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Legge su acqua pubblica rischia di naufragare se Lega e M5s non si accordano

Legge su acqua pubblica rischia di naufragare se Lega e M5s non si accordano

di Maria Teresa Santaguida

E’ stata una delle grandi battaglie del Movimento 5 Stelle ancora prima che prendesse la forma di partito per come è oggi: l’acqua pubblica, interamente governata dallo Stato e dai cittadini, è il progetto fermo in negli uffici romani che più rappresenta plasticamente livello di stallo fra gli alleati nell’Esecutivo. Pur essendo un obiettivo contenuto nel contratto, e pur essendo un disegno di legge già presentato nella scorsa legislatura, quello sulla gestione delle risorse idriche è un tema su cui il Movimento 5 Stelle e la Lega sembrano non riuscire ad arrivare ad un sintesi. Affaritaliani.it Milano ha conversato con Federica Daga, la parlamentare M5s che già nel precedente mandato aveva dedicato il suo lavoro all’ottenimento della nuova legge sull’acqua. 

Onorevole Daga, a che punto siamo con l’iter legislativo e a cosa punta il suo progetto di legge?

Si tratta di un progetto di legge che ha in tutto 12 anni, e che io avevo già presentato durante il precedente mandato. A novembre del 2018 sono iniziate le audizioni con tutti i soggetti coinvolti, ovvero i gestori attuali del servizio: più di 50 tra enti privati o a partecipazione pubblica. Il periodo di ascolto è andato avanti fino a metà gennaio. Quindi sono stati depositati gli emendamenti al testo: in tutto 250, consegnati da ciascun gruppo parlamentare. Dopo questo passaggio, tuttavia, le opposizioni hanno voluto chiedere una relazione tecnica ai ministeri che avesse come risultato un’analisi dell’incidenza sulla finanza pubblica della riforma. Questa richiesta è stata inoltrata al presidente della Commissione parlamentare ambiente in particolare da 5 membri della stessa Commissione, appartenenti a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Una richiesta sufficiente a rallentare l’iter di avanzamento della legge: ora siamo in attesa di questa relazione per proseguire. 

Insomma, un modo per ritardare i lavori?

La richiesta è un modo per ritardare la discussione di un testo o addirittura per impedire che arrivi al dibattito parlamentare. 

Ci spieghi meglio come è andata in Commissione…

Da regolamento della Camera, se non ci sono almeno due terzi della Commissione contrari, la richiesta di relazione va avanti. Ma la conseguenza è che il dibattito parlamentare resta fermo in attesa dei dati. In questo caso solo il Movimento 5 Stelle ha votato contro, mentre la Lega ha avallato la richiesta delle opposizioni. Nel frattempo avevamo sollecitato il Governo a  produrre la relazione tecnica entro fine marzo. E’ l’unico ostacolo all’avanzamento del progetto visto che, anche grazie agli emendamenti, vengono superate le criticità che anche le opposizioni avevano sollevato. 

Mi sta dicendo che ci sono emendamenti anche delle opposizioni che potrebbero entrare nel testo, ma che il problema è con l’alleato di Governo, la Lega, che lo sta di fatto boicottando?

Come relatore del provvedimento ho intenzione di accettare anche emendamenti delle opposizioni , perché ognuno ha scritto qualcosa di buono per migliorare il testo. Non dimentichiamoci che nel 2011 c’è stato un referendum in cui hanno votato 27 milioni di persone per avere l’acqua pubblica. Siamo tutti parimenti responsabili di dare una risposta a quella consultazione. Ora siamo in una situazione di fermo a causa di una mancata relazione tecnica. E’ una questione che si risolverebbe in tempo breve se ci fosse la volontà dell’alleato di Governo. 

Perché a suo avviso la Lega osteggia questo provvedimento, che è pure contenuto nel contratto?

Non è sicuramente una cosa buona chiedere una relazione per nascondersi e non discutere del provvedimento. E’ stato persino difficile incardinarlo perché i deputati della Lega hanno fatto muro. Eppure la legge era nel contratto e basterebbe mettersi attorno a un tavolo a parlarne per capire che non è così “disastrosa” come qualcuno la definisce. Noi stiamo cercando di costruire qualcosa di buono per i cittadini, loro invece vorrebbero mantenere lo status quo. Ma così non si va avanti. L’acqua è un diritto umano, universale ed è vita: va trattata per quello che è e non come una risorsa finanziaria. 

La Lega, quindi, a suo avviso, che interesse ha a bloccare questo provvedimento o a favorire l’attuale sistema di gestione integrata?

Al momento li abbiamo sempre invitati a parlare e discutere del testo, ma loro hanno preferito depositare emendamenti senza concordarli con noi. Mi auguro che quando arriverà la relazione tecnica ci si metta al tavolo a discutere e che i colleghi della Lega ascoltino le nostre idee di miglioramento del servizio idrico. Le grandi aziende che lo gestiscono non vogliono mollare la presa perché in Italia, appena qualcuno apre il rubinetto, si fanno utili. Bisogna precisare che tutte le società in-house o di diritto pubblico non distribuiscono utili, ma i guadagni eventuali restano e vengono investiti, invece le multiutility devono garantire la cedola annuale. L’attuale sistema di gestione, tra l’altro, consente l’ingresso di capitali stranieri nelle società italiane. Come sta accadendo ad esempio con i francesi in Sorical (società regionale calabrese) e Acea (Roma); sappiamo anche di fondi internazionali in alcune multiutility quotate in borsa; mentre in Acqua Latina, ente totalmente privato, c’è una banca irlandese. Mi auguro che la Lega concordi sul fatto che non è il caso di farsi “invadere” dagli stranieri anche nello sfruttamento della nostra acqua. 

