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Shaboo invade Milano. Tutti i dettagli dell'operazione "Nuova China". Video

Di Mirco Maggi

Milano - Migliaia e migliaia di intercettazioni telefoniche, comunicazioni carpite grazie alle più sofisticate attrezzature di investigazione e quasi due anni di pedinamenti hanno permesso ai Carabinieri del Nucleo Provinciale di Milano di concludere una vasta operazione nell’ambito dell’attività di contrasto alla produzione, l’importazione e lo spaccio di sostanze stupefacenti e ci contrasto delle bande giovanili cinesi, mentre erano in competizione fra loro per il controllo delle attività criminali nel quartiere “Sarpi” di Milano.

E’ di pochi giorni fa la notizia che dato l’esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano nei confronti di 36 stranieri, tra cui 19 cinesi, 13 filippini, 3 rumeni e 1 vietnamita, ritenuti responsabili dell’importazione sul territorio nazionale, nonché della detenzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti di tipo sintetico: la famigerata droga asiatica denominata Shaboo, i cui effetti per chi l’assume sono devastanti. Ma come è iniziata e come è stata condotta l’indagine investigativa denominata la “Nuova China”?

 



LA PRIMA FASE DELL’INDAGINE “NUOVA CHINA”

Tutto è cominciato nella primavera del 2014, a seguito di alcune denuncie presentate da un gruppo di giovani cinesi che hanno riferito di essere vittime di richieste estorsive da parte di una gang dei “fratelli WU”. Nelle denuncie riferivano si essere oggetto di estorsioni di denaro proveniente delle vincite alle slot- machines dei bar frequentati dai denuncianti, ma le indagini dei Carabinieri hanno fatto emergere come in realtà, le richieste di denaro fossero dovute invece alla spartizione dei proventi dell’attività di spaccio della droga Shaboo . L’approfondimento delle investigazioni ha fatto emergere due elementi significativi che hanno dato la stura all’indagine vera e propria. Il primo elemento è che esistesse davvero un gruppo di persone ben organizzate e ben strutturate dedite ad attività illecite, gruppo che sino a quel momento non era alle forze dell’ordine; il secondo elemento è stato la scoperta che anche i denuncianti fossero in realtà, a loro volta, un gruppo ben organizzato in attività criminose, rivale e antagonista al gruppo “concorrente”, e che pertanto gli stessi avessero deciso di denunciare i rivali al fine di farli arrestare per avere campo libero nella gestione di tutti i traffici illecite del quartiere China Town a Milano. E così sono inizaite le intercettazioni e la vera e propria attività di indagine nei confronti dei due gruppi ed è subito emerso un quadro chiaro della reale situazione, e cioè che le varie fonti di sostentamento di entrambe le bande fossero la prostituzione all’interno di centri massaggio e nelle case d’appuntamento; lo spaccio di stupefacenti; l’usura ; la gestione di bische clandestine e le estorsioni vere e proprie. Queste avvenivano attraverso la consegna delle così dette “Buste rosse”, una peculiarità della cultura nella malavita cinese. Si tratta di somme di denaro richieste, a titolo di risarcimento morale e materiale, da un soggetto che ritiene di avere subito un torto dalla controparte. L’entità della somma è variabile, in funzione delle potenzialità economiche dell’antagonista e della gravità del torto, reale o presunto, subito.

Questa prima fase investigativa si è conclusa con una serie di arresti e di operazioni mirate che hanno di fatto disarticolato e dissolto l’esistenza delle due bande che si contendevano il territorio combattendo tra loro con estrema violenza fino all’esecuzione di spedizioni punitive armati di coltelli, machete, mannaie o bastoni, e che si infliggevano, a vicenda, gravissime lesioni. Durante uno dei tanti agguati ad un giovane è stato fratturato il cranio a forza di bastonate . Ma la violenza e la pericolosità delle due bande giovanili non si limitava ai pestaggi e alle aggressioni all’arma bianca, perchè nella notte del 28 febbraio 2015, in via Paolo Sarpi, due ragazzi cinesi sono rimasti vittime di un agguato a colpi di pistola, che ha comportato la morte di uno dei due e il grave ferimento del secondo, rimasto in coma per alcuni giorni.

