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“Il cervello che non voleva fuggire”: la storia di Ilaria Capua a teatro
Ilaria Capua

“Il cervello che non voleva fuggire”: la storia di Ilaria Capua a teatro

di Giovanna Guzzetti

Il cervello che non voleva fuggire. La vicenda giudiziaria (ma anche umana e scientifica) di Ilaria Capua diventa una rappresentazione teatrale di Davide Verrazzani. In scena domenica 17 giugno 2018, ore 18, presso l’Oltheatre di Peschiera Borromeo. Narrazione ma anche spunto di introspezione nelle intenzione dell’autore, Davide Verrazzani: che cosa ne sarebbe stato di voi se fosse stati investiti, e sommersi, dalla macchina del fango? Good question nell’epoca delle post verità…

Quel cervello non voleva fuggire. Neanche per sogno.  Voleva stare qui, nel suo paese, a fare ricerca, impegnarsi per la salute globale nella sanità pubblica. Sogno? Delirio di onnipotenza? Scollamento dalla realtà? Niente di tutto questo… Il padrone, anzi la padrona, di quel cervello fino a quel momento ce l’aveva fatta. Eccome. Ad affermare contro ogni lobby e/o baronato che la scienza (dall’etimologia latina) è un bene di tutti, che la conoscenza non deve avere barriere e steccati, che deve essere davvero aperta: open source e open access. E ce l’aveva fatta a far sì che il suo pensiero, la sua battaglia, inizialmente donchisciottesca,  li facesse propri nientemeno che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sì proprio quell’OMS che vediamo in campo in prima fila quando scoppiano epidemie e pandemie: Ebola, Sars, Zika.

Una battaglia condotta con il camice in laboratorio, con lo scafandro nei luoghi infetti, con sapiente eleganza sui banchi del Parlamento. Perché Ilaria Capua, sì è di lei che stiamo parlando, non si ferma mai, con lo spirito da leonessa che si riconosce e con cui di definisce non molla mai… Fino a quando non diventa il mostro in prima pagina, una trafficante di virus, una untrice in versione 2.0.

Siamo ben lontani dai tempi della Colonna Infame, siamo solo nel 2014. Un’altra era con l’accelerazione imposta da rete, social e, diciamolo, anche fake news. Questa vicenda ritorna prepotentemente a galla nel 2017 quando lei, Ilaria, pubblica un libro sulla sua intera vicenda umana e giudiziaria dal titolo che suona come uno schiaffo secco “Io, trafficante di virus”, come a dire “mi avete definito così, bene mi presento cosi”. E il libro, la storia e le passioni di una vita, a smontare il castello di accuse, prima ancora che le rendesse giustizia la sentenza del gup di Verona, Laura Donati, il 6 luglio 2016, pronunciata quando Ilaria aveva lasciato da 20 giorni l’Italia, per andare a dirigere un Centro di Eccellenza in uno dei paradisi degli scienziati, gli Stati Uniti. Esattamente nella Università della Florida, a Gainesville.

Questa vicenda diventa una narrazione teatrale, “Il cervello che non voleva fuggire”. Domenica 17 giugno 2018 alle 18 presso l’Oltheatre di Peschiera Borromeo, via don Sturzo. Autore, regista, voce narrante, Davide Verrazzani, 50enne dalla voce vivacissima, interessato a portare in scena storie, delle più diverse epoche.

Questa volta ha voluto dar voce a Ilaria Capua, di cui ha letto il libro dopo averne sorso una recensione. E dal palco chiama a sé (e a raccolta…) il pubblico per sollecitare una riflessione, una introspezione ”ma che cosa sarebbe successo a me se mi fossi trovato in questo girone infernale”? Una domanda per capire che cosa possa scatenarsi in un innocente sbattuto in prima pagina, in un detenuto (anche non fisicamente costretto) in attesa di giudizio… e sembra quasi una coincidenza che si commemorino in questi giorni i 35 anni dalla scomparsa di Enzo Tortora, vittima illustre della macchina del fango.

Ilaria Capua, Enzo Tortora, ma anche Silvio Scaglia e Mario Rossetti, solo per citarne alcuni, sommersi dal fango di una macchina azionata da pressapochisti irresponsabili ma tutti campioni di coraggio nella loro riabilitazione. Che hanno voluto, fortemente voluto, anche per dare coraggio e speranza alle migliaia di negletti invisibili.

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