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Milano
Milano futurista, ieri come oggi: innovazione ed economia circolare
Futurismo

di Ugo Poletti


Il 20 febbraio del 1909 il quotidiano francese Le Figaro pubblicò il Manifesto del Futurismo, in cui il poeta Filippo Tommaso Marinetti espose i principi-base di un movimento artistico di rottura con la tradizione (“Uccidiamo il chiaro di luna!”). Questo movimento, che ebbe a Milano il suo epicentro, riunendo grandi artisti italiani (Boccioni, Carrà, Depero, Russolo, Sant’Elia, Severini), spaziò dalla pittura alla scultura, letteratura (poesia e teatro), musica, architettura, danza, fotografia, cinema e persino gastronomia. Ma perché il Manifesto venne pubblicato a Parigi, anziché a Milano? Forse una ragione stava nel fatto che Marinetti, leader del Futurismo, aveva una relazione amorosa con la figlia del direttore del Figaro. Ma sarebbe una spiegazione parziale.

Il movimento aveva bisogno di un palcoscenico internazionale per il suo lancio e Parigi era allora la capitale mondiale della cultura (passò il titolo a New York dopo la vittoria degli Americani nella Seconda Guerra Mondiale).  Infatti, il Futurismo italiano contagiò rapidamente le avanguardie artistiche francesi, russe, ungheresi, ceco-slovacche, portoghesi, catalane, brasiliane e argentine. Ad onor del vero, il Manifesto venne ripreso anche da alcuni giornali italiani (la Gazzetta dell'Emilia, la Gazzetta di Mantova, L'Arena di Verona). Ma il Corriere della Sera ne pubblicò solo un trafiletto.

Eppure non era un caso che il Futurismo nascesse proprio a Milano. Negli anni a cavallo tra l’ottocento e il novecento la città ambrosiana fu una tra le città del mondo più emblematiche di quell’epoca di grandi scoperte scientifiche e grandi innovazioni tecnologiche. Nel 1883 un gruppo di giovani ingegneri del Politecnico costruì la prima centrale elettrica continentale (pensate, prima di Parigi e Berlino), che illuminò 2880 lampadine a incandescenza del Teatro alla Scala. Enrico Forlanini costruì i primi dirigibili in Italia e sperimentò i primi idroplani (gli antenati dell’aliscafo). L’Esposizione Internazionale del 1906 fu un grande tuffo verso la modernità, presentando le nuove tecnologie dei trasporti e delle costruzioni.

Insomma, era una Milano ottimista e positivista. Questa ansia di modernità e innovazione trovò la sua espressione artistica attraverso i Futuristi. Questo movimento influenzò anche la politica, soffiando sulle braci del nazionalismo e dell’interventismo nella Prima Guerra Mondiale, per poi confluire nel fascismo dopo l’impresa dannunziana di Fiume. Ma questa è storia. E’ interessante vedere come l’arte abbia compreso e rappresentato lo spirito del proprio tempo, l’euforia per novità come: radio, cinema, treni, aerei, automobili, telegrafo senza fili (Guglielmo Marconi), illuminazione artificiale, etc.
Tutto questo succedeva un secolo fa.

Cosa accade oggi a Milano? Nella città del dopo-Expo 2015 si è risvegliata un’ansia di modernità e di cambiamento. La preparazione per l’evento internazionale ha dato una spinta all’amministrazione e ai cittadini per preparare la città all’arrivo di oltre 20 milioni di visitatori. Sembrava una scommessa impossibile. Un sistema di trasporti urbano poco integrato, con vincoli al traffico per contrastare l’inquinamento; taxi cari e rari di notte e nelle ore di punta; tanti alberghi a 5 stelle, ma pochi per la fascia economica; connessioni aeree internazionali insufficienti e divise tra tre diversi aeroporti. E la risposta a questi problemi è stata l’innovazione: esplosione del car sharing, introduzione delle auto elettriche, diffusione del bike sharing, arrivo del servizio UBER, tanti appartamenti milanesi a reddito con AirBNB, coordinamento tra metropolitane e treni del passante ferroviario, etc. Oggi si parla di una nuova capitale mondiale della sharing economy (in Italiano: economia circolare).

Sono innovazioni che hanno cambiato il comportamento dei cittadini e la percezione della propria città. Adesso anche in campagna elettorale si parla di digitalizzazione della pubblica amministrazione, open source (cioè disponibilità sulla rete dei dati pubblici) e accesso semplice sul web ai propri dati anagrafici, fiscali, sanitari, pensionistici e automobilistici. Sembra che Milano abbia ritrovato il gusto dell’innovazione e l’ambizione a giocare un ruolo da protagonista. E l’arte? Quali forme artistiche rappresenteranno questo zeitgeist milanese? Qualcosa si muove.

Innanzitutto, le nuove creazioni architettoniche, che hanno modificato lo skyline della città. Molto apprezzate dai milanesi, dopo qualche iniziale resistenza tradizionalista (è successo così anche per la Tour Eiffel). Secondariamente, Milano si sta attrezzando per essere una città più ospitale per gli artisti, sia famosi che sconosciuti. Per i primi ci sono nuove piattaforme culturali: Fondazione Prada, Hangar Bicocca, Silos Armani, a cui si aggiunge una Triennale rinnovata. Ma anche nuove gallerie indipendenti e spazi aziendali che accolgono proposte artistiche. E per gli artisti di strada senza soldi né gallerie, un Consigliere Comunale (non a caso diplomato al Conservatorio), Filippo Barberis, ha scritto il nuovo regolamento, che consente a chi si vuole suonare o recitare in pubblico di poterlo fare gratuitamente attraverso una semplice prenotazione online con oltre 270 spazi disponibili.

Risultato: Milano è diventata una delle prime città al mondo (insieme a Sidney, San Paolo, Dublino e Praga) per gli artisti in strada, saliti da circa 60 nel 2011 a oltre 1200 nel 2015. Sono delle buone condizioni di partenza per nuovi movimenti artistici. Intanto, possiamo godere di talenti stranieri che vengono ad esibirsi nelle strade milanesi, realizzando la bellissima canzone di Lucio Dalla: “Milano a portata di mano, ti fa una domanda in Tedesco e ti risponde in Siciliano”.

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