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Milano
Pinocchio/ Inchiesta Consip, la fuga di notizie e il garantismo a fasi alterne
Pinocchio

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C'era una volta un Paese che doveva fare qualche riflessione. La storia è semplice: sull'inchiesta Consip, ovvero quella secondo la quale ci sarebbe di mezzo il papà dell'ex premier, Tiziano Renzi e il suo uomo di fiducia, ovvero Luca Lotti, c'è stata evidentemente una fuga di notizie. Ovvero? Ovvero qualcuno ha passato le carte ai giornalisti. E i giornalisti, giustamente, le hanno pubblicate. Solo che questa volta, a differenza delle altre, si è andato un po' oltre: non sono state pubblicate solo le ordinanze, o al massimo qualche intercettazione. E' stato pubblicato di tutto, addirittura quello che non era rilevante penalmente e addirittura con dettagli che neppure gli avvocati sapevano. Ora, visto che lo scandalo era enorme e che di mezzo c'erano potenti e potentissimi che cosa succede? Che viene aperta una inchiesta sulla fuga di notizie. E chi ci finisce indagato? Il Pm Henry John Woodcock, che essendo fidanzato con la Sciarelli di Chi l'ha visto, avrebbe fatto transitare gli atti nelle mani del cronista, Marco Lillo, che li ha pubblicati sul Fatto Quotidiano. Oggi Lillo dice pubblicamente che la sua fonte non è Woodcock, cercando di scagionarlo. Ma ormai la macchina infernale si è messa in moto, e per l'opinione pubblica Woodcock è già colpevole. Tanto più che figurarsi: hanno somministrato al Fatto e a Woodcock la stessa loro medicina. Quindi, una goduria. Il problema però è tutto qui. Non si può essere garantisti a fasi alterne. Proprio per nulla. Se ieri dicevamo che un Paese che fa uscire notizie coperte dal segreto è un Paese delle banane, non per chi le pubblica, ma per chi le passa ai giornalisti, che poi sono tenuti a fare il loro mestiere (che è di pubblicare il più possibile), beh, questo vale anche quando si tratta di Woodcock e di Lillo, vale anche per loro pure se questo principio non l'hanno mai rispettato e sono il contrario del garantismo.

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