Arrestati gli assassini di Chinatown. La storia della vittima, Wei, tra malavita e risse a colpi di mannaia. L'intera vicenda e i moventi ricostruiti da Affari

di Fabio Massa


LA FACCIA SCURA
DEL DRAGONE
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Le ultime ore dei killer prima della cattura

Daxue e Yu-hu, le bande si fronteggiano nella città

Storie di ordinaria prostituzione: Affari alla scoperta di Chinatown

La faccia sconosciuta del dragone: prostituzione, aborti e immigrazione clandestina nella ricostruzione di Affari

Il viaggio di Affari nella "pancia" di Milano: ecco come si sono riorganizzate le mafie dopo le inchieste degli anni '90. Con un astro nascente: quella cinese

L'illegalità cinese a Milano, tra gang mafiose e carenze igienico-sanitarie

Feroci, spietati, giovanissimi. Tre aggettivi per indicare la nuova razza padrona di Chinatown, il quartiere con gli occhi a mandorla di via Paolo Sarpi e dintorni. L'identikit perfetto per i due presunti assassini di Wei, il ragazzo trovato ucciso proprio nel cuore di Chinatown. E per la stessa vittima. I due sono stati arrestati nella notte, con un'operazione congiunta da parte della squadra mobile della polizia di Milano e dei carabinieri. Ma le manette, scattate questa notte ai polsi di Shengli Chen, 23 anni e di L.H., 16enne, non chiudono una storia che si colloca in uno scenario tinto di giallo. Tanti i quesiti aperti. Sono davvero loro gli assassini? E con quale movente? C'è qualche connessione con il delitto di un ristoratore del nord milanese? Interrogativi inquietanti, per i quali Affari tenta una ricostruzione che svela un mondo sconosciuto.

LA VITTIMA - Ripercorrere la vita di Wei Zhou, interrotta a 19 anni da colpi di pistola esplosi in pieno giorno, vuole dire rendersi conto di come il Dragone milanese possa avere una faccia violenta. Il volto feroce di una comunità operosa ma piena di contraddizioni. Il padre di Wei è un ristoratore. Ha un'attività regolare, il ristorante Tokio di via Padova, nel nord di Milano. Per il permesso di soggiorno, assume il figlio come dipendente. Ma al "Tokio" Wei non c'è mai, perchè fin da ragazzino entra nel giro delle bande che si spartiscono il controllo della comunità cinese. Il suo arrivo in Italia, infatti, coincide con quello di tanti altre coetanei provenienti dalla regione cinese di Zheijang. Fanno amicizia, fanno gruppo. Fanno branco.

Wei ha un carattere forte e deciso fin dall'infanzia. Tanto che al padre ripete più volte, gettandolo nella disperazione, di non avere intenzione di portare avanti il ristorante ma "di voler diventare un boss". E infatti, in brevissimo tempo, assume il controllo della banda Yu-hu. La più feroce, in città, insieme ai rivali Daxue. I tatuaggi li distinguono, la spartizione delle zone è segnata dal sangue. Del resto, gli affari sono redditizi.


Cose Nostre/ Paolo Sarpi, la Cina (mafiosa) è vicina
Guarda il videocommento di Affari Italiani

(Continua - Gli affari della vittima. L'aggressione a colpi di mannaia)

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"Wei controllava lo spaccio, l'estorsione e la prostituzione. E aveva un Porsche Cayenne e una Mercedes"
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GLI AFFARI - Wei controlla tre attività. Lo spaccio di droga, prima di tutto. Si procura pasticche di ecstasy e chetamina, una sostanza usata per il doping dei cavalli, e le rivende nelle discoteche. La seconda attività è quella dell'estorsione, diffusissima nei confronti delle numerose attività cinesi. E infine la prostituzione, che ha modalità molto precise. Che prevedono l'arrivo di ragazze orientali senza permesso di soggiorno, ridotte in schiavitù con violenze e la minaccia di espulsione.

