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Olimpiadi Milano, Guaineri: "Nomi ad? Tutti fantasiosi. Avremo risk manager"

Olimpiadi, Guaineri: "I nomi per l’ad? Tutti fantasiosi. Avremo un risk manager"

Sveglia alle 5.45 e un’ora di corsa, o bicicletta, o nuoto. Poi il lavoro: un giorno quello di avvocato, un giorno quello di assessore. Alternando, dividendo le agende. L’obiettivo è riuscire sempre a convincere della sua assoluta dedizione. “Da un lato il cliente, dall’altra il sindaco Beppe Sala: la mia sfida è far capire che nel momento in cui mi dedico a loro sono gli unici nei miei pensieri". Roberta Guaineri è l'assessore titolare della delega allo Sport e del Turismo a Milano e la vittoria per ottenere le Olimpiadi invernali del 2026 è in buona parte merito suo. E’ una donna col piglio dirigenziale e la disciplina di una sportiva: in un’intervista ad Affaritaliani.it Milano racconta il cammino che porterà verso i Giochi, quello della città e anche il suo…  L’INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT MILANO

Assessore, due giorni fa c’è stata la prima importante riunione dopo la proclamazione del 24 giugno. Presenti le Regioni e i Comuni, qualche polemica sull’assenza di Giorgetti, come è andata?

E’ andata bene: abbiamo delineato i prossimi passaggi formali. Da un lato dobbiamo decidere che tipo di struttura giuridica dare al comitato organizzatore. Si tratterà di un soggetto di natura privatistica, perché è alimentato da fondi privati, e bisognerà capire se fare una società per azioni o una fondazione. Abbiamo fatto delle valutazioni su pro e contro in entrambi i casi, e più o meno si equivalgono. Daremo incarico ad uno studio legale di chiarire meglio quali sono le implicazioni giuridiche per fare la scelta più opportuna, valutando le proposte di cinque studi. Alla luce dell’evoluzione normativa, le due scelte sono sostanzialmente equivalenti, anche nell’operatività. 

Immagino si sia parlato anche della figura dirigenziale che sarà all’apice della struttura…

Esatto. Come secondo argomento si è parlato dell’amministratore delegato e della struttura sottostante che verrà da lui organizzata. Abbiamo deciso di impostare una ‘job description’ della figura ideale che si dovrà occupare della realizzazione dei giochi. Sarà un manager, ma bisognerà capire se dovrà competenze nel pubblico, e nell’organizzazione di grandi eventi. Nel giro di qualche giorno stabiliremo questo profilo, anche alla luce dei requisiti suggeriti dal Cio. Quando sarà pronto questo passaggio, ragioneremo sui nomi. 

Ci sarà una nomina diretta o una call con candidature?

Non credo che ci sarà una call. Credo che i soci, quindi gli enti - Regioni e città - arriveranno ad un punto. Ci si è dati un mese per fare delle riflessioni, e poi a settembre, nel corso di un nuovo incontro, si parlerà di nomi che corrispondono alla job description e si deciderà.Deve essere una figura con uno standing internazionale, capace di relazionarsi con tante realtà, soprattutto pubbliche, in grado di gestire non solo strutture ma eventi. Che sia anche disponibile a guadagnare probabilmente meno di quello che guadagna di solito. Indicazioni che per definizione non portano ad un nome oggi: quelli che girano sono totalmente fantasiosi. 

C’è però, presumibilmente, una deadline per la nomina?

Non possiamo prenderci un anno: la prossima riunione del Cio sarà qui in Italia a metà settembre. Sebbene l’organismo internazionale voglia avere tutto pronto entro fine anno, intanto chiederà qualche garanzia e sicuramente si parlerà della figura ipotetica. Entro dicembre, poi, deve essere ultimata la Legge Olimpica, che conterrà le indicazioni per la configurazione dell’ente giuridico, una volta approvata e pubblicata, bisognerà partire con l’organizzazione. A stretto giro però, perché i Giochi Olimpici di Tokyo, ad agosto del 2020, saranno una vetrina per quelli del 2026, e saranno in agosto: a Tokyo bisognerà promuovere la nostra edizione, quindi avere già un nuovo logo e materiale da spendere, con una presentazione delle città e delle Alpi.

Come si sceglierà il nuovo logo?

Deve essere modificato rispetto a quello della candidatura: si farà una call. Spero italiana, come era stato per Expo. Una call italiana, perché mi piacerebbe valorizzare il nostro design e perché saranno i Giochi Olimpici di tutto il Paese. Ma è una mia idea. 

Il giorno della proclamazione di Milano-Cortina 2026 abbiamo visto il sindaco Sala saltare e gioire, lei era più composta. Vuole raccontare la sua personale emozione?

Più composta sì, ma la lettura del nome è stato uno scarico di tensione importante. Eravamo arrivati all’ultimo giorno utile per la presentazione del dossier: il 15 settembre 2018. Andai a Losanna con il vicesindaco di Cortina a portare la candidatura per dire che l’Italia c’era, senza che il Cio avesse mai fatto un sopralluogo nel nostro territorio, perché fino a quel momento non c’erano state le condizioni politiche per andare avanti. Da poche ore - il giorno prima - Torino, infatti, si era sfilata, il Governo aveva detto che senza Torino non se ne sarebbe fatto nulla, mentre Lombardia e Veneto avevano confermato di esserci e di coprire i costi.  Alle 2 del pomeriggio era ormai chiara la situazione, io alle 5 di mattina del giorno dopo presi il treno e arrivai alle 9 a Losanna. Dovemmo fare un dossier nella notte, togliendo la parte di Torino: tutta l’estate avevamo lavorato sulla candidatura a tre, e invece bisognava riscrivere tutto, senza il Piemonte. Dalle 9 di quel 15 settembre è iniziato il lavoro vero. Ma abbiamo fatto in nove mesi un lavoro che avrebbe richiesto più di un anno, dando risposte specifiche a 132 domande. Nei mesi successivi abbiamo preparato le garanzie e i sopralluoghi. Infine nei giorni precedenti al 24 giugno 2019, a Losanna, facevamo gli incontri con il Cio di giorno, mentre di notte, insieme al sindaco e a Zaia, preparavamo gli speech e la presentazione, anche da un punto di vista scenografico. Sono stati tre giorni intensi. C’era molta tensione, il risultato era totalmente incerto: avevamo fatto il lavoro molto seriamente e con grande compattezza, ma non si sa mai se viene premiata la qualità del lavoro o altre dinamiche. Il 24 giugno è stato molto emozionante, con un po’ di paura. 

