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Milano
Piazza Fontana, l'autore del libro "eretico": "Le bombe erano due"
Valpreda a tavola a San Remo scortato dagli uomini di Avn e dai fascisti del circolo anarchico XXII Marzo

Piazza Fontana, l'autore del libro "eretico": "Le bombe erano due"

“Le «doppie bombe» non esistono. Cucchiarelli si è inventato tutto. Sì, questa litania mi accompagna da dieci anni esatti. Ma fu una azione da commandos, come disse Delfo Zorzi, a lungo indicato come "colui che mise la bomba” rivela ora ad Affaritaliani.it lo scrittore e giornalista Paolo Cucchiarelli. Promette una lunga video intervista a Roma. Ma intanto vuole partecipare idealmente alle commemorazioni per il 12 dicembre, data della strage e dei suoi misteri, E ci parla della sua “teoria della seconda bomba" che gira nelle biblioteche da dieci anni; da quando uscì il suo volume, “Il segreto di piazza Fontana”, un bestselle , tre edizioni in sordina ( Ponte alle grazie edizioni, blasonata stamperia progressista). Sì, proprio due bombe, una innescata con un timer, l’altra con una miccia.

E’ il tema clamoroso e centrale di questo corposo libro, 800 pagine fitte, soprannominato dagli addetti ai lavori la “Bibbia di piazza Fontana”, Da anni "Il segreto di piazza Fontana”, gira nelle redazioni dei giornali tra polemiche infinite devastate dal Politicamente corretto e dall’Ovvio progressista, un libro profetico e scomodo che s’insinua nelle pieghe carsiche degli innumerevoli processi e assoluzioni e depistaggi, undici giudizi nelle aule dei tribunali quattordici imputati, e nessuna certezza. E ogni tanto riemerge e, come in questi giorni, prorompe in mezzo al clamore dell’altro libro eretico, quello del giudice Guido Salvini, “La maledizione di piazza Fontana” , pubblicato a novembre: “Il giudice Salvini ha proprio messo nelle ultime pagine del suo libro la mia ipotesi, e invita a riflettere su questa scomoda verità, le doppie bombe; ma mi sembra che nessuno abbia voglia di farlo” dice Cucchiarelli. Giornalista d’inchiesta, specializzato in “ misteri italiani” Cucchiarelli ha messo il dito nella piaga dei 17 morti della strage .

“Io sono stato persino indagato  dalla Procura di Milano per questo mio libro:  Salvini mi definisce l’unico indagato per piazza Fontana, e questo è un paradosso. Salvini  afferma  che questo libro uscito dieci anni fa,  ha avuto il pregio di riaprire la discussione sulla strage. Ma  questo è un paese che non vuole affrontare i temi ma solo celebrare le date, A dieci anni di distanza  Guido Salvini mette la mia ipotesi a chiusura del mio libro. Dò politicamente fastidio, io vengo dalla sinistra ma sono  stato attaccato proprio dalla sinistra”.

Ci spieghi il motivo...

“Per la vera storia  della bomba. Sa che il mio libro non ha avuto nessuna recensione? Eppure che ha fatto tre ristampe. Lo trova normale? Provi a chiedersi perché”

 Me lo spieghi lei...

“E’ il tabù segreto della sinistra, Anche io ho  un tempo ho sfilato per le strade di Roma, gridando Valpreda libero; e piazza Fontana è  stata la testa del serpente  che comprende l’assassinio di Moro e Ustica e Bologna. Il processo Fontana è un processo impossibile. La momentanea alleanza tattica tra estrema destra e frange dell’ultra sinistra, anarchici compresi” .

Qui c’è gente che non vuole che si sappia la verità. Valpreda  mise la  prima bomba, quella ufficiale così  definita dalla sentenza di Catanzaro, una bomba chiusa in una cassetta porta gioielli infilata in una borsa di cuoio, Il problema è che l’inchiesta Salvini ha portato alla luce esattamente la seconda bomba, cioè quella descritta in decine di verbali dal pentito Carlo Digilio, Durante l’ultimo processo nessuno si accorse del problema; il fatto che i fascisti avevano in viaggio verso Milano una bomba del tutto diversa da quella ufficiale. Quindi io credo che i molti guai avuti da Salvini a Milano per questa sua inchiesta  e dopo tutti i tentativi di sottrargliela  nascessero proprio dal fatto che Salvini  aveva individuato la seconda bomba. Quella che ho descritto dieci anni fa e che ora Salvini  dimostra possa essere  quella che descriveva  il fascista Giovanni Ventura...”

