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Fallimento Mercatone Uno, indagati anche tre commissari
Mercatone Uno

Fallimento Mercatone Uno, indagati anche tre commissari

La Procura di Milano ha chiuso, in vista della richiesta di processo, anche il secondo filone di indagini per bancarotta fraudolenta sulla vicenda con al centro Shernon Holding srl, società che gestiva 55 punti vendita di Mercatone Uno e che aveva oltre 1800 dipendenti e poi dichiarata fallita nel maggio 2019, con "un passivo accertato" di "95 milioni e 631mila euro".

Mercatone Uno: cinque indagati tra cui i tre commissari

Tra i cinque indagati, nella tranche coordinata dai pm Luca Gaglio e Roberta Amadeo e dall'aggiunto Laura Pedio e condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, figurano Valdero Rigoni e Michael Thalmann, ex amministratori di Shernon, ma anche Ermanno Sgaravato, Stefano Cohen e Vincenzo Tassinari, in qualità di "commissari straordinari" all'epoca "del Gruppo Mercatone Uno", che era stato ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria.

Mercatone Uno: i commissari hanno "simulato il rispetto" dei contratti per la continuità aziendale

Come era emerso quando la Gdf aveva effettuato perquisizioni nel marzo 2021, questo filone di indagini ha visto al centro un accordo, articolato in più contratti collegati, che risale al 2018 e che ha avuto tra i protagonisti l'amministrazione straordinaria del gruppo Mercatone Uno, a cui faceva capo la catena di supermercati, con i suoi tre commissari, e gli amministratori della Shernon. Gli indagati, secondo l'accusa, avrebbero "simulato il rispetto" del provvedimento autorizzativo del Ministero dello Sviluppo Economico, "del parere del Comitato di Sorveglianza" e del contratto preliminare del 2018 ma, nella sostanza, avrebbero, invece, realizzato "un'operazione che sin dall'origine" non sarebbe stata idonea a garantire "la continuità aziendale" di Shernon, riferisce Ansa.

In particolare, avrebbero sottratto a Shernon "le rimanenze del Gruppo Mercatone Uno" che rappresentavano "l'unica risorsa con cui Shernon avrebbe potuto generare i flussi di cassa idonei a garantire nell'immediato la gestione ordinaria", aggirando "il divieto di cessione delle rimanenze a soggetti terzi diversi da Shernon imposto dal Ministero".

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