LA SECONDA FASE DELL’INDAGINE “NUOVA CHINA”

E’ stata proprio la prima fase dell’indagine a mettere i carabinieri sulla pista dell’organizzazione vera e propria della fabbricazione, dell’ importazione e dello spaccio della famigerata Shaboo in tutta Italia. Nell’ambito delle indagini relative alle attività illecite riconducibili ai due gruppi criminali, si era registrata un’improvvisa e forte richiesta della forma più pura di metanfetamina, la “metanfetamina cloridrato”, che si presenta sottoforma di cristalli, e che è conosciuta in Italia con i nomi di Ice o Shaboo o Crystal Meth, e che si è diffusa in tutte le comunità cinesi e filippine del nostro paese. Le indagini si sono sviluppate tramite operazioni tecniche di intercettazione e paralleli servizi di pedinamenti, che hanno consentito di verificare l’esistenza di diversi canali di approvvigionamento dall’estero dello Shaboo e di individuare la rete per il successivo smercio al dettaglio sia a Milano che in altre città italiane. I carabinieri sono riusciti a ricostruire una fitta ed intricatissima rete di contatti, tra soggetti appartenenti a comunità cinesi di diverse città italiane ed europee, attraverso cui era garantito l’approvvigionamento dello Shaboo acquistato dai produttori cinesi o vietnamiti in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Olanda e poi trasportato in Italia da corrieri di nazionalità vietnamita e cinese e successivamente ricevuto dai “grossisti” di origini cinesi. La droga arrivava nel nostro paese in molto modi ma il più frequente era quello di occultarla nei doppi fondi delle auto utilizzate per i viaggi, o attraverso corrieri che utilizzavano gli aerei e che occultavano la droga in scatole di biscotti, estintori o altri contenitori opportunamente modificati. Una volta raggiunto il nostro territorio la droga veniva rivenduta nelle varie comunità asiatiche di città del centro-nord Italia (Milano, Padova, Pescara, Reggio Emilia e Prato) da pusher cinesi o filippini. Le modalità dei pagamenti avvenivano tutti tramite agenzie di Money Transfer. E’ stato accertato che i corrieri, una volta giunti in Italia attraverso il Passo del Tarvisio, facevano tappa a Padova, dove trovavano appoggio logistico presso cittadini cinesi anche loro coinvolti nel traffico di stupefacenti. Per ricostruire esattamente le rotte di approvvigionamento della Shaboo e per identificare i fornitori sono stati attivati i canali della collaborazione internazionale, attraverso servizi di cooperazione del Ministero dell’Interno DCSA (Direzione Centrale Servizi Antidroga) e Interpol. E’ stato così possibile, con indagini condotte congiuntamente alla Polizia polacca , nella Chinatown polacca di Wólka Kosowska, un sobborgo di Varsavia, individuare e smantellare un’organizzazione criminale dotata di un laboratorio per la produzione di Shaboo.

