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Palermo, 12 giu. (AdnKronos) - "Vito non è più non è più riutilizzabile questa è la verità, anche dopo questa seconda cosa non, non è che si può pensare che si fa ancora delle cose con Vito... basta...". E' il maggio del 2018 e a parlare sono Paolo e Francesco Arata, finiti oggi in manette insieme al re dell'eolico Vito Nicastri e al figlio Manlio, ragionano dopo i nuovi guai giudiziari di quello che per la Procura di Palermo è il loro "socio occulto". L'elettricista alcamese diventato rapidamente il re dell'eolico era stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa e trasferimento fraudolento dei beni. E all'indomani di quella nuova tegola giudiziaria Arata senior e junior dubitavano della possibile 'riutilizzazione' dell'imprenditore alcamese. "Abbiamo sbagliato tutto, abbiamo sbagliato tutto, tutto abbiamo sbagliato e Giacomino (un funzionario dell'assessorato regionale all'Energia, ndr) viene più, non si fa più vivo, cioè me lo ha detto con chiarezza, Nicastri è uno che dà tangenti in giro... eh... quindi... vai a spiegargli che non è così... è così!... ormai è bruciato", ammettono. Per il gip Guglielmo Nicastro, che ha accolto le richieste dei pm della Procura di Palermo, erano pienamente consapevoli di "offrire schermature" a Nicastri, più volte raggiunto da provvedimenti giudiziari. "Assai emblematica - scrive il gip - è l'espressione pronunciata 'anche dopo questa seconda cosa' da Arata, rivelatrice della piena consapevolezza che Nicastri, oltre ad una prima vicenda che lo aveva coinvolto (con ciò riferendosi ai sequestri subito in passato) era stato raggiunto da un ordine di carcerazione, circostanza questa che svelava il timore di poter essere, a loro volta, implicati in procedimenti penali, proprio in ragione del ruolo di prestanome che loro stessi stavano svolgendo per conto di Nicastri. Tuttavia, sebbene sin a quel momento Nicastri aveva subito procedimenti di prevenzione, gli Arata si erano prestati a fare affari con lui consci delle sue grandi competenze nel settore e capacità di infiltrarsi nei gangli della pubblica amministrazione più corrotti", conclude il gip.





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