E’ proprio il giudice Guido Salvini che ora, a chiusura del suo libro cita Cucchiarelli e  dà visibilità alla  teoria della “ doppia bomba” proposta dal giornalista già da dieci anni: “Non è necessario comunque condividere tale ipotesi per comprendere una strategia che l’autore dell’inchiesta ha spiegato molto bene, quella della «sovrapposizione»: gli attentati fascisti dovevano «sovrapporsi» a quelli di colore opposto". E a  conclusione del suo libro, l’autore de “La Maledizione di Piazza Fontana “ ripropone  una famosa  pagina di Cucchiarelli. E’ il nocciolo della ipotesi “seconda  bomba”.

C’è un confidente, Casalini  che ricorda un episodio riguardante la strage di piazza Fontana, Il suo racconto lo riporta Cucchiarelli nel suo libro: “Casalini, un pomeriggio dell’agosto 2010, ha raccontato che una sera, era la primavera del 1969, lui e Ventura si erano trovati a casa di Pozzan, uno dei posti fissi di incontro del gruppo. La campagna di attentati era già iniziata, erano passati pochi giorni dalle bombe del 25 aprile a Milano e Ventura aveva iniziato a parlare dei prossimi progetti. Si poteva, aveva detto, fare un attentato in una banca, una grande filiale, come quella della Bnl, ad esempio, dove lavorava il padre di Casalini, con saloni dove i clienti si fermavano per compilare distinte e assegni. Sarebbe bastato, aveva continuato Ventura, sedersi a un tavolo, fingere di compilare uno di quei documenti e intanto fumare una sigaretta. «Basterebbe» aveva continuato «tenere una borsa vicino alle gambe e accendere una miccia collegata a un detonatore facendola sporgere pochissimo dalla borsa, nessuno lo noterebbe prima.»

Ventura aveva mimato la scena a gesti e sì, sembrava sempre più convinto: «Basterebbe sfruttare l’interstizio sotto la fascia di cuoio superiore della borsa che resta anche quando si chiude la serratura a scatto, rimane un piccolo spazio lungo cui far scorrere la miccia, nessuno si accorgerebbe dei pochi centimetri che spuntano». Dinanzi a quel racconto agghiacciante, Casalini, nonostante il padre lavori proprio in banca, tace”

Al che, il giudice Guido Salvini che ha letto il libro di Cucchiarelli: “In piazza Fontana la borsa – o le borse, secondo Cucchiarelli – è stata effettivamente collocata sotto il grande tavolo centrale e con ogni probabilità chi la portava si è comportato come un cliente qualunque, come anticipato nella fantasia di Ventura. All’epoca niente vietava di accendersi una sigaretta in un luogo pubblico. E niente vieta oggi di pensare che quel discorso fosse un abbozzo del piano per il 12 dicembre, di come colpire, nel modo più semplice, una banca. E se quel progetto ha preso forma ed è andato in quella direzione, ciò significherebbe c’era una bomba – forse un’altra bomba – destinata a esplodere grazie a una miccia, proprio come sostenuto nell’inchiesta di Paolo Cucchiarelli. Questo è tutto ciò che è emerso”.

