Sesto, il Pd e l’incubo di perdere. Penati: “Per me un ruolo nazionale”
Sesto San Giovanni, tira una brutta aria per la sinistra. Proprio nella storica roccaforte operaia
di Fabio Massa
E’ la Stalingrado d’Italia, Sesto San Giovanni. Il luogo dove il Partito Democratico e prima i Ds e prima il Pci, non hanno mai perso, e - nell’immaginario collettivo - non perderanno mai. Eppure, a Sesto l’aria che tira negli ultimi mesi è davvero pessima. Intorno a Monica Chittò, il sindaco che sta concludendo il primo mandato, si sta creando un clima di tensione. Normali operazioni pre-elettorali? Sì e no. Perché la decisione di ricandidare la Chittò è arrivata nella scorsa primavera, primo comune a Milano a decidere che avrebbe corso ancora l’uscente. Oggi qualcuno lo mormora a mezza bocca: “troppo presto”. Poi, a complicare lo scenario, una presenza ingombrante, pesantissima. Quella di Filippo Penati, fuori da tutti i guai giudiziari e pieno di voglia di rivalsa. Tanto che per un po’ ha accarezzato anche l’idea di candidarsi lui, in prima persona, se si fossero tenute le primarie. Così non è stato, e oggi si continua a vociferare che potrebbe candidarsi con una lista alternativa a quella del sindaco uscente, drenando così voti in misura bastante a farla perdere. Perdere Stalingrado. Ovvero le parole dell’incubo, per il Pd. Perché Sesto San Giovanni è talmente simbolica da essere icastica nella storia della sinistra italiana. E perché passa dal recupero di una città, tutto in salita, con una città della Salute che è diventata la città dello shopping grazie ai capitali sauditi. Operai, dalle parti di Sesto, ce ne sono pochini. E i vecchi rituali della politica hanno a tal punto perso il loro potere che - appunto - qualcuno ipotizza si possa perdere, per mano dell’ex sindaco Filippo Penati. Lui però si tira fuori. Lo fa con decisione. Ad Affaritaliani.it spiega: “Io non farò nulla a Sesto. Non sto facendo niente e non farò nulla. Perdere Sesto San Giovanni la reputo una vera e propria sciagura, della quale non mi renderei mai complice”. Parole nette. Eppure il rilancio dell’ex presidente della Provincia pareva potesse partire proprio da casa sua, e in Regione c’è chi dice che incontra gente, che è pronto a fare i comitati del No che sarebbero l’embrione di una azione politica a livello amministrativo. “E’ vero che probabilmente voterò no, ma io rimango un riformista. E comunque se farò qualcosa per il referendum, non sarà su base sestese. Mi hanno chiamato dal livello nazionale…” D’Alema? “No, non D’Alema. Io sono un riformista e sono di sinistra. Non cambio idea”. Altro, Penati, non dice. Monica Chittò può tirare un sospiro di sollievo. In attesa delle urne.
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