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Milano
Europee: si è parlato (troppo) di sicurezza e troppo poco di giustizia

di Guido Camera, avvocato

Siamo ormai agli sgoccioli della campagna elettorale. Si è parlato tanto (forse troppo) di sicurezza, e molto poco (anzi, niente) di giustizia. O meglio, la giustizia ha rivestito un ruolo importante nell’ultimo periodo: ma solo nelle pagine delle cronache – a causa delle tante indagini contro amministratori locali, scoppiate quasi contemporaneamente in molte regioni di Italia - e non in progetti di politica giudiziaria da proporre agli elettori. E’ un vero peccato, perché la giustizia non è una materia da convegno, ma un aspetto essenziale per il buon funzionamento della società, visto che è la garanzia indispensabile per il rispetto e lo sviluppo dei diritti, individuali e collettivi. Il tema deve essere centrale, soprattutto per chi si candida a rappresentarci in Europa.

Cercherò di spiegare il mio punto di vista.

Bisogna, prima di tutto, avere politiche comuni all’interno dell’Europa in materia di contrasto alla criminalità: si tratta di un passaggio fondamentale per garantire sicurezza e libertà. Ciò significa – tradotto in termini pratici – che si deve investire sempre di più in strumenti di cooperazione giudiziaria su tutto il territorio europeo, nel contempo agevolando flussi costanti di comunicazione e condivisione di informazioni tra le forze dell’ordine e la magistratura dei vari Stati. Chiudersi in casa propria non è la ricetta per difendersi dal crimine: in un mondo sempre connesso al web, dove tutto (nel bene e nel male) è condiviso tra tutti, i traffici più pericolosi proliferano telematicamente e devono essere combattuti in tempo reale. Questo è un aspetto essenziale perché veramente si possa parlare di politiche concretamente volte al raggiungimento di alti standard in materia di sicurezza. Bisogna prendere atto che la criminalità, ormai, è un fenomeno globale che non si può combattere se non si adottano strumenti che, a determinate condizioni, siano sottratti alle tradizionali forme di sovranità territoriale che fondano l’attuale codice penale. Questo vale in molti settori: il terrorismo, il traffico di umani e di droga, la criminalità organizzata, l’evasione fiscale, la corruzione e anche i reati collegati al mondo dello sport. Questi non sono più solo problemi locali: pensiamo agli hooligans - che fanno notevoli danni, a cose e persone, seguendo in trasferta all’estero le proprie squadre - al doping o alle scommesse clandestine, che commettono le frodi in Italia ma vengono spesso gestite dall’estero grazie al web. Lo sport è una parte essenziale per il nostro sistema economico e sociale, se non lo tuteliamo anche in questo modo non potremo più rammaricarci se una squadra italiana non vince la Champions!

Lo stesso discorso vale per le autorithy indipendenti europee, che vanno incoraggiate attribuendo loro un effettivo ruolo di terzietà e autorevolezza, perché possano garantire trasparenza nell’applicazione delle regole ed evitare l’accentramento di potere economico in capo a pochi operatori, la cui forza incontrollata può diventare una forma di influenza per le istituzioni molto più pericolosa della “mazzetta” data a un amministratore locale per una variante edilizia. Guardiamo la partita geopolitica tra Usa e CINA che, in questi giorni, sta ruotando intorno allo scontro commerciale tra Google e Huawei. In tutto questo l’Europa cosa pensa di fare? Ma soprattutto, ha la forza per fare qualcosa? Non lo so: di certo l’Italia, da sola, rischia solo di essere terra di scorribanda.

Nel contempo, tuttavia, i paesi europei che vogliono beneficiare di questa agevolazioni in ottica di prevenzione e repressione dal crimine anche all’interno dei propri confini, devono garantire il rispetto di principi fondamentali come la presunzione di innocenza, l’onere dell’accusa di provare la responsabilità di un imputato al di là di ogni ragionevole dubbio, la ragionevole durata dei processi, la prevedibilità delle conseguenza che una determinata condotta può comportare, il divieto di essere processato due volte per lo stesso fatto e il sacrosanto diritto per l’accusato di poter sempre beneficiare di una difesa tecnica adeguatamente preparata, libera e indipendente. Sembrerebbero per noi dati culturalmente acquisiti (almeno, spero), ma se si spulciano i massimari della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ci si rende conto che molti paesi europei (la maggior parte dei quali provenienti dall’Europa orientale) sono estremamente refrattari al rispetto di questi principi. Chi vuole sedersi al tavolo con noi, a mio giudizio, deve uniformarvisi. Altrimenti non avremo mai garanzie – ad esempio – che un imprenditore italiano che va a lavorare in un altro Stato europeo non possa subire lesioni dei propri diritti strumentali a favorire un operatore nazionale.

Ma c’è un altro punto sul quale non si possono fare concessioni: non si può pensare che una rinuncia, anche momentanea e parziale, ai principi che ho prima individuato possa essere un sacrificio accettato in nome della sicurezza. Sarebbe un errore madornale: quello che noi, al contrario, dobbiamo pretendere da chi si candida a governarci è che - attraverso la qualificazione delle risorse e delle istituzioni, e stringendo accordi internazionali nei termini di cui sopra – ci offra un sistema giudiziario caratterizzato da alta professionalità, efficienza e rispetto dei nostri diritti, in Italia e in Europa. Del resto, l’esperienza recente ci insegna che gli inasprimenti delle leggi penali non hanno risolto i problemi (vedi la corruzione) per cui erano state invocate.

L’ultimo tema che mi sta a cuore riguarda la giustizia civile e tributaria: questa è forse la sfida più difficile, soprattutto per garantire lo sviluppo economico. Sostenere le nostre imprese significa metterle in condizione di competere, in Italia come all’estero, con il mercato globale. In questo percorso, avere una giustizia civile e tributaria che si uniformi ai più elevati standard d’Europa, e che non sia invece un terno al lotto, per di più infinito, credo valga numerosi punti di PIL: e, cosa più importante, può essere il migliore viatico per suscitare fiducia nel futuro, benessere diffuso e solidità internazionale, delle imprese italiane e del nostro paese.

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    elezioni europee

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