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Milano
Regionali Lombardia, Fontana: vorrei si votasse domani. Ma può cambiare tutto

di Fabio Massa

E’ uno di quei varesini tranquilli, Attilio Fontana, candidato presidente del centrodestra per la Regione Lombardia. Voce mai alta, marcato accento lumbard, un sorriso che si apre spesso e volentieri su un volto altrimenti serio, ben rasato per esplicito desiderio della figlia (“Me lo ha chiesto lei: dice che sto meglio”). Il candidato risponde alle domande di Affaritaliani.it Milano, e si racconta. Nel profondo, anche sul piano personale. Non lesina giudizi. Fa una lunga panoramica sulle partecipate della Regione Lombardia.

"Partiamo dalle cose importanti, le va?"
Certo. Ho tre figli. La più grande ha 37 anni e fa l'avvocato con me. E' lei che sta facendo andare avanti lo studio adesso. Siamo sette avvocati e io sono rappresentato da lei. Gli altri due figli che ho sono più piccoli. Uno fa la maturità quest'anno e l'altro frequenta la prima del Liceo Classico, ovvero il terzo anno delle superiori (nella vecchia denominazione i primi due anni del classico sono la quarta e la quinta ginnasio, ndr).

E' vero che nel suo studio si facevano le fotocopie agli albori della Lega Nord?
E' una leggenda metropolitana. Ma è vero invece che c'ero fin dagli albori del movimento perché io sono stato il primo difensore della Lega, prima ancora che nascesse la Lega.

In che senso?
Nel senso che c'era una associazione culturale che si chiamava SCEDNO. Società cooperativa editoriale del Nord Ovest. Era una associazione culturale che editava un giornalino. Io ero amico di Maroni per cui quando avevano delle grane con i padroni di casa magari si rivolgevano a me. Tanto è vero che Bossi mi fece la prima proposta di candidatura nel 1987 quando lui venne eletto al Senato.

E' cattolico?
Per metà. Perché per l'altra metà sono laico...

Insomma, un laico di formazione cattolica. Torniamo alla Lega. Avrebbe tenuto il Nord nel nome?
Da un punto di vista emotivo sì, assolutamente. Razionalmente mi rendo conto che se uno decide di fare un movimento nazionale non si può tenere una denominazione di quel genere. O si fa una scelta come in Germania di un partito localista oppure se si vuole percorrere una strada nazionale non si può più tenere il Nord nel nome.

Il Nord è però nel nome di "Grande Nord", vostro antagonista a destra (come LeU lo è per il Pd) e che ha la sua base proprio a Varese, dove lei è di casa. Chi sono, compagni che sbagliano?
Sbagliano, sì. Sono compagni che non hanno capito che il mondo è leggermente cambiato. E che sull'autonomia stiamo facendo molto di più di quello che è stato fatto in passato. Questo è il momento di avere una strategia diversa rispetto alla loro. Anche se l'obiettivo è lo stesso. E' chiaro che bisogna essere un po' flessibili, non ci si può solo attaccare a un nome. Vero è che Bossi, che se mi consente è il tutore del credo leghista, è con noi e non con loro. Sono loro che sono fuori dalla retta via, non noi.

E' rimasto sorpreso dal fatto che Maroni non è stato ricandidato?
Sì, molto sorpreso. E mi è dispiaciuto perché sinceramente credo che abbia fatto un ottimo lavoro. Visto che lui ha portato avanti questo percorso sull'autonomia era giusto che ne raccogliesse i frutti. Ma ha scelto diversamente.

Chi l'ha chiamata per dirle che era candidato?
Mi ha chiamato Salvini ma non mi ha detto niente, visto che ero in viaggio. Mi ha detto: "Ti devo parlare". E io: "Dimmi dai". E lui: "Ora non te lo dico, parliamo quando torni tanto non c'è fretta". Quando sono tornato dal mio viaggio mi ha detto tutto. Silvio Berlusconi l'ho visto dopo, quando sono andati ad Arcore per dire che il candidato per la Regione era Fontana e non Maroni.

Maroni ha quasi finito. Dove potrebbe fare bene?
Dipende da lui. Secondo me può fare bene tutto quello che decide di fare. Se adesso ha deciso di fare l'avvocato, gli cedo la mia scrivania nello studio (ride, ndr).

Parliamo di una battaglia comune tra Beppe Sala e Maroni: Ema. Amsterdam l'ha scippata a Milano. Ma ad Affari siamo convinti che si debba elaborare il lutto e andare avanti. Per lei?
Per me bisogna andare avanti con tutte le azioni legali perché in Europa ci hanno preso troppo per il naso. E allora a questo punto facciamo vedere che magari piccoli, ma due coglioncini ce li abbiamo anche noi. E facciamo capire che non è che possiamo accettare tutto quello che decidono questi burocrati del cazzo.

Passiamo all'azione di governo regionale, se sarà eletto. Siamo convinti che più che l'Ente per governare davvero la Regione bisogna governare tutto quello che ruota intorno all'ente. Iniziamo dai trasporti. L'incidente di Pioltello ha messo in luce una cosa: c'è un problema di governance e di rapporto tra Stato e Regione.
Chiariamo la questione: esistono due società. Una società è RFI che è proprietaria esclusiva della rete ed è dello Stato e non ha niente a che spartire con Regione Lombardia. E' una società che gestisce la manutenzione ordinaria e straordinaria del ferro. Poi esiste una società, Trenord, che è al 50 per cento di FNM (Regione Lombardia) e al 50 per cento dello Stato con le Ferrovie.