Erano sette bombe previste che dovevano scoppiare tra Milano e Roma- ci dice ora Cucchiarelli - bombe messe da fascisti e da anarchici infiltrati. Mezza mela l’ho scritta io , un giornalista, mezza mela la scrive oggi Salvini nel suo libro, Unite le due parti e avrete la verità.” Inquietante, sfogliando le 800 pagine della “bibbia di Piazza Fontana” la ricostruzione fatta dal libro del giornalista Cucchiarelli sulle infiltrazioni eversive tra gli anarchici: “A Milano in vicolo Margherita c’era, ed era ben conosciuto, un covo di fascisti greci in cui sarebbe stata innescata la bomba data a Valpreda, come raccontato anche dall’esponente del MSI Staiti di Cuddia delle Chiuse. Uno dei tanti testimoni, Russomanno, già vice degli Affari riservati, confermò. Russomanno mi disse: «La scriva la storia delle doppie bombe così la finiamo con questa vicenda; è andata proprio come dice lei». Poi Ugo Paolillo, il primo magistrato che indagò sulla strage, mi accolse un giorno in Procura con un «E lei come ci è arrivato?»

I colpi di scena si susseguono nel libro. Come con la prima perizia di Teonesto Cerri del gennaio 1970 e la sentenza-ordinanza del 1974 dei giudici Alessandrini e Fiasconaro. “Il primo documento indicava che nella banca c’erano due borse coinvolte nella esplosione; la seconda avanzava l’ipotesi che due fossero le bombe coinvolte nella esplosione alla banca ma che questa possibilità non si poteva approfondire perché nell’ufficio reperti di Milano mancava quello decisivo: la fibbia della seconda borsa direttamente coinvolta nella esplosione alla banca. Ossia, l’unico reperto che avrebbe dato la certezza di due borse molto simili e della presenza di due bombe direttamente coinvolte nella operazione. I giudici scrissero che «si verificò l’esplosione non di una ma di due bombe, una di bassa potenza simbolica o quasi, piazzata da Pietro Valpreda, che ignorava che altri (peraltro un suo sosia) avrebbero affiancato alla sua bomba un altro ordigno destinato a determinare la strage”

La famosa perizia, viene spiegata da Cucchiarelli nel suo libro cin particolari inquietanti: “Lo stesso perito Teonesto Cerri. Intervistato dal telegiornale (all’epoca c’era solo il primo canale) dichiarò testualmente: “il tutto era inserito in una borsa. Chi è entrato nella banca con una borsa ha avuto tutto il tempo di dirigersi verso il tavolo ottagonale che è al centro della sala, accendersi una sigaretta e sedersi prendendo un modulo, compilarlo mentre lasciava la borsa sotto una sedia, lì accanto. Se è vero che molti testimoni hanno detto di aver visto e sentito l’odore del fumo, l’attentatore può, se una miccia spuntava da quella borsa, aver avvicinato una sigaretta e sfiorando lo spezzone che sporgeva aver acceso la miccia avendo tutto il tempo di abbandonare il salone. Quello che mi colpisce molto è che l’esplosivo ha dovuto fare due lavori; prima ha dovuto rompere l’involucro metallico perdendo una parte della sua energia e poi colpire il salone sprigionando una forza che finora non avevo mai visto. Una forza che ha scagliato una vittima a 12 metri di distanza dal luogo dell’esplosione. Una forza devastante. Il povero Cerri non può immaginare- scrive Cucchiarelli- che la potenza della distruzione nella banca era dovuta al raddoppio dell’esplosivo, che non poteva essere fisicamente contenuto in una sola cassetta metallica. Altrimenti è inspiegabile. Pochi giorni dopo, per Cerri miccia e testimoni che ne avevano parlato spariranno e saranno inghiottiti dalla versione accettata e accettabile della strage”

Il segreto cui allude il titolo del testo di Cucchiarelli avrebbe però una coda: un presunto patto, rivela lo scrittore, tra Aldo Moro e l’allora capo dello Stato Giuseppe Saragat, stretto il 23.12.1969, al quale gli apparati pubblici e le forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione, si sarebbero uniformate, e che avrebbe impegnato l’esponente democristiano a tenere celata la verità circa gli autori e i mandanti della strage di Piazza Fontana in cambio della dismissione di qualsivoglia tentazione eversiva da parte del Quirinale». 800 pagine di riscontri ,confidenze, indizi, registrazioni , che non possono essere riassunti in un articolo: l’ostracismo però al libro di Cucchiarelli da parte di pensatoi politicamente allineati ala vulgata e ai dogmi di piazza Fontana lasciano più di un’ombra sulle celebrazioni ufficiali della strage...

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