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Milano
Gori lancia il comitato per il sì. E Pizzul quello per chiedere primarie
Giorgo Gori e Fabio Pizzul

di Fabio Massa

Una sfida nella sfida. Mosse e contromosse. Certo è che Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e possibile candidato presidente in Regione Lombardia continua a seguire la propria linea sulla questione del referendum d'autonomia. Il numero uno della città bergamasca ha dato vita a un "comitato senza bandiere" per dire sì al referendum di ottobre. "I sindaci del centro sinistra delle più importanti città capoluogo della Lombardia, Milano, Bergamo, Brescia, Lecco, Varese, Mantova, Cremona, Pavia e Sondrio, hanno deciso di dare vita a un comitato senza bandiere e aperto al civismo fortemente radicato in Lombardia, che nei prossimi mesi illustrerà le ragioni concrete per cui andare a votare Sì al referendum di ottobre", viene reso noto in un comunicato ufficiale. E ancora: “L'autonomia e i benefici per la crescita e il lavoro per tutti non possono essere strumentalizzati da una parte politica che ha isolato fino ad ora la Lombardia – dichiarano i sindaci del comitato - Per questo diciamo un sì convinto e ci organizzeremo perché il referendum sia una vittoria di tutti i lombardi e non una bandierina di una parte. Il comitato si presenterà pubblicamente l’11 luglio a Varese. In questa occasione verranno spiegate le ragioni della scelta di votare sì”.

Intanto, sempre sul fronte regionali e referendum, si registra un grande attivismo anche di Fabio Pizzul. Il consigliere regionale aveva annunciato in tempi non sospetti, e lo ha ribadito recentemente, la propria disponibilità a partecipare ad eventuali primarie (nel caso, si scontrerebbe con Gori). Ora diffonde un documento firmato da Paolo Cova, Francesco Prina, Angelo Senaldi, Laura Barzaghi, Luca Gaffuri, Gian Antonio Girelli, Marco Granelli e Roberta Osculati. "Il risultato elettorale delle amministrative indica la difficoltà del PD in Lombardia a imporsi rispetto a un Centro Destra unito. Non risulta indifferente il ruolo dei Cinquestelle, i cui simpatizzanti nei ballottaggi si sono orientati a Destra, in una rinnovata alleanza di ‘tutti contro il PD’. Cosa significa questo per la Lombardia? Per l’avvicinarsi della sua scadenza elettorale? Si può ricreare e consolidare un rapporto fiduciario fra PD, territorio, mondi vitali capace di trasformarsi in un consenso elettorale? Crediamo innanzitutto occorra una riflessione profonda, non rassegnata alla sconfitta", scrivono i firmatari.

"Occorre allora elaborare contenuti e prospettive e andare al di là delle sole critiche spicciole alla Giunta Maroni per lanciare un progetto credibile, comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Per questo crediamo che le primarie siano uno strumento valido, anche se non scontato. Quando diventano modalità di resa dei conti interni o formalità di decisioni già prese dal ceto politico, possono risultare addirittura controproducenti; ma quando le primarie si allargano creano reale partecipazione. Primarie aperte, quindi, senza aspettare le decisioni di Maroni, a cui non possiamo concedere di dettare i tempi delle elezioni con l’unico obiettivo di difendere il proprio interesse personale e di rendere difficoltosa la riorganizzazione dell’area progressista. Ogni scadenza ha le sue regole elettorali: per la Regione si voterà con un proporzionale con forte correzione maggioritaria, in un solo turno. Le primarie possono aiutare a costruire la coalizione larga indispensabile per poter vincere. Le si convochi subito, senza attendere i tatticismi di Maroni", concludono i firmatari. Tra i quali, osservano i più maliziosi (includendo anche Pizzul che non l'ha firmato solo per evitare "conflitti di interesse", visto che è candidato), ci sono i più votati di Milano, Brescia e Monza.

fabio.massa@affaritaliani.it

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