaritaliani.it
 

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