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"Pane e Vino": l'interpretazione slow food dello chef David Marchiori
David Marchiori

"Pane e Vino": l'interpretazione slow food dello chef David Marchiori

Quattro tipi di pane, quattro storie da raccontare che racchiudono la passione, il rispetto, la responsabilità e l’amore degli artigiani italiani per il sapore buono e autentico del pane. All’interno dello spazio lounge Slow Food Editore a Vinitaly ospite d’eccezione le farine Agugiaro&Figna con le sue farine di alta qualità.

Ad interpretare il tutto Chef David Marchiori, dell’Osteria Plip di Mestre che ha proposto quattro ricette in cui il pane della tradizione culinaria italiana è il protagonista.

Il timballo di pancarrè, profumato e laminabile del panifico Agricolo Zogno di Conselve (in provincia di Padova) con carciofi e morlacco del Grappa (presidio Slow Food).

 timballo di pancarrè  carciofi e morlacco del Grappa
 

La panzarella di panbiscotto friabile e cotto a legna, del panificio Sofia a Grumolo delle Abadesse (provincia di Vicenza) e gallina padovana (presidio Slow Food).

La panzaella di panbiscotto e gallina padovana
 

La frisella croccante di Zellino prodotti da forno (di Bisceglie in Puglia) con pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto (presidio Slow Food) e sarde.

Frisella croccante con pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto e sarde
 

La tigella morbida de La Carsenta di Savignano sul Panaro (in provincia di Modena) con la mortadella (presidio Slow Food).

 

Non ci può essere futuro senza responsabilità e senza inclusione: da questo credo, nasce la partnership tra Agugiaro&Figna Molini e Slow Food Italia, con il coinvolgimento di artigiani e aziende con valori e obiettivi comuni. Continua il percorso iniziato a Terra Madre nel 2018, dell’azienda molitoria italiana, Slow Food Italia e Chef Marchiori assieme ai tanti amici e artigiani.

Lo Chef dell’Osteria Plip a Casa Agugiaro&Figna ha cucinato con quattro rappresentanti del mondo artigianale. A Vinitaly c’erano i prodotti artigianali tipici pugliesi da forno, come le friselle e i taralli, di Roberto Zellino, che dopo aver iniziato 20 anni fa, come dipendente, dal 2011 lavora in proprio e i suoi prodotti sono richiesti anche a Boston (USA) e a Parigi in Francia. Perché è dall’eccellenza che nasce la sapienza. È così anche per il panificio di Roberto Sofia, conosciuto con il diminutivo di “ciopeta” (la ciopa è il pane più diffuso in Veneto), terza generazione di panettieri. La tradizione si è trasmessa da padre in figlio, iniziando con il nonno Valentino, nel lontano 1935, che trasmise la passione a Mireno, papà di Roberto il quale a sua volta insegnò il mestiere ai figli Alex e Giada. È la famiglia il motore del l’azienda anche per Forno Zogno: proprio come una volta il ciclo di produzione è chiuso e controllato da un’unica famiglia. «Controlliamo con meticolosità tutto il percorso che il grano compie: dai nostri campi alla vostra tavola - spiega Chiara Zogno -. Produciamo per i nostri 6 punti vendita ogni giorno con etica e professionalità pane con farina dei nostri campi e abbiamo ideato le “scrocchiami bio” che sono delle sfoglie di pane senza lievito»

Roberto Sofia, dell’omonimo panificio, l’amore per il pane lo conosce bene e se gli chiedi cosa significa essere un artigiano oggi risponde: «Tanti sacrifici, la sveglia alla mattina presto, le domeniche trascorse in laboratorio; ma tutto è ripagato dal sorriso dei clienti, dalle persone che cercano i nostri prodotti». E poi c’è il profumo del pane, quello buono che ti fa ricordare l’infanzia quando ti dicevano «Se hai fame mangia pane». «Serve responsabilità per fare questo lavoro - dice Roberto -, perché prima di tutto bisogna aver rispetto per la materia prima, per la gente. Serve serietà, costanza e amore».

Lo stesso amore che ha portato Stefano Mazzoni de La Carsenta adedicare la sua attività alle tigelle. Aveva un negozio di salumi, ma nel retrobottega produceva lo gnocco fritto di Modena e le tigelle. Piano, piano la richiesta aumentò, fino a quando nel ’95 decise di abbandonare la lavorazione e il commercio d’insaccati per dedicarsi interamente a questa produzione. Adesso ha otto dipendenti e per affrontare le sfide del mercato ha iniziato a lavorare con l’estero e con il GDO. «Evoluzione significa anche offrire prodotti di qualità sottovuoto, evolversi alle nuove sfide del mercato con prodotti biologici ed integrali. Essere artigiani significa sfruttare le nuove tecnologie, non arrendersi ad esse, senza però abbandonare la tradizione». E alla fine è il sapore, quello del pane buono, di qualità e lavorato artigianalmente a rimanere.

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