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Tangenti Lombardia, le amicizie di Zingale: Afol, rivelazioni in anteprima
Giuseppe Zingale

Di Maria Teresa Santaguida per Affaritaliani.it Milano

Un patronato privato, l’Epas, che - unico tra i “numerosi enti omologhi” - aveva  postazioni privilegiate all’interno degli uffici di collocamento pubblici di Afol, l’agenzia per il lavoro della città metropolitana di Milano; e che beneficiava “di fatto di un trattamento esclusivo” rispetto ad altri “di cui non è possibile comprendere la giustificazione”. Le parole sono della gip di Milano, Raffaella Mascarino, che ha così respinto la richiesta di revoca della misura cautelare a carico dell’ormai ex dg di Afol, Giuseppe Zingale, dopo l’arresto di metà novembre.

La giudice definisce inoltre “inquietante” la gestione personalistica dell’agenzia da parte dell’indagato e motivando il suo rifiuto evidenzia anche lo strano rapporto tra lui e il patron di Epas, Peppino Falvo .Ed è proprio su questo punto che potrebbe partire da questo un nuovo filone dell’indagine ribattezzata ‘Mensa dei poveri’, che ha portato, da maggio, a decine di arresti e a scoprire il sistema di tangenti che coinvolgeva molti esponenti politici lombardi. Al centro dell’inchiesta originaria il ras dei voti di Forza Italia a Varese, Gioacchino Caianiello, e intorno alla sua figura quelle, fra gli altri, della ex eurodeputata azzurra Lara Comi, ancora ai domiciliari, dell’ex consigliere comunale e candidato alle Europee, Pietro Tatarella, e del consigliere regionale Fabio Altitonante.

Il rapporto tra Zingale e Falvo è però la novità in questa fase dell’indagine, che potrebbe aprire nuovi scorci in un’inchiesta nata per tangenti, e che potrebbe virare verso il voto di scambio. Ad insospettire è proprio la caratura del personaggio, in questione, Peppino Falvo. Titolare del centro di assistenza fiscale Epas, all’inizio 2017 Falvo chiese e ottenne di aprire un suo spazio nel centro per l’impiego di Melzo: un banchetto dove proporre i servizi del suo patronato. Presenza anomala della quale si erano accorti anche gli utenti e gli impiegati, che più volte si erano chiesti e avevano chiesto conto del perché di quella eccezione.

Non ultima la volta in cui, a marzo, i responsabili del centro per l’impiego, pressati dalle sue richieste, lo avevano convocato per spigare la mancanza di spazi: per tutta risposta Falvo aveva usato “il tono deciso di chi ha un rapporto privilegiato con il direttore generale e può quindi pretendere non solo attenzione ma risultati concreti”, scrive ancora la gip nell’atto che Affaritaliani.it Milano ha potuto visionare.Un tono deciso tipico di chi, peraltro, ha a che fare con personaggi di ben altro calibro: Peppino Falvo era infatti l’ex coordinatore lombardo dei Cristiano-popolari, ed era stato già coinvolto nell’operazione Krimisa dei carabinieri e della Dda di Milano che lo scorso luglio ha portato all’arresto di 34 persone per voto di scambio.

Un personaggio che gli stessi pm antimafia avevano definito ’intermediario della locale di ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo e Legnano per la politica locale’. Secondo chi indagava infatti era lui a gestire il voto di scambio nell’area tra Milano e Varese e ad avere rapporti diretti con la famiglia De Novara, originaria di Cirò Marina e a capo della locale del Varesotto. L’inchiesta aveva portato alla luce le mani della ‘ndrangheta, in particolare del clan Farao-Marincola, non solo sui parcheggi intorno all’aeroporto di Malpensa, ma anche all’interno dei comuni lombardi: l’allora sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta in un’intercettazione aveva ammesso candidamente di aver ricevuto un pacchetto di 300 voti dai clan.La sua presenza nei Cpi lombardi in vitrù del rapporto con Zingale, dunque, non depone affatto a favore della figura dell’ex dg di Afol, almeno secondo quanto scrivono i magistrati.

Tanto più che, quando un ispettore, insospettito dall’atteggiamento prevaricatore di Falvo, aveva chiesto conto al dg e aveva formalmente fatto una richiesta di accesso agli atti, la risposta di Zingale - da quanto emerge nelle carte - era stato il “diniego” di fornire documenti che dessero una spiegazione ragionevole del perché il patronato Epas avesse quelle posizioni privilegiate all’interno degli uffici gestiti da Afol.

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