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Milano e il riformismo giachettiano. Renzi torna a luglio. Inside

di Maria Teresa Santaguida per Affaritaliani.it Milano

 

Delle elezioni europee e del risultato dell’elettorato democratico a Milano c’è una lettura piana, normale e forse un po’ semplice: reggono le consuete macchine di voto, come quella cattolica che ha portato ad essere eletta una veterana come Patrizia Toia; emerge con forza la sinistra sociale, che porta a Pierfrancesco Majorino oltre 92mila preferenze. Insomma cattolici e sinistra, lo schema classico: La partita tradizionale: quella col risultato che rassicura ma non fa vincere il campionato.

Poi c’è una lettura che va più a fondo e che ricorda che la donna più votata di tutto il nord è Irene Tinagli, che anche a Milano, pur non essendo una politica della città, fa il pieno di preferenze, con una candidatura meno scontata di quella di Majorino, e portata avanti soprattutto attraverso i media e la tv. Questa lettura porta a dire che anche a Milano c’è un mondo liberaldemocratico diposto ancora a votare Pd ad una sola condizione: che questo faccia una scelta di competenza e di riformismo.

Un mondo che sta lavorando sottotraccia ma senza sosta, a quanto può riferire Affariitaliani.it Milano. Il lavorìo - questione di cesello e di pennello - sta avvenendo nel Pd ma soprattutto fuori: nell’area delle libere professioni, delle grandi organizzazioni industriali lombarde, in quello del terzo settore minacciato dai tagli del governo. E si dà appuntamento agli inizi di luglio con un’iniziativa milanese in cui la guest star sarà Matteo Renzi.

Lo stesso mondo però - va detto - sarebbe anche disposto a spostarsi sul centrodestra se questo presentasse persone più vicine alla sensibilità. Classe dirigente di cui al momento Forza Italia è priva per evidente confusione e la Lega e alla disperata ricerca. Quel mondo a Milano c’è, esiste, e si è fatto sentire non solo con Irene Tinagli, ma anche con la candidatura di Caterina Avanza, giovane europea, che dallo staff del presidente francese, Emmanuel Macron, è approdata alla lista dem e ha raccolto da sola 25mila preferenze: non sostenuta dal partito, se non da una piccola area, vicina ai giovani, sempre meno interessati alla politica. In lei i libdem hanno visto quella capacità di fare i conti con la politica inglese o con quella francese, in un contesto europeo, che manca i candidati di lunga tradizione, anche solo per una questione anagrafica. Il mondo liberal e riformista, che fuori dal Pd in buona parte non vota, e che dentro al Pd all’ultimo congresso ha preferito Roberto Giachetti, oggi forse non si sente molto allineato né con la dirigenza locale né con quella nazionale del Pd. E sarebbe disposto a non votarlo più se questo non scegliesse una via più moderata e riformista.
La costruzione di un soggetto al centro con sguardo a sinistra che raccolga questo gruzzolo di consenso è un’idea di là da venire, come ha ammesso di recente in un tweet oggi lo stesso Calenda, ma è un sentimento che comincia a serpeggiare anche nella capitale economica. Una parte di questi elettori si è espressa in una sera piovosa di campagna elettorale. C’era un Teatro dal Verme gremito, e c’erano persone in fila fuori per ascoltare le parole di Carlo Calenda (che pure non era nemmeno candidato in questo collegio) e di Matteo Renzi. Un evento che è finito su alcuni quotidiani - nemmeno tutti - e solo nelle pagine locali, ma che soprattutto è passato sotto silenzio per l’assenza del partito nella sua rappresentanza più alta e ufficiale. L’area liberal però c’è, ed è in attesa delle mosse del partito ma anche di quelle del sindaco Giuseppe Sala. Quelle personali, ovvero la ricandidatura, se è vero che non scioglierà la riserva prima del 2020. E quelle politiche visto che alle iniziative di questa area non si è fatto vedere. Un sindaco che rivendica spesso di non avere la tessera ma che evidentemente, in questo momento, condivide le scelte politiche della dirigenza. In particolare quelle del segretario, Nicola Zingaretti.

L’area liberal intanto lavora, ed esiste. E non considerarla soprattutto nella Milano, fortino del centrosinistra (ma di quale centrosinistra?) sarebbe un errore gravissimo. Soprattutto per il centrosinistra stesso. Matteo Renzi intanto sarà di nuovo a Milano agli iniziai di luglio, mentre da senatore e dietro le quinte innaffia il suo giardino. Per farlo fiorire quando sarà stagione.

 

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