GLI ARRESTI

Questa massiccia ed imponente indagine che si è estesa da Milano nelle Province di Monza e Brianza, Como, Cremona, Rovigo, Pavia, Prato, Cagliari, Parma, Treviso e, all’estero, in Austria, Polonia, Romania e Spagna, condotta dai militari del Comando Provinciale di Milano, in collaborazione con gli altri Comandi Provinciali e supportati da tutti gli organi di polizia stranieri, ha richiesto migliaia e migliaia di intercettazioni telefoniche, mesi e mesi di appostamenti e interminabili trascrizioni di quanto “captato” attraverso le numerose apparecchiature “ambientali”, e alla fine ha portato alla firma dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla dottoressa Anna Magelli, G.I.P. del Tribunale di Milano, nei confronti di: Zi-Iang Peng, detto Xiaowan, nato in Cina nel 1993, residente a Barcellona, di fatto domiciliato in Polonia; Shi Xiadi, detto Adi, nato a Fujian (Cina) nel 1988, domiciliato a Milano; Gag Quanluan detto Tulu, o Alu, o Gabri, nato in Cina nel 1987, domiciliato a Milano, attualmente detenuto per altra causa presso la casa circondariale di Imperia; Pan Hong, detto Laopan (o Laopag), nato in Cina nel 1982, domiciliato a Padova; Zhu Suxiao, detto Laoshu, nato in Cina nel 1981, residente a Ponzano Veneto; Zheng Anan, nato in Cina il nel 1988, domiciliato in Polonia; Chen Yongyi, detto Aguo o Nankan, nato in Cina nel 1983, attualmente detenuto per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano; Jing Tianwu, detto Awu, nato a Sichuan (Cina) nel 1987, residente a Varsavia; Zhang Chunlei, detta Xiaoya o Francesca, nata a Zhejiang (Cina) nel 1986, residente a Barge (cn), detenuta per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano; Le Thanh Hai, detto Ahai, nato a Thanh Hoa (Vietnam) nel 1970; Lin Faqiang, detto Aqiang, o Hupao, nato nel Fujian (Cina) nel 1977, domiciliato a Prato; Zhu Huafeng, detto BaiMao o Lanmao, nato in Cina nel 1989, detenuto per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano; Lug Xiaofei, detto Feige, nato a Qingtian (Cina) nel 1975, residente in Austria; Ji Paopao, nato in Cina nel 1986, attualmente detenuto presso la casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino; Wang Yangjing, detta Kexing, nata in Cina nel 1986; residente a Reggio Emilia; Jiantao, nato in Cina nel 1977, residente a Budapest, sottoposto, per altra causa, all’obbligo di presentazione quotidiana alla p.g. ed obbligo di dimora nel comune di Milano; Mendoza Morris Albert, detto Morris, nato nelle Filippine nel 1983, domiciliato a Milano, detenuto per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano; Xiao Wei, nato nel Fujian (Cina) nel 1990, residente a Budapest, attualmente detenuto per altra causa presso la casa circondariale di Prato; Nguyen Quae Binh, detto Laoyue, nato a Hai Phong (Vietnam) nel 1952; Ene Mihaela, nata a Braila (Romania) nel 1990, domiciliata a Milano; Enache Eugen, nato a Pascani (Romania) nel 1983, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari in Milano per altra causa; Ayroso Yvonne, nata nelle Filippine nel 1981, residente a Milano; Mendoza Myrna, nata nelle Filippine nel 1960 residente a Milano; Mendoza Kristal, detta Cristina, nata nelle Filippine nel 1989, residente a Milano; Ungureanu Elena Greta, nata a Falticeni (Romania) nel 1992, domiciliata a Milano; Salditos Valentino, nato a Tarlac (Filippine) nel 1974, domiciliato a Milano; Bondoc Warren, nato nelle Filippine nel 1979 residente a Milano; Mitra Ron, nato nelle Filippine nel 1978, domiciliato a Monza; Mitra Emma, nata ad Alaminos Laguna (Filippine) nel 1983, domiciliata a Milano; Papasin Melmar, nato a Mexico Parnpamga (Filippine) nel 1974, domiciliato a Milano, detenuto per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano; Manalo Cherry Joy, detta Gioia, nata nelle Filippine nel 1990, residente a Milano; Landig Maria Salome, detta Marysol, nata nelle Filippine nel 1979, residente a Milano; Guerriero Rodelito, detto Rodel, nato nelle Filippine nel 1977, residente a Milano; Pizarra Peter John Roque, nato nelle Filippine nel 1985, residente a Parma; Chen Wenyi, nato a Zhejiang (Cina)nel 1991, domiciliato a Milano; Chen Minrong, nato in Cina nel 1975, residente a Santa Cruz de Tenerife; Wang Bin, detto Changren, nato a Zhejiang (Cina) nel 1989, detenuto per altra causa presso il carcere di “San Vittore” a Milano, e De Leon Christopher, nato a Manila (Filippine) nel 1977, domiciliato in Milano. Sono ritenuti responsabili, a vario titolo, d’importazione dall’estero, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti di tipo sintetico. Tali provvedimenti, che questa volta colpiscono in maniera organica l’intera organizzazione, raggiungendo cittadini delle comunità asiatiche di diverse città europee, seguono una serie di operazioni condotte nel corso delle indagini per riscontrare le potenzialità criminali della rete di trafficanti e che hanno consentito di sottoporre a sequestro, complessivamente, oltre 3,3 kg di droga Shaboo, per un valore di vendita al dettaglio di circa 1,3 milioni di euro (40 euro a dose, e ogni dose è di circa 0.1 grammi). Sono stati sequestrati anche 840 grammi di Marijuana, 275 grammi di Mdma e 4800 euro in contanti. Durante le indagini sono stati tratti in arresto in flagranza di reato ben 29 persone tra corrieri, pusher o addetti alla custodia della droga. In totale, quindi, tra i provvedimenti di cattura e gli arresti in flagranza, sono 76 le persone finite in carcere.

