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Milano
Parisi ha vinto: sarà leader nazionale. Resa di conti nel centrodestra

di Paola Bachiddu

Arriva in comitato e viene accolto da un lungo applauso Stefano Parisi, il candidato di centrodestra arrivato all'ultimo miglio della corsa elettorale con l'illusione, dopo i risultati del primo turno, di poterla spuntare nell'impresa impossibile di vincere a Milano.

Dopo aver fatto attendere i giornalisti per più di un'ora – giunto nel comitato, ma poi fuggito per la ressa delle troupe televisive e dei fotografi - Parisi è visibilmente dispiaciuto (forse aveva davvero creduto di potercela fare), ma sorride: “Abbiamo perso per pochi voti (oltre 17mila), ma 500mila milanesi non sono andati a votare: dobbiamo recuperare proprio la fiducia di questo elettorato mancato”. Ma il ringraziamento è per i 250 mila elettori che lo hanno votato, e premiato: da volto sconosciuto a interprete di una rimonta a cui nessuno avrebbe mai creduto, nei mesi scorsi, quando il centrodestra a Milano era solo un bagno di sangue smembrato e in preda alle guerre tra correnti. Ecco perché proprio da questo, da questa capacità di compattare la coalizione Parisi assicura che non finisce qui: “Da Milano è nato un nuovo progetto politico e noi avremo un ruolo in coalizione su chi vuole costruire il futuro di Milano. Staremo accanto ai nostri municipi, che abbiamo in maggioranza rispetto al centro sinistra (5 su 9)".

Ha telefonato al nuovo sindaco di Milano, Beppe Sala, e si è congratulato. Ma a lui rivolge un appello, quello di tenere conto del fatto che metà dei cittadini non lo ha votato, e che chiede ancora di non trascurare sicurezza, degrado delle periferie e desiderio di cambiamento. “Cambieremo la politica in Italia!”, si congeda così, tra gli applausi e gli abbracci di chi come lui ci aveva davvero creduto.

Come Pietro Tatarella, consigliere uscente e recordman di preferenze, dopo la Gelmini, che pensava davvero sarebbe stato possibile. “Qualche mese fa ci sembrava impossibile, ma dopo il primo turno le nostre aspettative si sono alzate: pensavamo di farcela davvero, peccato”.

Più cauta la coordinatrice regionale di Forza Italia MariaStella Gelmini. Alla domanda se Parisi ora si possa comunque considerare come ipotetico interprete della leadershi pdi centrodestra a livello nazionale, risponde che comunque, nonostante la sconfitta, il “modello Milano” ha funzionato e di questo si dovrà in futuro tenere conto.

Molto amareggiato, invece, il capolista della civica di Parisi, Gabriele Albertini. Ai fotografi non fa che ripetere che il più grande errore è stato quello di non curare a sufficienza la lista civica. “Sono deluso e arrabbiato. Eravamo praticamente sconosciuti, nessuno sapeva neppure della mia ricandidatura. Lo avevo fatto presente fin dall'inizio, ci sono stati anche dei conflitti sulla presentazione del logo e questi problemi li abbiamo pagati: la civica di Sala ha preso il 7,5 per cento, noi neppure la metà”.

E la Lega? C'è Davide Boni in sala, fin dalle prime ore. Ma Albertini difende anche la quota della Lega a chi gli chiede se non abbia penalizzato la coalizione: “Assolutamente no. Interpreta dei bisogni reali, come quello della sicurezza e dell'immigrazione, solo che utilizza toni diversi dai nostri. Ma su queste tematiche, per noi era un valido alleato”. Al comitato compaiono anche la deputata Michela Vittoria Brambilla e il fondatore di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa.

Certo è che domani si apre un nuovo capitolo per il centrodestra: il candidato spendibile, quello civico dal volto nuovo, in grado di ricompattare la coalizione nella culla del berlusconismo potrebbe non finire la sua corsa qui a Milano, tra i banchi dell'opposizione. Appena il cavaliere si riprenderà del tutto, partirà un regolamento di conti interno serio. E chissà che a spuntarla non sia proprio l'ultimo arrivato. 

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