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Le periferie antieuropeiste di Milano? Riqualificate con i soldi dell'Europa
Case popolari Milano

di Eleonora Aragona per Affaritaliani.it Milano

Via Benedetto Marcello, meno di un chilometro tra il numero 1 e il 107, è una strada in cui convivono le due anime di Milano. Dal 1 al 51 si trovano uffici eleganti, un parco giochi rinnovato e lobbisti, nell’altra metà bivaccano ubriachi, ci sono risse tra prostitute e si spaccia. In uno spazio così ristretto fianco a fianco esiste la Milano riqualificata e quella che si vorrebbe nascondere sotto il tappeto.

Gli episodi di violenza e le risse hanno attirato l’attenzione dei media e i cittadini della zona si sono mobilitati perché vorrebbero che l’intera via si trasformasse nel clone della vicina via Morgagni. La spinta riqualificante sta così lentamente facendosi strada ed ecco piano piano sparire i segni del disagio e dell'insicurezza. Il Comune nel suo Bilancio partecipativo ha proposto ai cittadini di suggerire interventi per riportare in vita zone disagiate della città, come appunto via Benedetto Marcello. I fondi messi a disposizione nel Bilancio 2017 sono stati circa 4,5 milioni di euro. Questi sono solo una piccola parte dei fondi destinati alla riqualificazione urbana milanese.

Via Benedetto Marcello è solo la contraddizione più evidente, ci sono dei quartieri in città che hanno dei reali problemi di degrado. Ad esempio la zona di Ponte Lambro dove, accanto a un polo scientifico di eccellenza - come il Centro cardiologico Monzino - ci sono aree saldamente nelle mani della camorra. O il quartiere Giambellino, quello del Cerutti Gino cantato da Gaber, su cui il Comune ha infatti previsto di investire la parte più corposa (117 milioni di euro) dei 356 milioni programmati di finanziamenti previsti.

Ma chi sta pagando questo nuovo volto della città? Il Comune, l’Europa o, magari, la Regione? Il Piano periferie del governo nazionale al dicembre 2017 ha raggiunto quota 2,1 miliardi di euro stanziati per i progetti di riqualificazione, a cui vanno sommati una serie di altri fondi, privati, regionali ed europei con cui si arriva a circa 3,8 miliardi per tutta l’Italia.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con delibera del 29 maggio 2017, ha disposto di destinare al recupero delle periferie una parte del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Il valore dell’operazione è di circa 800 milioni di euro: 270 milioni di euro nel 2017 e nel 2018 e altri 260 milioni di euro per l'anno 2019.

Dall’analisi dell’elenco dei Comuni beneficiari dei contributi statali si nota subito come tutte le città metropolitane abbiano ricevuto il massimo della somma disponibile, 40 milioni di euro. Milano però rispetto ad altre città della Penisola non vive poi un’emergenza così profonda, almeno questo è quanto emerge dai documenti della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie”. Tra i dati dell’ultimo rapporto stilato dalla Commissione si scopre che il patrimonio edilizio milanese in pessime condizioni è circa il 9,5%, mentre in città come Roma o Genova arriva fino al 20%, per raggiungere circa il 40% a Napoli e Reggio Calabria.

La città partenopea ha presentato un progetto da oltre 27 milioni di euro solo per la demolizione delle Vele di Scampia. Altri 90 milioni dovrebbero arrivare dai fondi del CIPE per il recupero del rione Sanità. Un secondo piano della città metropolitana di Napoli ha ricevuto il massimo dei fondi, 40 milioni per la realizzazione di 19 progetti diversi. Il 100% del finanziamento arriverà in questo caso tramite Fondi per la coesione e lo sviluppo. Anche a Reggio Calabria l’amministrazione ha presentato dei programmi di riqualificazione, per un valore di 101 milioni. Nel caso della città calabrese la copertura della realizzazione prevede di sfruttare 40 milioni di fondi del Governo e di reperire gli altri 61 milioni grazie a finanziamenti pubblici e privati.Gli interventi di cui stiamo parlando vanno dal recupero di zone verdi abbandonate al finanziamento di programmi di integrazione, al recupero di strade e scuole. Nelle maggior parte dei casi però gli interventi più corposi, e quindi anche i fondi maggiori, sono destinati al recupero dell’edilizia popolare dei centri interessati.