LA CONCLUSIONE DELL’INDAGINE

Grazie a questa seconda fase dell’indagine i Carabinieri hanno smantellato il principale canale di approvvigionamento di Shaboo (metanfetamina cloridrato) perché gli arresti non hanno risparmiato nessun anello della catena: gli importatori, i corrieri, i distributori e gli spacciatori sono tutti finiti in manette perché durante le indagini sono stati individuati tutti i ruoli e gli addetti che li ricoprivano: i produttori, incaricati della materiale produzione della droga erano quattro, tutti di nazionalità vietnamita, e sono stati arrestati in Polonia quando è stata smantellata il laboratorio; gli esportatori, cioè i fornitori residenti all’estero e responsabili della spedizione della droga dalla Polonia all’Italia, attraverso Repubblica Ceca e Ungheria, e sono tre, tutti di nazionalità cinese; i corrieri, cioè chi si faceva carico del trasporto dello stupefacente: quattro persone fra cui tre cinesi e un vietnamita; i grossisti, cioè gli acquirenti delle partite di droga giunte in Italia, in tutto sei persone di nazionalità cinese; gli spacciatori, cioè chi si occupava della distribuzione “spicciola” della droga sulle piazze di spaccio delle comunità asiatiche delle città italiane, e sono sei cinesi, tredici filippini e tre rumeni destinatari. Questa la motivazione del G.I.P. a firmare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere: “ nei confronti di tutti gli indagati sopra elencati si ravvisa un concreto ed attuale pericolo di reiterazione criminosa, che si desume invero dalle condizioni di vita individuale dei medesimi, i quali sono soggetti tutti dediti allo spaccio continuativo di sostanze stupefacenti, che viene elevato a stile di vita, dal quale trarre le fonti del proprio sostentamento. Il che vale anche per quegli indagati che si sono dimostrati disponibili a smerciare sul mercato la metamfetamina, anche in sostituzione di connazionali tratti in arresto in relazione ai medesimi reati. Le modalità di organizzazione della descritta diversificata attività di spaccio, che prevedeva l’utilizzo di diversi canali di approvvigionamento della sostanza stupefacente, la possibilità di contare su supporti logistici presso le città che rappresentavano le prime tappe in Italia dei corrieri, l’utilizzo di luoghi pubblici per organizzare e perfezionare le cessioni nonché la consegna di campioni di partite di metamfetamina, denotano come si tratti di attività che lungi dall’essere isolate, costituiscono l’espressione di un modus operandi consolidato nel tempo e frutto di stabili rapporti tra i soggetti coinvolti“.

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