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Milano
La Direzione Pd? Chissenefrega. La vera novità è Pisapia a Milano
Giuliano Pisapia

di Fabrizio Barini,
esperto economia e finanza, Partito Democratico milanese

La direzione nazionale del PD non ha fatto lo share di Sanremo ma poco ci manca. Un livello di attenzione sorprendente in un Paese dove le quotazioni della politica stazionano da anni sui minimi storici. Ma l'interesse trova una giustificazione: il destino dell'Italia è nelle mani del gruppo dirigente di questo partito. Con una gruppo parlamentare che non ha eguali nella storia della Repubblica, oltre 400 su poco più di 900, ogni minimo spostamento o fibrillazione ha ricadute immediate sullo stato di salute della nazione. Una responsabilità di cui però i protagonisti non sembrano rendersi conto sino in fondo. Nel senso che ne percepiscono i vantaggi in termini di visibilità, ma molto meno le conseguenze economiche e sociali. Un messaggio deludente che, nonostante la militanza e passione politica, mi ha spinto a non seguire i lavori della Direzione.

Ho partecipato invece, e per pura coincidenza a Roma, alla presentazione del rapporto annuale sulla politica a favore delle startup e PMI innovative. Una cosa di cui dovremmo andare orgogliosi, anche nel PD: in 2 anni di politiche (Governi Letta e Renzi) e 50 milioni di euro di sgravi fiscali, sono state create 7.500 nuove imprese con appena il 5% di mortalità, 35mila occupati di cui 9mila dipendenti, 600 milioni di euro di fatturato. La policy italiana è considerata, dall'unione europea, la seconda migliore del continente. Purtroppo ad ascoltare e discutere di questi risultati non c'era nessuno del gruppo dirigente del PD, ne un parlamentare, ne un componente del governo con la tessera del partito in tasca. E qui sta il punto: il PD, dopo la pesante sconfitta del referendum costituzionale, pensa di raccogliere voti avvitandosi intorno a una discussione sui rapporti di forza interni o piuttosto cercando idee ed esperienze per elaborare una nuova proposta politica per il Paese? Con la decisione di aprire a un Congresso lampo si è scelta, a mio parere, la strada sbagliata.

Ma di fronte ad un’azione c’è sempre una reazione. E Milano si dimostra ancora una volta luogo dove nascono e si colgono più rapidamente i cambiamenti. In uno spazio gremito oltre ogni aspettativa, con una visibile presenza di giovani (ed era San Valentino), Giuliano Pisapia ha presentato la propria iniziativa: Campo Progressista. Una proposta che nei contenuti e nel posizionamento è molto chiara: inclusiva, civica, ambientalista ed europeista. Una sfida lanciata al PD, più che la seconda gamba di un nuovo centro sinistra, che potrebbe avere anche risvolti clamorosi: come la contesa per la leadership stessa del partito. Ma le misure dovrà prenderle anche il Sindaco Sala per il livello di attenzione e partecipazione con cui i milanesi hanno accolto il ritorno sulla scena politica di Giuliano Pisapia. All'orizzonte ci sono quei 9 milioni di italiani, il 30% della forza lavoro, il 50% al Sud, vittime del fenomento centrale del nostro tempo: "la disguaglianza", in un Paese che vanta 50 miliardi di euro di avanzo commerciale e 3mila miliardi di ricchezza finanziaria privata.

Disoccupati, inattivi, occupati in nero che storicamente avrebbero guardato a sinistra come soggetto politico in grado di rappresentarli e che oggi, invece, subiscono il fascino dei nuovi populismi della destra e del movimento 5 stelle. Il futuro del Paese, e la sopravvivenza stessa del PD, si basa sulla capacita' di dare risposte rapide alla domanda di buon politica che arriva da questi 9 milioni di individui. La "terza societa", secondo la definizione della Fondazione HUME, la cui onda di espansione, nel passato, ha dato origine alle più grandi crisi politiche del Paese: il terrorismo negli anni 70 e "mani pulite" negli anni 90".

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