Gli affari vanno bene, non vive neanche più a casa. Con la sua banda si organizza in ostelli e appartamenti. Vivono tutti insieme, in una decina. Ha due auto: un Porsche Cayenne e una Mercedes di lusso. Il primo "colpo" grosso Wei lo mette a segno a Roma. Una rapina, ancora minorenne. Ma finisce male e viene condannato a due anni di carcere minorile, che sconterà a Bologna. Prima di finire dietro le sbarre, in attesa della condanna, viene gravemente ferito in una rissa. Anzi, un regolamento di conti.

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"Secondo la descrizione degli esponenti delle forze dell'ordine intervenuti e dei testimoni oculari, il braccio rimaneva penzolante ed attaccato al resto del corpo soltanto attraverso brandelli di pelle"
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A COLPI DI MANNAIA - Il 24 settembre 2003 alle ore 18.30 Wei e i suoi uomini si scontrano con i Daxue. Le carte processuali, delle quali Affari è in possesso, raccontano una brutalità che è ormai ordinaria amministrazione per via Paolo Sarpi. Wei viene aggredito "per futili motivi consistiti in scontri intestini tra bande di giovani cinesi rivali, mediante l'uso di coltelli e almeno quattro mannaie". L'altra banda lo aggredisce "urlando "Saike, è lui, ti ammazziamo, ti ammazziamo". Gli cagionano lesini personali consistenti in una vasta ferita da taglio al braccio e alla spalla sinistra, una vasta ferita da taglio dorsale, una ferita da taglio alla gamba destra, una ferita da taglio superficiale al collo, polso e mano sinistra".

L'orrore per strada, in via Bruno angolo via Lomazzo. "Nella circostanza Zhou Wei si trovava in compagnia dei propri amici tra i quali sicuramente Hu Liding, detto Luca, Hu Li Hai, detto Ahe, e Hu Libin. Il gruppo aggressore, stando a quanto riferisce Hu Liding e la stessa persona offesa, si dirigeva con determinazione verso quest'ultima, urlando espressamente e reiteramente "... ti ammazziamo..." e con minaccia di morte intimava agli amici di Zhou Wei di non intervenire in sua difesa - spiegano le carte processuali - Quindi il gruppo si avventava contro Wei, che caduto a terra veniva colpito in varie parti del corpo da colpi di mannaia, riportando una gravissima lesione muscolare alla spalla e al braccio sinistro, tanto che l'arto, secondo la descrizione degli esponenti delle forze dell'ordine intervenuti e dei testimoni oculari, rimaneva penzolante ed attaccato al resto del corpo soltanto attraverso 'brandelli di pelle'. Gli aggressori erano costretti ad interrompere la condotta esecutiva a causa dell'intervento di alcuni esponenti della Polizia Municipale, e conseguentemente, a darsi alla fuga". Poco dopo, come anticipato, Wei finisce in carcere, più morto che vivo, per la tentata rapina a Roma.

(Continua - Gli amici armati. Il movente dell'assassinio e il delitto di Sesto)

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"Wei viene fermato nel 2006. Sulla sua auto due amici armati di tutto punto"
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GLI AMICI ARMATI - Quando esce, Wei ricomincia a vivere pericolosamente. Nel 2006 viene fermato perchè va in piazzale Cadorna a prendere due amici. Sono un ragazzo e una ragazza, di ritorno da Barcellona in treno. I due sono pedinati dalla Polizia di Torino, che li sospetta coinvolti nel tentato omicidio di un ragazzo cinese in una discoteca di Torino. Li fermano nella vettura di Wei. I due vengono arrestati perchè portano armi. Lui, invece, viene trovato con una pistola giocattolo e un coltello.

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"Wei ha un nome di battaglia, 'Franco', rispettatissimo. Per tutti è anche però 'il ballerino', per la sua propensione a scendere sulla pista da ballo"
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LA DISCOTECA - Ma Wei non si scoraggia. Il suo nome di battaglia, "Franco", è rispettatissimo. Per la verità ne ha anche un altro, legato ai suoi affari. Per tutti è anche "il ballerino", per la propensione a scendere sulla pista da ballo, e per quella discoteca a Cinisello Balsamo nella quale organizzava serate cinesi. E proprio quella discoteca, con tutta probabilità, lo porterà alla morte.