Cosa c’entrano le case popolari con la riqualificazione? È presto detto, il recupero dell’edilizia statale permetterebbe di arginare l’illegalità che spesso si genera nel degrado di queste strutture e le situazioni di abusivismo, inoltre questi interventi sul patrimonio immobiliare già esistente aiuterebbero gli enti ad adeguarsi agli obiettivi di consumo suolo zero entro il 2050.

Tornando a Milano, il Comune sta operando numerosi interventi per cercare di azzerare le condizioni di degrado. La giunta Sala pone la riqualificazione come uno degli obiettivi principali del nuovo Piano di Governo del Territorio. Secondo questo progetto entro i 2030 la città dovrà diventare più accessibile grazie ad operazioni accurate di pianificazione urbanistica e di miglioramento della mobilità, come l’inaugurazione della nuova linea M4.

Il nodo in materia di riqualificazione però è quello che riguarda l’edilizia popolare. All’assessore ai Lavori pubblici e casa, Gabriele Rabaiotti, Affaritaliani.it Milano ha chiesto conto dei numeri di questa operazione case popolari. “Il Piano periferie”, secondo l’assessore, “ha messo in campo, tra il 2016 e il 2017, 300 milioni di euro sulla parte delle opere, cioè per gli spazi pubblici e case. Una parte di questi 300 milioni di euro sicuramente andrà ad interessare il recupero dei 3.000 alloggi popolari vuoti e poi sono previsti degli interventi manutentivi che interesseranno circa 1.500 famiglie”. Sì, ma il nodo della questione è chi paga per questi interventi? “Se dovessimo fare una percentuale a livello macro direi che il 70% sono risorse comunali e il 30% derivano per lo più da Fondi europei che transitano per i Piani Operativi Regionali”.

L’assessore regionale ai Lavori Pubblici e alla Casa, Stefano Bolognini, sottolinea come la Regione stia facendo la sua parte collaborando con la giunta – nonostante le divergenze su altri argomenti chiave: “Nel Piano pluriennale per l’edilizia residenziale pubblica e sociale sono previsti 190 milioni di euro da stanziare tra il 2018 e il 2020. Il patrimonio pubblico della Lombardia – sottolinea l’assessore - è di circa 160 mila appartamenti, di cui 2/3 sono di proprietà dell’Aler e 1/3 è dei comuni, in particolare il 54% si trovano nell’area metropolitana di Milano. Con l’iniezione di questi fondi riteniamo di poter recuperare circa 10 mila alloggi”. Anche in questo caso però chi è che fattivamente paga i lavori? “La proporzione dovrebbe essere circa 70% di fondi statali e 30% regionali. E ci sono anche altri 70 milioni di euro che arriveranno tramite bandi europei”.  L’amministrazione leghista quindi, per stessa ammissione dell’assessore non disdegna i contributi dell’Unione europea, anzi va fiera dei risultati ottenuti e di essere la prima in Italia per numero di finanziamenti ricevuti.Come spesso accade è il tasto sicurezza quello che rende evidente la distanza tra le posizioni comunali e regionali.

Parlando di riqualificazione con l’assessore lombardo alla sicurezza Riccardo De Corato la sua opinione è chiara: “Spostare i servizi non serve. I cittadini nei quartieri popolari ci chiedono sicurezza”. La Regione infatti si è attivata per creare un complesso sistema di video sorveglianza in tutte le aree Aler. “Il primo bando, destinato ai comuni della Lombardia, ha stanziato 3 milioni e 600 mila euro, adesso ne abbiamo indetto un secondo progetto da 300 mila euro”. In questo caso si tratta di fondi messi direttamente a disposizione dalla giunta di palazzo Lombardia. Oltre alle telecamere la Regione sta chiedendo a gran voce che siano utilizzati i militari per lo sgombro degli abusivi nelle case popolari e per la vigilanza dei quartieri difficili.La riqualificazione quindi va bene, ma per cambiare realmente le situazioni di degrado serve altro secondo De Corato e la sua giunta. Dalla parte di Sala invece Rabaiotti chiarisce come la rigenerazione urbana possa contribuire in modo decisivo al recupero di zone disagiate. “Si deve agire sui servizi e sulla comunità. Vanno cuciti insieme due mondi che spesso anche le amministrazioni hanno sperato. Vanno riportate a dialogare la parte immateriale e quella materiale”.

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