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(AdnKronos) - Al vino italiano la qualità non manca, e neanche il fascino delle sue storie, spesso centenarie. Difetta, invece, "di un business strutturato e di masse critiche importanti". E, per Boscaini, è ora di darsi da fare. "E' stata una sorpresa constatare l'interesse degli investitori stranieri per un'azienda trasparente, che fa piani di sviluppo e vuole raggiungere nuovi traguardi: la nostra presenza all'estero - spiega - è sempre stata forte (l'export di Masi pesa per l'84% del fatturato, ndr) più o meno in tutti i continenti. Ma la quotazione ci ha dato un credito diverso per cui la catena distributiva, tra importatori, distributori e retailer, ci ha visto non solo come produttori di qualità ma anche come player in un'economia avanzata". In futuro, servirebbe anche presentarsi uniti. "Prendiamo - dice - un mercato come la Cina. Non possiamo andare sparsi e con piccoli numeri: abbiamo bisogno di essere coesi e di far vedere che ci sono marchi forti e budget adeguati a sostenerli. Per questo, l'incontro tra finanza e vino è necessario e abbastanza urgente, altrimenti perdiamo terreno rispetto a competitor europei ed extraeuropei. La Francia - sottolinea - si è presentata come Paese del vino quando ancora la Cina non era uscita dal suo isolamento, noi siamo all'Abc. Ci sarebbe bisogno di un'operazione istituzionale a livello di Governo molto forte per spiegare che in Italia non c'è solo il fashion. Purtroppo il vino all'estero è soprattutto francese". I piani di Masi non escludono qualche nuova possibile acquisizione per crescere. "Continuiamo - dice Boscaini - a guardarci intorno nell’area delle Venezie, anche se al momento non ci sono target concreti. L’obiettivo che ci poniamo è in primo luogo una crescita organica, che sia compatibile con un mercato maturo come quello dei vini fermi, ma anche una crescita per linee esterne che aggreghi in maniera 'amichevole' altri brand del territorio seguendo l’esempio dell'acquisizione di Canevel".





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