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Milano

Intervista alla Prorettrice della Statale. “Servono alloggi, ma non solo"

Mentre via Festa del Perdono torna ad essere puntellata dalle tende degli studenti in protesta, l’Università di Milano ha organizzato una Giornata del diritto allo studio (https://lastatalenews.unimi.it/giornata-diritto-studio). Il convegno - a cui hanno partecipato docenti, politici e rappresentanze studentesche – è stato fortemente voluto da Marina Brambilla. La prorettrice ai Servizi per la didattica e agli studenti approfondisce con Affari Italiani il tema degli alloggi e le altre sfide che la Statale deve affrontare per sostenere i suoi 64mila studenti.

Prorettrice Brambilla, sono tornate le tende di fronte alla Statale. Come state affrontando il tema degli alloggi per gli studenti?
Sul tema degli alloggi siamo riusciti a ottenere risultati. Quando è iniziato l’attuale governance nel 2018 c’erano 750 posti letto, oggi sono 1180. L’obiettivo del piano strategico iniziale di avere 300 posti letto in più è stato raggiunto. Nonostante ciò, la situazione è drammatica. Sul bando già chiuso per i posti letto nelle residenze abbiamo 2768 nuovi idonei, non domande, ne potremo accontentare solo 322 al netto delle riconferme.

Cosa può fare l’Università?
Ci sono altri progetti in campo, come i 1110 posti su Mind, (il nuovo Campus che la Statale realizzerà nell’ex area Expo), ma non saranno operativi in tempo breve. Il nostro obiettivo è aumentare posti letto. Voglio sottolineare che al momento diamo al diritto allo studio tutti i posti che abbiamo a disposizione. Purtroppo non ci stiamo occupando per nulla degli altri studenti.

Quali?
Sono la stragrande maggioranza degli studenti che giustamente protesta in questi giorni. Quelli che potrebbero permettersi di pagare per un posto a prezzo calmierato, di cui però al momento non c’è disponibilità. Non abbiamo posti in foresteria e non abbiamo posti a pagamento, come invece hanno altri atenei anche in questa città. Eppure sarebbe un sistema di riequilibrio importante per il complesso sistema degli alloggi.

Sono tanti gli studenti non sufficientemente in difficoltà da poter essere tutelati?
Sì, chi si trova appena sopra i requisiti minimi per il diritto allo studio – condizione che garantisce di avere una borsa di studio, un posto letto e stare nella no-tax area - è effettivamente in una situazione molto difficile. Sono studenti triennali e magistrali, ma anche dottorandi e post-doc. Le domande negli anni sono sempre cresciute, arrivando a più di 500 richieste lo scorso anno.

Come si può affrontare in maniera struttura la carenza di alloggi?
Abbiamo seguito tutte le strade. Creando residenze di proprietà, in comodato dalla Regione e in locazione lunga da Aler. E poi abbiamo usufruito dell’accordo coi privati, dopo un’attenta indagine di mercato e all’interno dei vincoli del Pnrr. Che erano stringenti, in quanto richiedevano il reperimento di posti in meno di tre o quattro mesi.

I privati possono essere una soluzione?
L’operazione è stata anche criticata, ma io voglio vederla positivamente. Tramite l’accordo con Hines abbiamo creato 268 posti in una residenza nuova in via Ripamonti. Gli studenti pagano 250 euro al mese, come nelle altre residenze. L’investimento della Statale è stato di solo due milioni e spalmati su nove anni. Il discorso di avversione al privato è ideologico: le università non possono più rifiutare a priori la collaborazione coi privati. Da soli non riusciremo mai a costruire un numero di posti letto sufficiente per soddisfare le richieste.

Perché?
Siamo università, non imprese edili. Finché si tratta di costruire qualche residenza universitaria è un conto. Ma non possiamo stare dietro agli obblighi delle pubbliche amministrazioni in termini di bandi e appalti. Se anche avessimo una disponibilità inimmaginabile di finanziamenti, essendo un ente pubblico verremmo incontro a un’enormità di problematiche della messa a terra.

Qual è l’obiettivo della Statale, da qui ai prossimi anni?
L’ampliamento dei posti letto anche per chi è sopra la soglia del diritto allo studio. E poi c’è un’altra sfida, quella dell’inserimento nel mondo del lavoro. Il placement è molto difficile per i nostri ragazzi. Anche perché quando si laureano devono lasciare le nostre residenze. Ma un giovane lavoratore in stage non riesce a rimanere a Milano. Da qui, il paradosso di vivere in una città che attrae studenti ma è insostenibile per i giovani lavoratori. Il nostro obiettivo è cercare di tenere chi vuole restare.

Come si riesce a favorire il collegamento università-mondo del lavoro?
Non possiamo correre il rischio di perdere attrattività o di trovarci con una popolazione studentesca polarizzata. Da sola l’Università può fare poco. A livello governativo o regionale si dovrebbe pensare a qualche forma di incentivo o voucher per le residenze. Un “bonus affitto” a fronte di un contratto regolare aiuterebbe anche di far emergere anche tanto sommerso. Ricordo che durante la pandemia il Ministero ci aveva dato dei finanziamenti per gli affitti non goduti, abbiamo potuto erogare questo fondo solo a 83 studenti, perché tutti gli altri non avevano contratti in regola.


 

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