Ha mai rimpianto in un qualche momento la vita precedente? Quella di avvocato a tempo pieno?

No. 

Le Olimpiadi saranno una vetrina turistica, ma è importante che portino lo sport in città, fra la gente. Anche perché Milano non è un’eccellenza dal punto di vista degli impianti sportivi. Che progetto ha?

La vittoria delle Olimpiadi è molto visibile: i giochi porteranno tanto turismo ma ci costringeranno a parlare tanto di sport. Dal primo giorno in cui ho preso in mano le due deleghe, Turismo e Sport, ho impostato il lavoro di riqualificazione degli impianti sportivi. Milano aveva fatto dei grandi passi avanti dal punto di vista urbanistico, mentre sugli impianti era indietro. Oggi ci sono oggi tanti privati che hanno voglia di investire e noi abbiamo avuto la sensibilità di aiutarli ad arrivare con le loro proposte. Abbiamo ad oggi 13 bandi pubblicati, che nei prossimi anni porteranno a cambiare questa immagine di non eccellenza. Già con il Palalido o con il Vigorelli qualcosa è stato fatto; ci sarà poi l’Agorà del ghiaccio, di cui il bando arriverà a fine estate. Per quanto riguarda il Palasharp, dobbiamo andare in giunta, spero per la fine di agosto. Stiamo lavorando un project sulla piscina olimpionica, poi abbiamo pubblicato una decina di bandi per strutture periferiche, che arrivano a tredici con quello che uscirà venerdì prossimo (oggi, ndr.): si tratta di un centro con campi da calcio da 5 e 11 in viale Ungheria. E infine molto è stato già realizzato come il centro ‘Fatima’ del Gratosoglio, restituito un mese fa alla città. 

Quanto al Palasharp, si era parlato di un progetto di TicketOne, a che punto siamo?

Non sappiamo quali sono i proponenti perché in questo momento il progetto è ancora sul tavolo. Ci sono le commissioni e faranno le loro valutazioni.  

Dai palazzetti passiamo agli stadi. A settembre torneremo dalle vacanze e si riaprirà la discussione su San Siro: i milanesi gli sono affezionati, ma l’impianto ha la sua età. Lei come la pensa?

Credo che si debba valutare che cosa è meglio per la città. Al di là del ‘dove ti porta il cuore’. Tutti noi, io per prima, siamo molto affezionati a San Siro, ma  dobbiamo valutare in modo obiettivo, e poi collegiale, se i progetti presentati dalle squadre abbiano un valore maggiore rispetto a quello che abbiamo. 

Ci vorrà molto tempo?

Non ho visto il progetto, lo sta guardando la direzione generale Urbanistica. Ma credo che sia molto complesso. 

In un’intervista rilasciata ad Affaritaliani.it Milano, il professor Nando Dalla Chiesa aveva avvertito sulla necessità di individuare da subito, parallelamente alla struttura olimpica, un comitato contro le infiltrazioni mafiose. Ci state pensando?

Sì. Credo che seguiremo la normativa anticorruzione e antimafia italiana, che è molto dettagliata. Avremo un ‘risk manager’ che affiancherà l’ad. Nel 2015, per Expo è stata l’Anac a fare questo lavoro e si è trattato del primo grande esempio di evento gestito così. Credo che si debba seguire la stessa linea. E’ un tema su cui il Cio sta facendo delle valutazioni, in particolare sulla corruzione e le frodi sportive. Il risk manager deve essere una persona che abbia competenza nel valutare procedure e passaggi complicati, sul modello degli organismi di vigilanza delle aziende, controllando bene la scelta degli appaltatori e dei subappaltatori. 

Si è parlato molto del fatto che Lei possa abbandonare la sedia assessoriale per ricoprire un incarico al Cio, proprio in vista delle Olimpiadi. E’ un’idea plausibile?

Non ne abbiamo parlato. Siamo alla fase della delineazione dell’amministrazione delegato: ora voglio portare a termine questi progetti. Poi vediamo: facciamo un passo alla volta, osserviamo quali sono le condizioni, se ci saranno e se sarà opportuno. Ma sono valutazioni che verranno fatte a tempo debito, che non è questo. Quello che posso dire è che il Cio prevede due fasi nella realizzazione dei Giochi e il timing si chiama “3+4”. I primi tre anni - la fase in cui siamo immersi adesso - sono ‘soft’, perché sono dedicati all’organizzazione, alla struttura, e a intavolare i contratti. Mentre l’amministratore delegato, una volta individuato, dovrà essere full-time, per il consiglio d’amministrazione non è necessaria la presenza giorno per giorno, anche perché lo dice il Cio per ridurre i costi. La fase degli ultimi quattro anni invece è molto importante. Quindi, diciamo che il 2019, 2020 e 2021 sono meno intensi, il quarto però è importantissimo. Per ora continuo a fare anche l’avvocato, in quel caso - accettando un incarico internazionale - sarebbe più difficile. C’è tempo per pensarci, però.

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