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Milano
Editoria cattolica, guai e gioie: Famiglia Cristiana digiuna, Avvenire cresce
Editoria cattolica: Famiglia Cristiana e Avvenire

di Domenico Cameccia

I tempi d’oro sono finiti e ora i suoi giornalisti hanno digiunato e scioperato. Dagli anni in cui Famiglia Cristiana, 87 anni di storia del giornalismo cattolico italiano, tirava un milione e mezzo di copie, alle 800.000 circa dell’estate 2010 (precisamente 715.797), oggi siamo caduti a circa 300.000. Un crollo che già negli anni 2000 aveva visto finire sul banco degli imputati l’ex direttore Antonio Sciortino (al timone fra il 1999 e il 2016), accusato di un comportamento ondivago con i suoi editoriali e le sue uscite mediatiche sul settimanale cattolico più influente. Famiglia Cristiana in questi anni ha chiuso varie redazioni (Roma, Torino, Venezia, Bologna), e nell’agosto di quest’anno (dati ADS) la voce: “Vendita canali formato standard” assommava a 133.633 copie e 126.574 abbonamenti pagati. Omaggi 1.927 e 400 abbonamenti gratuiti. A novembre 2016, sempre ADS stampa indicava 283.027 copie diffuse

Ma dal 1999 al 2008 la perdita di lettori è stata pari a 300.000 (fonte: Il Tempo) e 26 milioni di euro. Giunto al pareggio nel 2015, il Gruppo Editoriale San Paolo prevedeva un margine operativo positivo e si puntava sui prodotti di alto profilo.

Certo, a influire negativamente è anche il fatto che in Italia si legge sempre meno e il numero di praticanti è sceso. Dati Istat alla mano (fonte: Il Giornale), se nel 2007 una persona su tre dichiarava di frequentare i luoghi di culto almeno una volta alla settimana, oggi la percentuale è scesa al 25,7%. Non solo: nel segmento d’età tra i 18 e 24 anni, la pratica è scesa del 30% nel 2016 ma è aumentata nella fascia 55-59. Il calo più ridotto si verifica nel range 40-50, con solo il 10%. In chiesa ogni domenica vanno il 40% degli anziani, rispetto al 25% della fascia 45-60, rispetto al 15% dei giovani tra i 18 e 29.

E che l’emorragia di lettori non si stia arrestando lo dice pure l’Ucsi, Unione cattolica stampa italiana. Il 24 novembre 2016, sul sito dell’Unione osserva Franco Maresca:

In cinque anni, dal 2011 al 2015, i principali nove gruppi editoriali italiani hanno perso il 32,6% del fatturato (-1,8 miliardi), accumulato perdite per due miliardi e ridotto la forza lavoro di oltre 4.500 unità, scendendo a 13mila dipendenti. Lo afferma una ricerca dell'ufficio studi Mediobanca sul settore, con un trend nel taglio dei dipendenti che starebbe proseguendo anche quest'anno. Solo Cairo e L'Espresso sono in utile.

In cinque anni le vendite di quotidiani sono scese di un milione di copie: da 2,8 a 1,8 milioni (-34%). La situazione particolare è ovviamente differenziata rispetto al dato aggregato: Cairo e L'Espresso sono in utile nel quinquennio e Mondadori è vista tornare a un risultato positivo quest'anno. La struttura finanziaria è solida a livello aggregato (nel 2015 i mezzi propri sono in media 1,5 volte i debiti finanziari), ma di nuovo differenziata: Cairo non ha debiti, Rcs un'esposizione di oltre 5 volte superiore ai mezzi propri, Caltagirone Editore una liquidità oltre 4 volte l'esposizione finanziaria.

La diffusione dei quotidiani continua a calare in Italia (-33% nell’ultimo quinquennio e -9% rispetto al 2014), più che in Europa (-23,8% e -4,7%).

L’unico giornale cattolico che dia buoni risultati, per ora, è Avvenire, il giornale dei vescovi italiani. A settembre faceva 108.000 copie, 118.616 ad ottobre. Una crescita di quasi il 10%, condivisa insieme alla corazzata per eccellenza del giornalismo italiano: il Corriere della Sera che ne fa 298.722 contro i 297.000 di settembre.

Quale futuro? Il Vaticano ha unificato tutti i suoi mass media in un unico portale, che sarà www.vaticannews.va. A gennaio sarà accorpato anche l’Osservatore Romano. Tutto sotto la direzione editorale del Dicastero, la Segreteria vaticana per le comunicazioni guidata dal minaese monsignor Dario Viganò. Che il futuro sia davvero questo? Intanto i colleghi di Famiglia Cristiana aspettano e sperano.

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