A Cinisello Wei è un re. Affittava il locale nel fine settimana e le sue serate richiamavano cinesi da varie parti d'Italia, anche fuori regione. Due degli uomini del "ballerino" sono anche i buttafuori della discoteca. Una sera, il 5 marzo scorso, scoppia una rissa. Non se ne conoscono i motivi, ma Wei e gli altri Yu-Hu iniziano a menare le mani. E non solo queste, visto che prendono a bottigliate dei ragazzi. Altri li bastonano selvaggiamente.

Alla fine arrivano i carabinieri di Cinisello, che identificano tutti i partecipanti alla rissa.Quella sera stessa Wei telefona al suo avvocato, Angelo Pariani, raccontandogli quello che è successo e dicendo che sicuramente ci sarà un processo per direttissima. Il legale, però, non trova gli amici di Wei a processo. Non ci sarà mai, perchè nessuno viene fermato. L'unico a finire in ospedale è il ragazzo preso a bottigliate. Episodio chiuso? No.

IL MOVENTE E GLI ASSASSINI - Certe onte si lavano con il sangue. E' la regola delle gang cinesi, a Milano e nel mondo. E allora parte la spedizione punitiva, che si conclude con l'uccisione di Wei. Il movente sembra chiarissimo. Shengli Chen, nome di battaglia "Rana", 23 anni, avrebbe ammazzato Wei per vendicarsi di quel pestaggio. Sul 16enne, nome di battaglia "Mancino", ancora non ci sono certezze, ma sarebbe anche lui coinvolto nella rissa della discoteca di Cinisello. Anche la sua età desta qualche perplessità. Da un primo esame osseo sembrerebbe avere anche lui circa 20 anni.

La dinamica dell'assassinio è stata ricostruita abbastanza precisamente. Pare che Wei, poco prima di morire, fosse in giro per Chinatown  con cinque amici. A un certo punto vedono passare sul marciapiede opposto i due killer. Subito si allertano, ma poi vedono i due tirare dritti e sottovalutano il pericolo, che invece piomba loro alle spalle. I due, infatti, cambiano repentinamente marciapiede e iniziano a sparare. Decisamente e con precisione, sui due poi effettivamente deceduti. Non c'è proprio la volontà di uccidere gli altri, tanto che uno resta impietrito ma non viene colpito. Secondo le prime informazioni, tra assassini e assassinati ci sarebbe stato anche un contatto precedente l'omicidio. Perchè l'onta della discoteca poteva essere compensata anche pecuniariamente, ma non c'era stato l'accordo. Sheng pretendeva infatti mille euro, mentre Wei era disponibile a darne solo 500.

Tutto chiaro, ma qualche interrogativo resta. Prima di tutto sulla modalità con la quale si è arrivati all'arresto. Chi può aver visto cosa è successo quel giorno a Chinatown, quel brutale assassinio? Chi può aver riconosciuto i due, poi trovati in via Delfico, nella periferia nord di Milano? Con tutta probabilità solo uno di quelli che stava con Wei. Anche perchè il piccolo boss non girava mai da solo. Nel massacro di quel pomeriggio, probabilmente, c'è stato un superstite che è riuscito a scappare e a rifugiarsi in un luogo sicuro.

IL DELITTO DI SESTO - Nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 2006 al ristorante cinese La Cascata si festeggia il compleanno del proprietario. La famiglia si ritrova dopo l'orario di chiusura, a fine serata. Mentre la moglie sta chiudendo il negozio per iniziare la festa una banda di rapinatori la ferma. Viene aggredita e ricacciata nel locale, dove un gruppo di cinesi armato di coltelli minaccia i presenti. Non si sa bene cosa succede in quegli attimi concitati. Forse una reazione. Alla fine il ristoratore resta per terra ucciso. Altri due amici vengono feriti. Sulla vicenda sta indagando la squadra mobile di Milano, che circa due settimane fa arresta un cinese a Prato. Lui non parla. Ma secondo gli inquirenti ci sarebbero connessioni tra quella banda e gli amici di Wei. Quale sia ancora non è chiaro, ma questo mistero è ancora irrisolto...


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