Milano
Roberto Fanari. Il cielo ritrovato al Museo Francesco Messina

Per tutta l’estate, compreso il giorno di Ferragosto, la mostra e il Museo saranno aperti dalle ore 10 alle ore 18, tranne il lunedì
Roberto Fanari. Il cielo ritrovato al Museo Francesco Messina
Lo scorso 16 luglio presso lo Studio Museo Francesco Messina di Milano è stata inaugurata l’installazione dell’artista Roberto Fanari, Il Cielo ritrovato (tecnica mista su tela, 2019), composta da 4 pannelli (6x6 metri cadauno), due dei quali collocati a 12 metri di altezza, appena sotto la volta del soffitto e due ai lati dell’abside. La proposta site specific di Fanari, è lineare e al tempo stesso ambiziosa. L’artista infatti è intervenuto all’interno dell’Ex Chiesa con uno sguardo analitico, volto a mettere in evidenza gli elementi architettonici, assecondando o forzando l’andamento delle forme e ricomponendo una nuova immagine finale. Il «capriccio» di Fanari - come lo definisce la curatrice Raffaella Resch in catalogo - è una monumentale messinscena teatrale dove la sua arte si pone in relazione con la natura rappresentata e con l’architettura su cui va ad interagire.
Per tutta l’estate, compreso il giorno di Ferragosto, la mostra e il Museo saranno aperti dalle ore 10 alle ore 18 (tranne il lunedì) e contribuiranno ad arricchire la vivace offerta culturale del Comune di Milano.
Dall’11 settembre (inaugurazione ore 18) fino al 27 ottobre prenderà il via la seconda parte del progetto espositivo. L’artista collocherà al piano terra e nella cripta opere bi e tridimensionali che daranno vita a rimandi diretti con la pittura del soffitto, per affinità o contrasto. Nella navata saranno esposti i dittici Puro colore/colore puro e il trittico Simulacro, oltre a un grande disegno a carboncino su tavole di legno preparate a gesso (5 tavole ognuna di 1x1,70 m) dal titolo La forma del mio cielo, realizzati per la mostra milanese. Il percorso si concluderà nella cappella sottostante con diversi lavori recenti.
Il Cielo ritrovato è il punto d’arrivo di un percorso iniziato da Fanari da alcuni anni, che lo ha portato a studiare e realizzare cicli con media differenti per altri siti museali/espositivi a Genova, Rotterdam e a Ponte de Sor (Portogallo). Queste occasioni performative hanno funzionato da prodromi per l’installazione dello Studio Museo Francesco Messina, la più impegnativa e complessa finora mai realizzata.
La riflessione sul cielo e sulle nuvole è un tema su cui Fanari indaga a partire dalle pitture di Constable, giungendo a un esito, a Milano più che altrove nella sua opera, di potenziamento della visione, evocando la parte onirica e fantastica del nostro immaginario.
L’artista non si ferma alla dimensione della tela, ma utilizza anche la profondità dimensionale della scultura, con opere in ceramica e in bronzo, proposte a partire dal 12 settembre. Sotto al cielo prenderà vita un nuovo paesaggio, definendo così l’interno della chiesa come un ambiente immersivo. Il visitatore è chiamato a partecipare quale polo attivo della fruizione, ed è stimolato a guardare, capire, immaginare, ricordare, in un luogo dove, non dimentichiamolo, un ruolo importante giocano le suggestioni derivate dal rapporto col sacro come momento fondante della creazione artistica.
La natura è sempre al centro della ricerca di Fanari ed è descritta con un dettaglio di estrema precisione, restituendo tuttavia una visione complessiva d’invenzione. Ne saranno esempio nella cripta i famosi Paesaggi invisibili (tecnica mista su tela) realizzati a partire dal 2012: grandi tele monocrome a tecnica mista eseguite con un dispositivo pittorico particolare che costringe l’osservatore a muoversi da un punto all’altro del quadro per trovare la corretta incidenza della luce, quella sola che rivelerà l’oggetto dipinto.
La caratterizzazione botanica precisa, l’esaltazione delle forme, che Fanari declina anche in altri media (come la ceramica invetriata del Tronco rosa del 2016 e il bronzo del Foglio in bronzo dalla serie Nella mia foresta del 2012 presenti in mostra), porta paradossalmente a una sublimazione dei significati, che vediamo trasformarsi sotto ai nostri occhi. Foreste, foglie, tronchi, cieli e nuvole: in Fanari questi elementi figurativi vengono ribaltati nel loro messaggio semantico, non rientrano più nel mondo vegetale, bensì si rivelano come schemi anatomici per nuovi organismi, forse antropomorfi, comunque ibridi, di fronte ai quali la nostra immaginazione è spronata a figurarsi diversi rapporti percettivi.
Il catalogo della mostra, pubblicato da Forma Edizioni, sarà presentato a ottobre e conterrà le immagini di tutte le opere esposte e installation views, con testi critici di Maria Fratelli, Raffaella Resch e Alessandro Romanini, e un intervento di Michelangelo Consani.
Dopo aver presentato alcune sue più recenti creazioni presso l’Arboretum di Rotterdam e poi a Genova, Roberto Fanari ritorna a esporre a Milano, nella città dove vive e lavora e che nel 2015 aveva visto una sua personale presso la Fabbrica del Vapore. Sue mostre personali si sono tenute a Villa Bottino, Lucca (2013); Palazzo Panichi, Pietrasanta (2013 - 14); Deleen Art Gallery, Rotterdam (2014 – 15 e poi 2016, 2017); Biffi Arte, Piacenza (2015); Fabbrica del Vapore, Milano (2015); Villa Erba, Cernobbio (2015); Rotterdam Contemporary Art (2016); Trompemburg Tuinen & Arboretum, Rotterdam (2016); Galleria d’Arte Moderna e Raccolte Frugone - Musei di Nervi (2017); Fondazione Ragghianti, Lucca (2017); Ponte de Sor-Alentejo, Portogallo (2018). Hanno scritto di lui: Pietro Bellasi; Bruno Corà; Maria Flora Giubilei; Raffaella Resch; Alessandro Romanini; Maurizio Vanni; Roger van Boxtel.