Cosa vorrebbe dire agli alleati di Governo per sollecitarli a prendere in considerazione un avanzamento?

Vorrei far capire ai componenti della Lega che non è solo una questione di forma di gestione, ma è una questione molto più articolata. Noi crediamo sull’acqua non si debba fare profitto e che si debba uscire da logiche di mercato. Gli utili devono essere essere reinvestiti nel servizio idrico: c’è bisogno di manutenzione agli acquedotti e alle dighe. La perdita media delle nostre strutture di trasporto è del 40 per cento, e raggiunge picchi del 70 in alcune zone, ad esempio Latina dove è totalmente in mano a un privato. La crisi idrica del 2017 non è stata di fatto mai superata e negli ultimi due anni i nostri bacini di raccolta non hanno mai raggiunto di nuovo livelli del 2016. Le reti sono diventate un colabrodo, mentre negli ultimi 10 anni il servizio idrico ha fatto finanza. 

Sono quindi gli stessi gestori a fare pressione per bloccare la legge?

E’ un iter difficile a causa di tutti gli interessi che ci sono dietro: stiamo andiamo a toccare qualcosa di molto grosso. Le responsabilità sono di tutti, ma noi abbiamo detto chiaramente ai gestori che non hanno fatto i lavori necessari sui territori: 25 anni fa si sono presi in carico un servizio ma le cose non sono migliorate. Noi stiamo cercando di fare capire che l’Italia ha bisogno di un miglioramento e che con la privatizzazione non si sono raggiunti i risultati sperati. Quindi ora ci vuole un cambio di passo. Stiamo pagando tutti, anche in termini di infrazioni dall’Ue, per le mancanze dei comuni o dei privati.

Se invece improvvisamente questa situazione di stallo si superasse, fra quanto possiamo attenderci una legge?

Facciamo finta che vada tutto bene e che il Governo vada avanti a lungo senza intoppi, in un mese dall’arrivo della relazione tecnica il testo può essere portato in Aula. Gli emendamenti sono stati già depositati, al limite andranno solo riformulati. 

Riuscirete a trovare una sponda ad esempio nel Pd?

Il Pd ha di fatto costruito un’opposizione strumentale a questo testo. Hanno ridepositato in questa legislatura un testo molto simile a quello che io avevo presentato nella scorsa, ma smembrato. 

Un tema come quello dell’acqua pubblica, tuttavia, è davvero caratterizzante il Movimento 5 Stelle da sempre. Perché non riesce ad entrare a pieno titolo nell’agenda politica, che in questo momento sembra essere dettata da Matteo Salvini?

C’è chi fa le cose e chi è bravo a comunicarle. In questo Governo abbiamo raggiunto dei risultati che erano puramente nostri, come il Reddito di cittadinanza, che ha comportato grandissimo lavoro da parte di Parlamento Ministeri ed Esecutivo. Mi rendo conto che la comunicazione della Lega è più forte e più semplice. Noi invece trattiamo temi molto difficili: anche solo per spiegare che cosa vuol dire ‘acqua pubblica’ ci metto 10-20 parole. 

Ecco proviamo a spiegarlo…

Il provvedimento punta a riformare le cosiddette “Ato”,  ovvero gli Enti di governo dell’ambito territoriale ottimale. In questi enti dovrà tornare - ed è il nostro intento politico - la partecipazione dei cittadini, attraverso i sindaci ma anche attraverso i comitati. E’ un’idea che sta funzionando, ad esempio, in Francia, nella città di Grenoble. In Europa è in corso in molte aree una ripubblicizzazione del servizio  idrico: lo ha fatto ad esempio la stessa capitale francese, Parigi. In Italia, attaulmente, ci sono circa 90 enti. Noi vorremmo invece potenziare i 7 grandi distretti di bacino idrografico e creare una cabina di regia centrale più forte per definire e controllare le esigenze del Paese. Abbiamo bisogno di un assetto completo di tutti gli usi delle acque, da quella potabile, a quella agricola fino a quella industriale. E dobbiamo occuparci anche di depurazione: un tema per cui siamo sotto infrazione dall’Ue e per cui paghiamo tutti milioni di euro all’anno. 

Che cosa si può fare mentre la legge è ferma negli uffici parlamentari?

In questi mesi non siamo stati fermi. Ci sono 100 milioni di fondo pubblico, che sarà aumentato nella prossima Legge di bilancio, per dare una mano a tutti i territori d’Italia. Sono soldi che serviranno a rifare gli acquedotti, le dighe, gli invasi e fare la manutenzione. Anche lo “Sbloccacantieri” ci aiuterà perché prevede commissari per le dighe. Le Regioni hanno collaborato per avere criteri di ripartizione delle quote. E c’è una grande collaborazione anche da parte die ministeri che ci tengono a fare infrastrutture e investimenti. I gestori infine dovrebbero essere ben contenti di utilizzare fondi pubblici per avviare lavori e non aumentare la tariffa ai cittadini.

Quali sono, a suo avviso, i timori delle società attuali di gestione del servizio idrico?

Alcuni hanno mostrato il timore di non esistere più, ma non tanto per la riforma, quanto per le leggi attuali. Si tratta infatti di società appartenenti a comuni piccoli che rischiano di essere “mangiate” da aziende più grandi. Il nostro testo base impone che che tutte le aziende diventino aziende di diritto pubblico. Le aziende sono di fatto stazioni appaltanti, quindi non dovranno fare altro trasformarsi per essere più efficienti. Nessuno chiede loro di chiudere. E io stessa non credo che ci sarà un grosso scossone: i gestori continueranno ad esistere in qualsiasi situazione, e dovranno puntare su altri servizi, soprattutto se sono multiuytility. Tuttavia noi insistiamo nel volere una maggiore governance pubblica. E’ un diritto dei cittadini.

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