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Milano
Referendum, il piano di Renzi. Torna la squadra di Jim Messina

di Paola Bacchiddu 

Nessun risparmio né di risorse, né di mezzi, per l'architettura dell'imponente macchina referendaria dei comitati per il sì. Il premier Matteo Renzi è stato molto chiaro coi suoi: “Questa è la partita della vita: il referendum non si può perdere”. 

 A Roma, già dal giugno scorso, è partita la frenetica struttura della campagna per il SI'.

Parlamentari e militanti sparpagliati sul territorio e decine di giornalisti assunti per lavorare alla macchina referendaria. Ma Matteo Renzi ha arruolato anche dei big, come Simona Ercolani – la geniale autrice di programmi Rai di successo come “Sfide” - che, con la sua casa di produzione “Stand by me”, sta preparando tutto il materiale video relativo alla campagna. La Ercolani, chiamata dal premier già lo scorso anno per curare la regia della sesta edizione della Leopolda “Terra degli uomini”, starebbe preparando anche un grosso evento a Roma, sul referendum, per la fine di settembre, che coinvolga tutti i comitati per il Sì già costituiti.

E forse a lei sarà affidata anche la settima edizione della Leopolda, prevista per i primi di novembre, a ridosso della data del referendum, che alcuni rumors indicano nella giornata del 4 dicembre prossimo: un anno, questo, decisivo per la kermesse del premier. Tra le prime indiscrezioni relative agli ospiti, appaiono nomi come Stefano Ceccanti e Francesco Clementi, i costituzionalisti cui spetterà il compito di illustrare i pregi della riforma. 

Intanto la struttura della campagna per il sì è già delineata e attinge, in parte, alla strategia messa in piedi dal pd per le amministrative di Milano, che ha reso possibile la vittoria di Beppe Sala, lo scorso giugno. Il team è lo stesso: quel Jim Messina, consulente di Obama, che dopo un primo scivolone ha deciso di consigliare al premier di tenere ben separate le sorti del proprio futuro politico e quelle dell'esito referendario. Basta personalismi: occorre distinguere i due binari.

Lo schema è rigoroso: un'architettura distribuita in tre fasi.

Nella prima occorre creare un'infrastruttura umana, grazie al database degli iscritti ai comitati: in questo la piattaforma online “Basta un sì” è di grande aiuto. L'obiettivo è di far partire una reale partecipazione dal basso, che motivi l'elettorato al momento del voto. Dai poco più di 3mila comitati finora costituiti ci si è prefissi la soglia critica degli 8mila (il sogno di Renzi sarebbe raggiungere la quota di 10mila). 

Ogni comitato dovrà essere composto da un minimo di 5 a un massimo di 50 volontari. Ogni circolo del pd, presente sul territorio, dovrà costituirne almeno uno. Se il segretario del circolo non fosse d'accordo (data la minoranza interna al partito che si schiera per il NO), sarà un semplice tesserato a poterne fondarne uno.

Fuori dalla rete delle vecchie sezioni, si pensa di coinvolgere, in primo luogo, le università. 

La rete di volontari dovrà occuparsi di distribuire e poi raccogliere i questionari con le ragioni del SI'' – così come si fece nella campagna elettorale per Milano, suddivisa in quartieri – in un'opera capillare di informazione, e risposta, sul territorio. Il materiale, come grafica e contenuti, dev'essere molto semplice e immediato.

In una seconda fase è prevista la tecnica del “porta a porta”, inaugurata durante la seconda campagna di Obama, dietro suggerimento dello spin doctor Messina. Le principali azioni da mettere in campo sono la “call to action” - organizzare piccoli eventi ed incontri, a cura dei comitati, per spiegare le ragioni del SI' - e il “door to door”: raggiungere ciascun elettore, direttamente a casa, per distribuire materiale informativo e sciogliere i nodi di un argomento così tecnico. 

Nell'ultima fase, quella decisiva, subentra la vera e propria “caccia al voto”: acciuffare quanti più elettori possibili, grazie alla creazione di un contatto il più personale possibile, fatto di volantinaggio serrato, telefonate e dialogo ritagliato sull'elettore. 

La sfida è cercare di rendere il più semplice possibile una materia così tecnica, proprio per evitare il rischio che più teme il premier: che il referendum si trasformi solo in uno strumento per esprimere il dissenso verso il proprio governo. D'Alema docet..  

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