Quindi?
Quindi le governance sono sbagliate tutte e due, e bisognerà rivederle. Perché da un lato sulla proprietà delle reti mi va benissimo che sia dello Stato. Ma io a questo punto pretendo che lo Stato mi dica che piano di intervento ha nei prossimi 10 anni. Quando, quanto, e in quanto tempo. E allora mi può andare bene questo tipo di governance.

E su Trenord?
Sull'altra governance anche là dobbiamo chiarirci: perché se siamo soci al 50 per cento, e la Regione investe un miliardo e 600 milioni in nuovi treni, allora anche lo Stato ci mette un miliardo e 600 milioni. Non che noi mettiamo un miliardo e seicento, e lo Stato niente. E' chiaro che lo Stato deve dire che tipo di collaborazione mi vuole dare in futuro per questa società. E, mi si consenta un passo indietro, lo stesso vale per RFI e le reti: o investi e allora ok, o se non investi caro Stato, mi dici che non sei in grado di farlo. E allora mi dai le reti e ci penso io.

Altro settore importante è quello delle case popolari. Aler è di proprietà di Regione. Ci sono varie proposte su questo e molte polemiche. Però una cosa si può dire: bisognerebbe avere per le case popolari una provvista certa da parte di Regione anno dopo anno. E poi bisognerebbe superare una volta per tutte la concezione formigoniana di autosostentamento delle case popolari, come se non fossero un elemento di welfare.
Iniziamo con il precisare che la Regione tutti gli anni ci mette un centinaio di milioni in Aler Milano. Tanto che tra poco partirà la gara di ristrutturazione per circa 2600 appartamenti. Si potrà discutere se si deve aumentare questo fondo e se bastano questi 100 milioni. Ma non è vero che la Regione si disinteressa. Anzi. Sulla quota fissa ci ragioniamo. Ma quello che bisogna cercare di capire è che la gestione delle case Aler non può funzionare fin quando c'è questa diffusa illegalità. Che è una illegalità che si riferisce alle occupazioni e che si riferisce alle morosità irresponsabili, di gente che può pagare e non paga. Vi faccio un esempio.

Prego.
Quando noi siamo andati alle case bianche e abbiamo annunciato che questa estate inizierà un piano di ristrutturazione gli abitanti dicevano: ma non fatele, non spendete soldi, perché con la situazione che abbiamo qui oggi voi ristrutturate e nello spazio di sei mesi noi siamo conciati peggio di prima. Capito?

Che cosa pensa degli attuali vertici di Aler Milano?
Stanno facendo un ottimo lavoro. Tanto che le cose che da sinistra contestano loro, sono già risolte. La ristrutturazione di oltre 2600 appartamenti toglie molto fiato alle contestazioni. E poi mi faccia dire: sull'illegalità la sinistra non può parlare a cuor leggero: la responsabilità è un tema statale e il Comune potrebbe chiedere di fare gli sgomberi.

Passiamo al sistema fieristico. C'è la Fondazione Fiera e Fiera Milano Spa. Lei le conosce benissimo. Ci saranno cambiamenti strutturali da fare?
Secondo me a livello societario no. Da un punto di vista strutturale la ripartizione tra Fondazione che è proprietaria del patrimonio immobiliare e la Spa che gestisce è giusta.

E sul Portello, l'assetto dalla Spa in Borsa, le strategie... le questioni aperte sono tante.
La Fondazione ha una sua assoluta autonomia. Quindi è la Fondazione che può e deve prendere ogni decisione. Certo ha una grande responsabilità.

Passiamo alla sanità. Anche a sinistra dicono che la riforma è giusta a livello ideale, ma si pensa che l'applicazione sia pessima.
Non entro nella polemica. Ma non si può dare un giudizio perché non è ancora stata applicata, la riforma. L'applicazione inizia ora. Quindi io non posso dire che sicuramente andrà bene, però non posso neanche dire che sicuramente andrà male. Vediamo.

Ci sono criticità nel sistema che lei già conosce e che dovrebbero essere corrette?
Secondo me bisogna aspettare che entri in funzione. Solo allora si potrà vedere quali sono le eventuali criticità. Ciò non toglie che la condizione di fondo è che per funzionare ci deve essere la disponibilità a collaborare da parte di tutti.

Come hanno operato gli assessori della giunta Maroni?
Tenuto conto che la giunta ha operato bene penso che tutti gli assessori abbiano operato bene.

Ogni giorno è guerra di sondaggi. Lei è un po' avanti. Il divario si amplierà ora della fine, oppure si aspetta un risultato incerto?
Io sarei contento se la cosa si stabilizzasse così e si potesse votare domattina. Siamo in un periodo talmente complesso dal punto di vista politico e soprattutto emotivo dell'opinione pubblica che basta un nulla perché il più 6 diventi meno 16, o il più 6 diventi più 26. Se non succede niente, c'è una stabilizzazione del voto. E a me va bene.

Facciamo il gioco degli aggettivi e dei nomi. Salvini.
Trascinante.

Maroni.
Grande gestore della cosa pubblica: governatore, ministro... Il migliore che abbiamo avuto.

Berlusconi.
Accattivante.

Fontana.
Nulla.

No, un aggettivo bisogna darlo. Soprattutto a se stessi.
Va bene allora. Ho un unico merito: quello di essere estremamente determinato.

Gori.
Ricco.

Rosati.
Non lo conosco.

Violi.
Cantante, perché continua ad alzare la voce. Anzi, urlatore.

Arrighini.
Combattente e reduce.

Le piacciono i candidati che ha nelle sue liste?
Sì. Per esempio una cosa che nessuno ha sottolineato, perché se lo fa la sinistra lo vedono come un gesto di apertura, se lo fa la destra non se ne parla, è che noi abbiamo anche persone con handicap fisici di cui siamo molto orgogliosi perché stanno facendo una bellissima campagna elettorale.

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