Musica
Antonio Faraò si fa bello entro i "confini" del jazz post-bop

di Raffaello Carabini
Il biglietto da visita è di quelli che contano e che si ricordano. Un lavoro del pianista Antonio Faraò, tra i suoi più riusciti. Titolo "Boundaries", in quartetto. Si chiama Verve Italy, la neofiliazione della prestigiosa etichetta di casa Universal dedicata al jazz. La Verve venne fondata nel 1956 da Norman Granz, l'impresario che portò alla Carnegie Hall di New York e poi nel mondo la musica afroamericana con il marchio Jazz At The Philharmonic, e annovera centinaia di album con un palmares di star assolute.
"Boundaries", con il bravo sassofonista Mauro Negri (non di rado pregiato solista), il contrabbassista macedone Martin Gjakonovski (con Faraò da oltre 15 anni) e il batterista Mauro Beggio, una scoperta di Enrico Rava, inizia un nuovo progetto, destinato nelle intenzioni a durare nel tempo. Mirko Gratton, responsabile di Verve Italy, è molto chiaro: "vogliamo lavorare sul jazz come si fa per solito sul pop, cioè non per album spot realizzati magari chiamando il nome americano di turno a fare una comparsata eccellente bensì con formazioni che si propongano un percorso di crescita da sviluppare insieme e che possano offrire in concerto agli appassionati le loro ricerche". Tra i prossimi nomi previsti Mattia Cigalini, Fabrizio Bosso, Gaetano Partipilo, Fabio Morgera, e poi forse Stefano Di Battista e Stefano Bollani.
Il 13esimo lavoro da leader di Faraò va annoverato tra i suoi più riusciti. Noto tanto in Italia quanto all'estero, ha collaborato con artisti di ogni caratura, fino a essere apprezzato da Herbie Hancock, di cui ama appassionatamente i territori sonori, come "non solo un ottimo pianista: è un grande". Dopo aver frequentato Lovano, DeJohnette, Grossman, Miller, Shorter, Berg, Konitz, Abercrombie (ma anche Mina) e via dicendo e aver superato la soglia delle 50 primavere, il pianista romano disegna i suoi nuovi "confini", come recita il titolo del cd, espressivi.
I riferimenti sono chiari. Il post-bop in salsa tyneriana (ovvero secondo la lezione di McCoy Tyner, il pianista del sommo John Coltrane) si incontra in maniera aperta e "straight" con la fusion soft dell'Hancock migliore, con le introspezioni a basso contenuto di free jazz del John Taylor più lieve e con le volate panoramiche di un aereo Martial Solal.
Più arguto che elegante, più sorridente che stiloso, Faraò punta più al discorso che alla trovata, incontra il funk, si diverte con strutture alla Miles Davis, riprende lo "standard" hancockiano "Maiden Voyage" e l'insinuante "Hand Jive" del batterista Tony Williams, dedica un brano ai figlioletti e chiude con la sospesa "Around Phrygian", i cui pochi colori tesi aprono il futuro del quartetto a nuovi orizzonti.
Il tutto con una copertina improponibile, in cui si mostra a metà tra il Biagio Antonacci "homo eroticus" e i modelli dell'intimo targato D&G: "potrei dire che volevo mettermi a nudo, che volevo dare un senso di lebrtà senza confini o anche che volevo proporre il contrario delle copertine dell'era Papetti con le femminucce semivestite, ma in realtà non so bene perché la copertina sia venuta così".
E continua a parlare con affaritaliani del suo album: "Rispetto al precedente lavoro con musicisti importanti come Joe Lovano e Jack DeJohnette, che suonano in modo aperto con assolo che quasi non si possono neppure scrivere sul pentagramma, ho voluto mettere in cantiere un progetto autentico, con idee melodiche dei brani più complesse, meno easy. Anche per questo ho deciso, dopo vent'anni, di tornare ad avere un gruppo tutto italiano (il bassista è di casa nel nostro Paese) e di investire in prospettiva su questa collaborazione. Ho voluto una formazione che avesse lo spirito espressivo del quintetto di Miles degli anni 60 e cercasse sempre una visione laterale dei brani senza lasciarsi troppo condizionare dalla loro struttura, con mente sgombra e un approccio quasi infantile, innocente all'ispirazione istantanea."
Il quartetto sarà a Umbria Jazz il 13 luglio e poi proporrà "Boundaries" in vari eventi, mentre il leader proseguirà anche le escursioni europee con due altri due quartetti, uno insieme a Bireli Lagrène, Eddie Gomez e Lennie White e l'altro a Eddie Gomez, Jack Dejohnette e Chris Potter.