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Milano
Parisi: “Io sono e sarò libero. Sala no. Con Passera spero accordo presto”

di Fabio Massa

Serata alla Triennale per Stefano Parisi e Beppe Sala. Arrivano insieme, si salutano appena scesi dal taxi. A vederli così, sembrano due vecchi amici (e probabilmente lo sono). Invece sono i due sfidanti alle primarie. Poi, l’intervista ad Affaritaliani.it: Parisi parla tranquillo, senza accelerare le parole. Non scandisce, semplicemente è rilassato. E racconta come ha detto alle sue “tre donne”, la moglie e le due figlie, che si sarebbe candidato sindaco. Poi, lancia un appello a Corrado Passera. Commenta la candidatura di Beppe Sala non risparmiandogli nulla. LEGGI L’INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT

Stefano Parisi, lei è romano. Da quanto tempo sta a Milano?
Da sempre, praticamente. Dal 1997. Tranne una parentesi dal 2000 al 2004 quando ero in Confindustria, ma ovviamente Milano la frequentavo moltissimo.

Prima domanda scontata: chi gliel’ha fatto fare di candidarsi a Milano con il centrodestra in un momento in cui il centrodestra non sembra in ottima salute…
E’ stata una decisione sofferta, ci ho pensato molto e non era facile perché non era nei miei programmi di vita. Non pensavo di poter o dover fare una cosa del genere. I miei programmi erano altri. Però arriva un momento in cui l’esperienza cumulata, dopo 15 anni nella pubblica amministrazione nei massimi livelli dirigenziali, e altri 15 nel privati a livelli importanti, c’è un momento in cui questa esperienza vada a messa a terra, a disposizione.

E quindi?
E quindi c’è stata una congiuntura favorevole perché per la prima volta il centrodestra, compreso Ncd, ha sostenuto in maniera univoca, e con una insistenza pressante, la mia candidatura.

Come l’hanno corteggiata?
Non in modo improprio (ride, ndr). Hanno solo tanto insistito dicendo che mi avrebbero dato carta bianca per fare quel che bisogna fare per la città di Milano. Io ho delle idee molto chiare per liberare e far ripartire una progettualità per il futuro di Milano, come migliorare la qualità della vita del giorno per giorno. Diciamo sempre che la politica non ci piace, però dobbiamo riportare la gente a votare. E farlo con le idee.

E’ la sua prima esperienza politica?
A parte qualche cosa in gioventù, sì. E’ la mia prima esperienza politica da adulto.

A proposito di politica: non ha paura che Ncd e Lega inizieranno presto o tardi a litigare? E che lei debba fare quello che fa Maroni ogni giorno in Regione, ovvero un’opera di mediazione estenuante?
No, perché la legge per il sindaco è molto diversa. Il sindaco riesce ad avere molto potere. Dipende dal sindaco la tenuta della consiliatura.

Appunto: si diceva che Albertini andasse in consiglio con la lettera di dimissioni in tasca.
Sì. Penso che oggi qui si va a una sfida molto superiore rispetto alla tattica dei partiti, del day by day della politica. Qui dobbiamo ricostruire il buon governo moderato e liberale in Italia.

Beppe Sala è avanti o ve la giocate alla pari?
No, beh, Beppe Sala è molto più noto di me. Ovviamente ha avuto Expo, le primarie… Ha avuto un ruolo pubblico che io non ho avuto, e che sto avendo da sole 48 ore. Ma penso che la visibilità e la notorietà in campagna elettorale si recupererà facilmente. Il tema vero sono i contenuti. 

Parliamo di contenuti: case popolari. Una parte sono in gestione a MM. Ma c’è ancora tutto l’Aler da sistemare…
Prima di tutto il problema delle case popolari si risolve con un coordinamento forte della Regione. Tra me e Maroni c’è un rapporto storico molto forte. Abbiamo lavorato già insieme quando io ero direttore generale di Confindustria quando lui era ministro del Lavoro. Ci conosciamo da tanto tempo e abbiamo una grande sintonia. Questo è molto importante. 

Detto questo…
In secondo luogo c’è da capire che qui ci vuole efficienza manageriale nella gestione degli immobili. E’ incredibile che dopo tanti anni ancora non si sia trovata la chiave per portare decoro in quegli immobili e dall’altra parte anche evitare abusi che spesso ci sono. Quelle aree sono le più difficili per la convivenza civili e a quelle aree non dobbiamo guardare con una logica assistenziale ma con una logica di efficienza perché la qualità della vita in quelle aree deve essere uguale a quelle delle altre zone della città.

