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Milano
Mantovani e Garavaglia: oggi la sentenza del processo

Mantovani e Garavaglia: oggi la sentenza del processo

Oltre tre anni di dibattimento hanno trasformato il processo all'ex vicepresidente di Forza Italia della Regione Lombardia Mario Mantovani, nel frattempo scomparso dai radar della politica, in quello a Massimo Garavaglia, indagato quando era assessore lombardo e diventato un anno fa viceministro all'Economia. Un giudizio il cui esito, previsto oggi nel primo pomeriggio dopo un complesso dibattimento, potrebbe avere riverberi sul governo con i 5 Stelle pronti a chiedere le dimissioni in caso di condanna e Matteo Salvini che difende il suo uomo.

La difesa di Mantovani chiede l'assoluzione

"Chiediamo di arrivare all'assoluzione su tutti i capi di imputazione". Si e' conclusa cosi' la controreplica dell'avvocato Roberto Lassini, difensore di Mario Mantovani, nel processo per turbativa d'asta, corruzione e concussione, che vede coinvolto come primo imputato l'ex vicepresidente della giunta lombarda. Il legale ha oggi portato le sue motivazioni davanti alla corte presieduta dal giudice Giulia Turri, controbattendo alle accuse formulate in precedenza dal pm Giovanni Polizzi, che aveva chiesto per il suo assistito una pena di 7 anni e 6 mesi. Secondo la difesa pero' e' stato portato da parte "della pubblica accusa un deserto probatorio" nonostante "gli 8 anni di indagini" e "l'ingente quantita' di risorse pubbliche" utilizzate per arrivare fino alla sentenza di oggi.

La storia processuale

Nel processo a 12 imputati, il pm Giovanni Polizzi ha chiesto di condannare a due anni di carcere l'esponente leghista e a 7 anni e mezzo Mantovani, arrestato il 13 ottobre con le accuse di concussione, corruzione e turbativa d'asta, per molto tempo personaggio cosi' influente in ambito regionale da meritarsi il soprannome di 'faraone di Arconate (paese di cui e' stato a lungo sindaco'). Entrambi, secondo la ricostruzione della pubblica accusa, "diedero le direttive per aggiustare" una gara relativa al servizio di trasporto per i pazienti dializzati. La procedura sotto accusa risale all'inizio del 2014 quando Garavaglia e Mantovani sarebbero intervenuti sull'allora direttore della Asl di Milano 1, Giorgio Scivoletto (anche lui imputato), per "vanificare gli esiti del bando" che tre Asl avevano indetto "in forma aggregata".

L'obiettivo sarebbe stato quello di escludere le 4 associazioni di volontariato che si erano aggiudicate la gara per far ottenere il bando alla Croce Azzurra Ticinia Onlus a loro loro gradita. A sostegno dell'ipotesi accusatoria, il magistrato porta alcuni messaggi e telefonate intercettate nel marzo del 2014. Tra questi, il messaggio con cui Mantovani segnalava a Garavaglia "il problema bando dializzati della Croce Azzurra" e la successiva telefonata in cui il leghista spiegava a Mantovani che la gara, cosi' com'era stata indetta, "mette fuori gioco la Croce Azzurra".

"E siccome nei nostri Comuni fa tutto la Croce Azzurra...", aggiungeva Garavaglia a Mantovani, che gli rispondeva garantendo "di interessarsi subito del problema". "Garavaglia - dice all'Agi il suo avvocato Jacopo Pensa, alla vigilia del verdetto - va assolto perche', parafrasando lo spot 'una telefonata allunga la vita', qui una telefonata innocente e' costata un processo penale. Si sente la sua voce nella prima telefonata in cui chiede a Mantovani se sa qualcosa della storia delle ambulanze e dei trasporti e Mantovani che gli dice 'Non so niente neanche io, di cosa stiamo parlando?'. Poi dice che 'e' venuto uno delle ambulanze e mi ha detto che sono stati esclusi e l'altro risponde 'non so di cosa stiamo parlando'. Punto, non c'e' altro. Sull'esito del processo non sono ottimista perche' non c'e' come difendere un innocente per essere messo in difficolta' davanti a un Tribunale. Quando Mantovani e' stato eletto viceministro, ho detto ai giudici che avevo sudato freddo, aggiungendo pero' che non voglio pensare che il Tribunale sia influenzato dall'alta posizione assunta dal mio cliente".

 

 

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