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Milano
Post Renzi, decolla il nome di Bianca Berlinguer alla segreteria del Pd

Di Paola Bacchiddu

“Ci abbiamo provato, abbiamo dato agli italiani una chance di cambiamento, ma non ce l'abbiamo fatta. Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta. Consegnerò le mie dimissioni al presidente della Repubblica: il mio governo finisce qui”.

Termina così, poco oltre la mezzanotte e mezza, la lunga corsa di Matteo Renzi che in questa campagna referendaria si è giocato il mandato per cui fu chiamato da Napolitano mille giorni fa (riformare il Paese), il suo governo e, forse, la sua stessa esistenza politica. L'Italia, quasi compatta, sembra aver espresso, con quella terribile forbice di quasi 20 punti (il sì al 40,9 e il no a quasi il 60 per cento) più un voto contro di lui, che un parere su tecnicismi costituzionali.

Chi lotta per le idee non può perdere”, ha ricordato il premier.

Eppure l'entusiastico storytelling di un'Italia che ce la fa, che ha voglia di cambiare, che si era data una possibilità si è sgrugnato contro una realtà molto diversa, fatta di disoccupazione, esclusione, immigrazione incontrollata, mancanza di ascolto, privilegi per i soliti noti. E la pancia del Paese, così, si è aperta ancora, seguendo una tendenza che sembra consolidarsi in Europa e altrove. Un voto che pare pieno, partecipato – oltre il 70 per cento l'affluenza – e, al di là delle previsioni, perfino omogeneo, per area geografica ed età, quantomeno.

Ma adesso inizia un'altra salita, ancora più ripida: che fare nell'era post- Renzi, si potrebbe dire.

Martedì verrà convocata la direzione nazionale del Partito democratico, come ha annunciato Guerini, per discutere del risultato del voto. Oggi il premier salirà al Colle per rassegnare le sue dimissioni al Presidente della Repubblica Mattarella: spetterà a lui riformare un nuovo governo il cui primo compito sarà quello, innanzitutto, di modificare la legge elettorale e portare a compimento la legge di stabilità e la clausola di salvaguardia già avviate dal governo Renzi.

In Forza Italia già ieri è circolata la voce che Silvio Berlusconi avesse già fissato un incontro al Quirinale per essere, ancora una volta, protagonista (senza candidarsi in prima persona, probabilmente) del nuovo scenario politico che andrà formandosi.

E anche dentro il Partito democratico il regolamento di conti è già partito. Si andrà a congresso probabilmente a febbraio, e con questo risultato disastroso il futuro politico di Renzi pare definitivamente compromesso.

Ma qualcuno, a tal proposito, sembra essersi già organizzato. Nelle lunghe settimane di campagna referendaria, quando l'ipotesi del No diventava sempre più concreta, sono partite già le manovre della minoranza dem, tanto detestata e provocata dal premier.

Com'è in grado di riferire in esclusiva Affaritaliani.it Milano, si sarebbero avviati già da tempo dei colloqui e delle interlocuzioni tra la minoranza Pd non renziana, e alcuni illustri fuorisciti del Pd, alla ricerca di un nuovo leader carismatico che possa rappresentare una quota più a sinistra del partito, in grado di aggregare anche anime che non sono riuscite a coagulare intorno a una formazione unitaria extra Pd. Questa volta si sarebbe individuata una donna, con un cognome illustre, di sinistra, mediaticamente forte, e non invisa alle latitudini vaticane.

Quella Bianca Berlinguer che non poche settimane fa è stata rimossa dalla direzione del tg3 perché considerata troppo poco filogovernativa.

Dalle rilevazioni interne effettuate sarebbe emerso, nei suoi confronti, un alto indice di gradimento, tale da pensare con concretezza a una sua ipotesi reale di candidatura, prima dentro il partito, in un perimetro di primarie, e poi alle politiche, che sembrano ormai sempre più vicine: l'ipotesi è la prossima primavera.

Dai rumors la candidatura della Berlinguer – che si troverebbe a competere alle prossime elezioni, plausibilmente, contro un leader di destra e uno dei 5 stelle – bloccherebbe sul nascere anche quella “Cosa Rossa” che era accorsa in soccorso di Matteo Renzi durante la campagna referendaria, quando l'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia aveva lanciato un salvagente politico al premier, ora travolto dalla sconfitta. Una formazione di sinistra non antigovernativa e non antirenziana, rappresentata anche dall'attuale presidente della Camera Laura Boldrini e dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda.

E' evidente che, alla luce dell'esito del voto e nella prospettiva che la candidatura della Berlinguer acquisisca reale concretezza, la brevissima corsa dell'ex sindaco Pisapia non avrebbe più fiato per raggiungere Roma. 

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