Sea-Sacbo, fusione giusta o sbagliata?
Non entriamo troppo del dettaglio. Sicuramente Sea deve trovare un suo ruolo importante nel sistema dei trasporti. Cosa che non ha ancora trovato.

Darebbe il via a un piano di dismissioni di quote del Comune?
E’ presto per parlare di queste cose. Io penso che dalle partecipazioni del Comune si possono trarre risorse importanti per gli investimenti di cui il Comune ha bisogno. Il Comune si deve concentrare sulla sua funzione centrale: erogare buoni servizi, fare strade e infrastrutture, metropolitane. Probabilmente alcune attività che fanno bene i privati è meglio che le facciano i privati.

Mi dà un voto e un giudizio all’operato di Pisapia?
Voti non ne do mai. Il giudizio è che credo che il miracolo di Milano, di cui si parla tanto è merito delle decisioni prese da Gabriele Albertini 15 anni fa. Tutto quello che vediamo di sviluppo immobiliare e di modifica dello skyline non è certo merito di Pisapia. La stessa Expo non è un’idea di Pisapia. E’ stata solo gestita da Pisapia e Sala. Il giudizio che do va guardato sulla qualità della progettazione del futuro di Milano e sul bilancio del Comune di Milano.

E quindi?
La giunta Pisapia ha dovuto alzare le tasse. Molto. E le uniche poche cose che potevano essere fatte per il futuro di Milano, che sono gli scali ferroviari e l’ortomercato sono state bloccate. Ho paura che questa sarà la cifra anche di Beppe Sala. 

Beppe Sala ingessato.
Esatto. Beppe Sala è una persona che stimo. Ci conosciamo da tempo. Abbiamo anche lavorato in condizioni contrapposte anche allora. Lui stava in Telecom Italia e io in Fastweb. In quel caso lui era in posizione dominante e io in veste di attacker. La cosa si ripete oggi… Quello che c’è da dire è che lui in molte cose la pensa come me.

Siete simili.
In molte cose la pensa come me. Ha fatto il city manager di Letizia Moratti. Il problema è che io ho libertà totale di realizzare i miei progetti. Lui invece no. Lui sarà condizionato da un lato dalla sinistra radicale e dall’altro è espressione di Palazzo Chigi. Lui è stato designato da Matteo Renzi…

Beh, lei lo è stato da Berlusconi.
Sicuramente io sono venuto fuori dal centrodestra. Ma io sono convinto che sono molto più libero e lasciato più libero da Berlusconi e dal centrodestra di quanto lui non sarà libero da Renzi. In questi giorni si parte con la vicenda di Arexpo. Il fatto che l’istituto di tecnologia di Genova gestisca questa area e che quella decisione viene presa a Palazzo Chigi credo che sia una cosa che non fa bene all’Italia.

Ad oggi il centrodestra ha due candidati: lei e Passera. Non teme che verranno dispersi voti importanti?
Passera ha fatto un grande lavoro di analisi e di studio su Milano. Anche lui è una persona che conosco bene: siamo amici. Abbiamo lavorato in tante vicende, anche in tempi molto molto lontani. 

Quando?
Nel 1992 io ero a capo del dipartimento economico di Palazzo Chigi e c’era una crisi dell’Olivetti, e c’era un esubero di 1500 lavoratori. E io lo aiutai, lo aiutammo con il governo Amato a risolvere i problemi. Sono convinto che lo sforzo che sta facendo lui specie di analisi ed elaborazione troverà posto e spazio. La sua casa è quella dei moderati e dei liberali. Troveremo un modo per collaborare, prima o poi. Anzi. Prima. Più prima che poi.

Facciamo il gioco degli aggettivi. Un aggettivo per Beppe Sala.
Moderato.

Corrado Passera.
Determinato.

Un aggettivo per Stefano Parisi.
(riflette qualche momento, ndr). Entusiasta.

Ultima cosa: come l’ha detto a sua moglie e alle sue figlie che si sarebbe candidato sindaco a Milano. E quindi, in sintesi: che se avesse vinto avrebbe guadagnato meno, lavorando di più e con più problemi?
Ho detto: mi propongono di fare il sindaco di Milano. Ed è iniziata una riflessione interna abbastanza complicata. Questa decisione non l’avrei presa senza il supporto di mia moglie e delle mie figlie. Sono state fondamentali, perché questo è un cambio di vita.

Meno soldi e più lavoro: una scelta poco manageriale.
E’ una scelta di cuore. Assolutamente è così. Una scelta di cuore che trova un fortissimo sostegno di mia moglie e delle mie figlie, le mie tre donne. 

@FabioAMassa

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